The Handmaid’s Tale3×07 Under His Eye

Una trama che non riparte, una protagonista sempre meno apprezzabile. Pugni nello stomaco e qualità visiva prima o poi non bastano più e The Handmaid's Tale si sta avvicinando pericolosamente a quel momento.

7.0

Ci sono due nature ormai piuttosto ben definite in The Handmaid’s Tale, una delle quali continua a funzionare bene e l’altra, invece, rischia di trascinare la serie in una direzione da cui potrebbe fare molta fatica a riprendersi.

Già in precedenza, durante questa stagione, avevamo evidenziato alcuni difetti che stavano risaltando, auspicandone la correzione nello svolgimento della trama, ma al momento i nostri timori si stanno rivelando sempre più fondati.

La trama che sicuramente al momento riesce a dare più soddisfazione è quella legata al Canada. La nuova situazione diplomatica sta mostrando come non sia tutto oro ciò che luccica e mentre Gilead sembrava fino a poco tempo fa isolata nel mondo, ora vediamo che quello stesso mondo ha in fondo timore della sua forza militare e, pur disprezzandone i valori, non è poi così disposto a mettere in gioco la propria sicurezza.

Chi scrive è piuttosto diviso da tale svolta nella descrizione politica: se da un punto di visto oggettivo sembra sensata, è pur vero che il Canada ha accolto profughi fin dall’inizio e sembra quanto meno sproporzionata l’importanza della vicenda di Nichole davanti a quanto già avvenuto. Che il tutto sia uno scusa per mettere di nuovo – almeno in parte – in pericolo alcuni personaggi è evidente, così come lo è la spinta ad approfondirne i traumi grazie all’ottimo lavoro di Alexis Bledel, ma il confine tra sviluppo naturale e trama forzata rischia di essere facilmente superato.

Un attraversamento che invece è stato fatto a passi lunghi nelle storyline di June e, in minor misura, dei Waterford.

Partendo da questi ultimi, la loro permanenza a Washington sta permettendo di approfondire i giochi di potere e sociali nell’alta società di Gilead: fa venire i brividi la visita di una casa da parte di Serena Olivia Winslow, che girano amabilmente tra i resti di vite estirpate; si tratta di nuovo della capacità ormai consolidata che ha la serie di colpire basso quando si tratta di ricordare le abissali profondità in cui può avventurarsi l’animo umano.

– Chi viveva qui?
– Oh, penso fossero dei Battisti

Ma, dicevamo, abbiamo scorci di una vita sociale più mondana rispetto a Boston, con balli, ricevimenti e dialoghi sottili ma non troppo che suggeriscono una maggior consapevolezza e autonomia delle Mogli, quanto meno in una cerchia ristretta. Eppure troppe cose stonano. Stona un ballo con cenni erotici tra Fred e Serena quando in passato si era sottolineato come ogni forma di erotismo tra marito e moglie fosse bandita. Stona la nuova spinta di Serena verso Fred, dimostratosi da tempo inetto calcolatore e, non scordiamolo, causa dell’amputazione di una sua falange.

Ma ciò che stona più di tutto è quanto sta accadendo nella trama legata alla protagonista. Che June si sia dimostrata in passato egoista e presuntuosa l’avevamo già sottolineato, così come avevamo ribadito che il personaggio in sé non ha alcuna caratteristica che la renda speciale rispetto ad altri: June è, sostanzialmente, una donna come tante in una situazione abominevole.

In Under his eye vediamo una donna insensibile al destino di chiunque altro e cieca relativamente alle conseguenze delle sue azioni

Ma la maggior parte del tempo, l’attuale Ofjoseph aveva mostrato una moralità e un’empatia verso quasi ogni individuo. Ricordiamo che ha salvato la vita a una delle persone maggiormente causa dei suoi dolori, per dirne una. Quella che vediamo in Under his eye è invece una donna totalmente insensibile al destino di chiunque altro e, cosa ancora più grave, assolutamente cieca relativamente alle conseguenze delle sue azioni. Il piano per vedere Hanna è letteralmente insensato, minato da un’impossibilità tanto evidente da ritenere che – delle due l’una – gli sceneggiatori ritengano June imbecille o gli spettatori idioti.

Come, di preciso, avrebbe dovuto liberare sua figlia? E come avrebbe potuto raggiungere casa Lawrence? E, ancora, chi le avrebbe garantito l’ulteriore supporto del Comandante? Se, invece, il piano fosse stato solo di vedere Hanna, allora l’intera situazione sarebbe da considerarsi ancora più folle e grave.

Non solo. Per mettere in atto questa insensatezza, June non si fa scrupoli a mettere in pericolo la Martha dei MacKenzie (anche se, oggettivamente, almeno lei ha compiuto una scelta) ma, soprattutto, a manipolare una donna bipolare che – tra tutte – è sempre stata gentile nei suoi confronti. Che sia giustificata con la disperazione, con la cieca foga di una madre che vuole salvare la figlia, con una caduta in un baratro di disperazione, fatto sta che si tratta di un comportamento spregevole che impedisce di empatizzare con la protagonista, mettendo a rischio il legame tra lei e lo spettatore.

Da sottolineare al riguardo che la rabbia verso l’odiosa Ofmatthew alla fine dell’episodio non nasce per la morte della Martha, ma perché in questo modo ha visto sfumare la sua – inesistente – possibilità di salvare Hanna.

La chiave di lettura sottolineata dal dialogo tra EmilyMoira riguardo le loro azioni passate vuole di certo fornire una spiegazione a ciò che sta accadendo a June, ma non è sufficiente per non portarci a chiedere in cosa, di questo passo, finirà per essere davvero diversa dai suoi aguzzini.

June non ha ripercussioni personali dovute alle sue azioni

In tutto ciò rimane un altro problema che già avevamo sottolineato: June sta diventando invincibile. Non nei risultati delle sue sconsiderate azioni, ovviamente, ma nelle conseguenze ad esse o, meglio, nella mancanza di conseguenze. Nell’episodio stesso si dice che il numero di impiccagioni sta aumentando, che le punizioni sono in crescita. Eppure June, con tutto ciò che ha fatto, non ha ripercussioni. Nessuna. E non c’è motivo alcuno perché non ne abbia, se non per decisione degli autori, la definizione da manuale di plot armor che ovunque ci saremmo aspettati, tranne in una serie come questa.

Se, pur con questi difetti, la serie stesse per lo meno procedendo in qualche direzione nella trama orizzontale probabilmente ce ne faremmo una ragione, ma come già accusato nell’articolo precedente non c’è traccia di alcuno sviluppo reale: la trama del Canada avanza col contagocce da un lato e dall’altro del confine e June è relegata al “voglio vedere Hanna e tanti saluti a qualunque altra cosa”.

La qualità visiva dell’episodio resta all’altezza della serie

Ciò che invece resta una costante è la qualità visiva dell’episodio: le inquadrature dall’alto durante le impiccagioni, con quelle geometrie perfette e terribili, sono quasi un marchio di fabbrica, mentre il cambio di dominante di colori a seconda dei luoghi aiuta sempre a dare una precisa atmosfera alla scena, accentuata dall’utilizzo di filtri in momenti come quello del ballo.

Esteticamente ottima e sempre in grado di essere disturbante, la serie sta perdendo la sua capacità narrativa e rischia, giunta a metà stagione, di buttare al vento il buon lavoro fatto nei primi episodi, in particolare sugli aspetti rivoluzionari che sembrano essere passati in secondo piano.

Speriamo, ovviamente, di sbagliarci.

  • 6.5/10
    Storia - 6.5/10
  • 8.5/10
    Tecnica - 8.5/10
  • 6/10
    Emozione - 6/10
7/10

Summary

Se gli aspetti visivi e di denuncia non vengono mai meno, la trama non solo ristagna ma inizia ad involvere. Chi ne paga il prezzo maggiore è proprio la protagonista, per la quale è sempre più difficile provare empatia.

Porcamiseria

7

Se gli aspetti visivi e di denuncia non vengono mai meno, la trama non solo ristagna ma inizia ad involvere. Chi ne paga il prezzo maggiore è proprio la protagonista, per la quale è sempre più difficile provare empatia.

Storia 6.5 Tecnica 8.5 Emozione 6
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