Westworld2×10 The Passenger

Proprio come nell’ultimo episodio della prima stagione di Westworld, anche The Passenger risponde a molti degli interrogativi sorti durante questi dieci intensi episodi – soprattutto in Journey Into The Night. A differenza però della prima stagione, dove avevamo scoperto poco alla volta quello che stava effettivamente succedendo nel parco, in questo season finale la narrazione è più incalzante e brutale, e meno elegante.

La rivelazione sulla creazione di Bernard è sicuramente uno dei punti chiave per leggere questa stagione, soprattutto per le effettive conseguenze sulla mente dello stesso Bernard e sulle sue azioni. Ford programma Dolores in modo da ricordare le sue interviste con Arnold, ma per far sì che sia l’host a programmare un altro host – un po’ come se Alexa si mettesse a dare istruzioni a Siri. Questa interazione avviene nel mondo reale o nel mondo virtuale? Non si capisce, anche se come apprendiamo in questo episodio – e qualche sospetto c’era – molte delle interazioni che coinvolgono gli host sono simulazioni di Intelligenza Artificiale.

La voce che Bernard sente dentro la sua testa non è quella del dottor Ford, ma è proprio la sua, in un processo tipico del cervello umano schizofrenico, e che nella stagione passata avevamo imparato a riconoscere come il modo degli host per sviluppare una coscienza, uscendo così dal labirinto. Il parallelo con il funzionamento del cervello umano è cruciale, perché definisce le differenze sostanziali tra host e umani: una volta nella Forgia infatti scopriamo che vi sono immagazzinate le informazioni dei 4 milioni di visitatori che sono stati nel parco in 30 anni (non sono tanti: ogni anno Gardaland arriva a quasi 3 milioni, e i corsari non ti sparano addosso), e per ogni ospite esiste un algoritmo comportamentale relativamente semplice e prevedibile.

Il sistema guida della Forgia è Logan, con nostra sorpresa, che ci descrive come gli esseri umani, nonostante le migliaia di simulazioni, arrivino a comportarsi sempre nello stesso modo, mentendo a loro stessi prima ancora che agli altri. La scena con James Delos che nonostante tutti i test finisce sempre per abbandonare il figlio al suo destino di tossicodipendente è una critica su come sia rigida e crudele la mente umana, che una volta programmata commetterà sempre le stesse azioni, per quanto violente e insensate possano essere. E dentro la Forgia Bernard c’è già stato, come dentro la Culla, e Logan è lì ad aspettare istruzioni.

Gli esseri umani hanno davvero il libero arbitrio? Possono realmente decidere e scegliere, o sono davvero così prevedibili? Con questa convinzione Dolores sfoglia le pagine di tutti gli ospiti, studia, impara, apprende tutto ciò che le potrà tornare utile quando uscirà nel mondo reale.

Ciò che è reale è insostituibile.

Questa è la realtà di Dolores, che si scontra con l’idea di Bernard, mentre gli host iniziano ad attraversare la Porta, che dà il titolo a questa seconda stagione di Westworld: per loro è l’ingresso verso un paradiso virtuale lontano dai visitatori umani, un mondo creato ad hoc per loro da Ford. Un Dio speculare a quello degli uomini: prima li lascia in un inferno reale e crudele fatto solo di violenza, e poi li trasporta in un Eden privo di sofferenze. Ma anch’esso sempre finto, per Dolores, che desidera solo uscire nel mondo degli uomini (per sterminarli).

Maeve, dopo essersi salvata da sola da vera eroina e in una scena che in tre minuti vale otto stagioni di The Walking Dead, si porta appresso la sua compagnia nella quest finale, raggiungere la porta. Muoiono praticamente tutti, come fosse una puntata di Game of Thrones: Clementine corrotta con il nuovo codice fa impazzire gli host mentre cavalca verso la porta come uno dei cavalieri dell’Apocalisse, e Maeve, che cerca di fermare la folla con la stessa capacità, dopo aver salvato la “figlia” viene colpita dagli uomini della Delos. La scena finale con Lutz e Sylvester però ci tranquillizzano abbastanza sul suo ritorno – e ci mancherebbe!

Menzione d’onore per Lee, che salva gli altri e si sacrifica, riuscendo a recitare lo stesso monologo pensato per Hector, che in fondo era l’uomo che avrebbe sempre voluto essere. Una scena che fa onore al suo personaggio, un po’ pirla, molto frustrato, decisamente opportunista, ma che nel momento del bisogno si è dimostrato veramente umano ed eroico fino in fondo, ed è riuscito a recitare tutto il suo monologo finale, anche perché la mira dei soldati della Delos è peggio di quella degli Stormtrooper.

L’umanità degli host però supera quella degli stessi umani, in Westworld. I visitatori e soprattutto gli uomini della Delos passano per degli esseri guidati solo dalla lussuria e dalla violenza, dal potere e dal desiderio di vivere in eterno, mentre gli host sono invece più capaci di amare e di prendersi cura l’uno dell’altro. Ricollegandosi alla sigla di questa stagione, con l’host femmina che stringe un neonato tra le braccia, si può fare un parallelo: Maeve che si sacrifica per salvare sua figlia, anche se non è realmente sua figlia, mentre James Delos abbandona il proprio figlio al suo destino di morire di overdose. Due codici diversi, due esiti opposti con Ben Barnes e Thandie Newton che ci regalano due scene strazianti ed emozionanti.

Il vero villan di questa stagione è Charlotte Hale, che insieme alla sua cricca cerca in tutti i modi di salvaguardare gli interessi della sua azienda, arrivando ad uccidere Elsie, con un sangue freddo che credavamo riservato solo per le macchine. Proprio come gli ospiti all’interno del parco, la Hale sa di avere il potere totale su tutto e tutti, e di poterla fare franca senza problemi, se non fosse per un piccolo particolare: diventa infatti target di Dolores per scappare, e riesce a farla franca superando la sicurezza di Ashley Stubb, che scopriamo quindi essere un altro host programmato da Ford, proprio come Bernard, per farsi dare una mano nel suo progetto che Dolores sta mettendo finalmente in pratica.

Di chi sono le sfere che Charlotte/Dolores porta con sé? Una è Bernard, che ricrea e porta con sé. Vediamo anche Dolores, quindi Charlotte/Dolores ha praticamente replicato sé stessa?Probabilmente Abernathy, il padre, anche se il codice è corrotto, e forse non verrà ricostruito. Forse Teddy, che abbiamo visto spaesato nel paradiso virtuale di Oltre Valle: le copie dei dati non sono state sparate al satellite, ma da un’altra parte, e non abbiamo capito dove. Una copia di Ford, per ricordare i vecchi tempi? Chissà, lo scopriremo forse nella terza stagione.

L’ultima grande incognita è William, che a quanto pare è anche lui un host, e a differenza di James Delos sta funzionando, anche se solo all’interno del parco di Westworld. A lasciarci con il fiato sospeso una scena dopo i titoli di coda, manco fosse un film della Marvel, con Emily viva e vegeta che interroga William – non lo chiama infatti papà, e quindi non sappiamo se anche lei è un host (Il paragone Marvel però potrebbe essere azzeccato, se pensate a Bernard e Dolores come Xavier e Magneto).

Forse l’idea di Jonathan Nolan e Lisa Joy era quella di stupirci ancora di più, e sicuramente con The Passenger ci sono riusciti, restituendo almeno in parte la poesia, la filosofia e le emozioni che avevano permeato invece tutta la prima stagione di Westworld, ma solo per quanto riguarda questo ultimo episodio. Alcune pecche durante la stagione hanno reso il prodotto un po’ nebbioso, soprattutto per la linea temporale che era stata il cardine della passata stagione e che invece qui non ha avuto molto senso tenere nascosta, creando un po’ di confusione. Alcuni espedienti narrativi forzati – pallottole volanti su tutti – agli occhi attenti degli appassionati di questa serie l’hanno resa un po’ meno perfetta rispetto al capolavoro della scorsa stagione: il nostro desiderio è che Westworld resti fedele a sé stessa e soprattutto sfrutti meglio le potenzialità di un cast stellare e la prossima nuova ambientazione, il mondo reale.

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