19831983 Season 1: dalla Polonia con torpore

Season Recap Vent'anni dopo diversi attentati in Polonia, si riaprono le indagini puntando i riflettori su una serie di personaggi che riportano la storia a galla, in un mix di lingue ed etnie che rasentano l'eccesso, oltre a una serie di cliché e costruzioni tecniche poco originali.

5.7

Un balzo indietro di quasi 36 anni, al 12 marzo 1983, quando tre importanti città polacche venivano dilaniate per mano degli attentatori al potere che nulla aveva di democratico e tutto ha tolto alle famiglie rotte per sempre dal lutto. Come quella di Kajetan Skowrow, un giovane totalmente privo di emozioni, una pedina sulla scacchiera non troppo grande ma ospitante un gioco sufficientemente noioso per complicarlo più di quanto non lo sia di per sé. È tra sangue, bombe e giri di valzer tra flashback e flashforward che comincia la vicenda di 1983, prima serie polacca a sbarcare nell’ampia libreria di originali Netflix, divisa in otto episodi non troppo agili a partire dal 30 novembre. Le vicende narrate riesumano le vicende degli attentati a Cracovia, Danzica e Varsavia esattamente vent’anni dopo, quando i poteri forti polacchi sono sostenuti dall’omertà del popolo che nulla vuole avere a che fare con il regime spietato, ma attaccati dal basso dei rivoluzionari organizzati a gruppi di ragazzi, più o meno credibili.

Possiamo sostenere che non si debba parlare di questa serie citando uno o alcuni protagonisti principali che non siano la storia stessa: le vicende del passato tornano a galla con una serie di omicidi compiuti nel corso degli anni, che hanno coinvolto persone più o meno vicine alla politica e alla famiglia di Władysław Lis e consorte e che avevano preso parte proprio al loro matrimonio nel 1982, alcuni mesi prima dei sanguinosi fatti. Se un orfano del 1983 è proprio Kajetan, sarà sempre lui a fidanzarsi con Karolina Lis, figlia della sopracitata coppia e con la quale non sembra condividere una vera e propria storia d’amore tutta rose e fiori. O almeno questa è la nostra sensazione mentre abbiamo sotto gli occhi una recitazione abbastanza apatica e fredda, tipica della sceneggiatura polacca. Non sono più infuocati i discorsi tra i dissidenti, capitanati da Ofelia, una ragazza che nasconde molto più di quanto possiamo immaginare e con il solo, apparente obiettivo di mandare letteralmente in aria i piani dell’alta società politica polacca. A questa si aggiungono le indagini dell’investigatore Anatol, che conosce da tempo la ragazza ed è in contatto anche con Kajetan. Quest’ultimo entra nel mirino di Ofelia, cercando di fare leva sull’amicizia d’infanzia stretta con lui, un personaggio che si dimostra essere ancora una volta come il prezzemolo, ma dal proverbiale silenzio e, se vogliamo, anche un pizzico di ottusità. Che il ragazzo sia davvero così di sua natura? Non ci sta convincendo.

La serie butta sul fuoco parecchia carne, ma non riesce a cucinarla a dovere, con un melting pot di lingue, etnie e trame che sembrano binari morti in un angolo recondito della sceneggiatura.

Questo però non basta ancora per rialzare lo sguardo ormai a mezz’asta su uno schermo che, cercando di portare del brio, ci presenta un potpourri poco credibile, quanto paradossale, di colonnelli americani, generali asiatici e personaggi dall’identità troppo misteriosa e vaga. Non si riesce così a dare spessore e vigore a una serie che butta sul fuoco parecchia carne, ma non riesce a cucinarla a dovere, perdendo l’occasione di presentare come risultato finale un thriller affascinante, sostituito invece da un melting pot di lingue, etnie e trame, molte delle quali sembrano binari morti in un angolo recondito della sceneggiatura. Ci chiediamo quindi quanto tempo abbia speso il giovane regista esordiente Joshua Long a recuperare elementi di serie come Alias o Mr Robot, alla ricerca di spunti per riportare personaggi alle prese con travestimenti costanti, ma meno riusciti rispetto a quelli della bella Jennifer Garner, e l’uso di tecnologie a uso spionistico, controllando le persone tramite badge e strumenti simili a smartphone. Tutto ben distante dalle narrazioni seriali sopracitate, ma le influenze sembrano evidenti, come il fatto che non si possa eguagliare davvero un originale.

Sembra dunque di assistere a una sorta di guerra fredda ai giorni nostri o quasi, buttando qua e là pestaggi, bombe e omicidi per cercare di offrire un contorno saporito ai dialoghi spesso privi di vera emozione, difficilmente coinvolgenti e che si dilungano per ogni episodio. Un’ora ciascuno, la narrazione si profila sin da subito lenta, a tratti impantanata su se stessa, a cui non riesce a dare man forte una mimica praticamente mummificata di Kajetan per buonissima parte della storia. Non sono da meno le fredde avances di Ofelia, il dolore e le passioni di Anatol, la fatica della madre di Kajetan durante l’ultimo periodo di vita. Tutto è così freddo, trattenuto, contenuto. Nemmeno la colonna sonora ci aiuta, essendo praticamente assente, così come gli scenari e le inquadrature sono un esercizio scolastico di chi vuole portare sullo schermo un prodotto ancora da smussare per bene. Un giallo macchiato rosso sangue che solo con tanta pazienza e una buona dose di caffeina potremo risolvere.

Porcamiseria
  • 6/10
    Storia - 6/10
  • 6/10
    Tecnica - 6/10
  • 5/10
    Emozione - 5/10
5.7/10

Summary

Nulla riesce a far risaltare una trama che poteva essere godibile e interessante: il copione piatto e la compresenza di elementi che non hanno nulla di originale soffocano ogni tentativo di far risaltare la prima serie polacca in libreria Netflix.

Porcamiseria

5.7

Nulla riesce a far risaltare una trama che poteva essere godibile e interessante: il copione piatto e la compresenza di elementi che non hanno nulla di originale soffocano ogni tentativo di far risaltare la prima serie polacca in libreria Netflix.

Storia 6 Tecnica 6 Emozione 5
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