19931×03 Episodio 3 – 1×04 Episodio 4

I fantasmi del passato riemergono e mettono i protagonisti di 1993 faccia a faccia con i loro errori e la loro insaziabile fame di potere. Due episodi fondamentali per il loro sviluppo lasciano chiari segnali per grossi avvenimenti futuri.

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Nel doppio episodio della season premiere della scorsa settimana, 1993 è riuscita a creare una narrazione romanzata collegata in modo convincente ai fatti di cronaca che hanno ribaltato l’Italia nei primi anni ‘90, dèi e super eroi della politica e della giustizia che si avvicendano sullo sfondo dei drammi dei protagonisti della serie. In queste due puntate però il focus è tutto, o quasi, sui personaggi di finzione creati per raccontare quegli anni tumultuosi.

L’apertura del primo episodio è la diretta prosecuzione del precedente: notte del 14 maggio 1993, Maurizio Costanzo è appena scampato a un’autobomba la cui onda d’urto ha travolto Veronica Castello (Miriam Leone), fortunatamente illesa ma ancora più paranoica. Si intestardisce a voler fare a tutti i costi le prove per il Bagaglino e lì, tra una piroetta mancata e l’altra, appare Mainaghi, suo ex amante, ricco industriale, padre di Bibi Mainaghi, e immenso figlio di buona donna morto suicida a metà del 1992. A questa povera arrampicatrice sociale mancavano giusto le visioni, che la portano a pensare per un attimo di investire la sua rivale o farla diventare paranoica al punto di andare a letto con un dirigente Rai per avere assicurato il posto in un nuovo programma, in cui tra l’altro era già stata scritturata.

Fuori dalla porta di questo dirigente incontra Bosco, in visita in via Mazzini per la prima volta (complimenti per il tempismo dei tuoi MaiUnaGioia, Bosco). I due si presentano come se non si conoscessero, ma fuori dal palazzo scoppia una furiosa lite in cui l’espressione più gentile che vola è “troia di merda”; sempre elegantissimi. Ciliegina sulla torta che Veronica si sta preparando in compagnia della sua psiche traballante, arriva un filmato del suo recente passato in cui a pecorina davanti a un vecchio dirigente televisivo si guadagna il suo primo contratto in TV. Trova la soluzione a questo scandalo alleandosi col nemico, decidendo di vendere allo stesso giornale che vuole pubblicare la notizia, un’intervista confessione in cui fa i nomi di tutti i potenti con cui è andata a letto negli anni in cui faceva l’escort.

Mentre Bosco è entrato nella commissione di sorveglianza Rai, e sembra destinato ad avere sempre meno potere, Bortolotti invece è entrato in coma dopo aver tentato il suicidio. Risvegliandosi, confessa di aver tentato di togliersi la vita a causa delle minacce della trans con cui aveva consumato un festino a base di coca e sesso. Bosco, nel bordello per vendicare l’amico, scopre che la povera trans è stata costretta dal suo protettore a ricattare Bortolotti, e in uno dei suoi momenti di coccolosa bipolarità se la porta a casa. Da qui nasce l’equivoco che farà credere a Bortolo che dietro tutte le minacce ci sia proprio il suo compagno di partito. Il tutto si consumerà davanti a Bossi mentre proprio Bosco, con eccezionale assenza di tempismo, lo vuole convincere a frequentare i salotti bene di Roma per fare incetta di voti.

E’ però sulla storia di Leo Notte (Stefano Accorsi) che si consumano più metri di pellicola. I legami con Berlusconi sono sempre più stretti, tanto che il cavaliere lo porta a fare un tour nella tomba di famiglia, e appare sempre più vicino alla formazione di un partito tutto suo. Appena Leo viene a sapere del ritrovamento del cadavere di Venturi, da lui ucciso il 20 Ottobre 1992, si reca da Bibi  – una sempre meno presente Tea Falco – e giocando a carte scoperte la minaccia di raccontare delle relazioni tra l’azienda di famiglia e la mafia, se mai venisse fuori che lui sapeva che là dove è stato trovato il cadavere doveva essere gettata una colata di cemento. Bibi un po’ se la fa sotto, ma Notte viene accusato dell’omicidio di Venturi, e riceve in carcere oltre alla figlia, che ha smesso di pippare e di muovere il culo a Non è la Rai, una visita dell’avvocato di casa Mainaghi, che gli propone di uccidere uno dei tanti politici che affollano in quei giorni San Vittore, in cambio della sua libertà. La mafia comincia sempre più velocemente ad espandere i suoi tentacoli, ma Leo, che di fatto comincia a strangolare la vittima designata, si pente e lo mette in guardia.

Buona parte dei fatti narrati si svolge di giorno, al contrario delle ambientazioni notturne e livide dei primi episodi, come se si volessero mettere sotto la luce del sole le debolezze dei protagonisti. Veronica e Leo vengono smascherati per la loro vera natura e sono nudi – letteralmente nel caso della Castello – davanti ai loro accusatori. Il problema nella resa delle ambientazioni rimane Milano di notte, le “luci zafferano” cantate dalla Bertè non illuminano più le strade della città della madonnina, lasciano posto ai led azzoppando la riproposizione fedele dell’atmosfera di quegli anni.

È però l’unico neo nell’immagine della seconda stagione fino ad ora, in cui tutto è perfettamente bilanciato: luci, colori e abbigliamento sono studiati meravigliosamente, senza creare delle macchiette e senza cavalcare stereotipi. La regia è sempre attenta, i lenti movimenti di macchina di questi episodi aiutano ad entrare nella psiche dei personaggi che stanno perdendo tutto a causa delle scelte terribili che hanno fatto in passato.

Un solco importante nelle vicende dei protagonisti è ora segnato. Nella season premiere li abbiamo visti rafforzarsi e acquisire sicurezze che nel giro di due ore si sono frantumate come gli specchi nella sigla. Se Leo non si è mai posto come un personaggio positivo e Veronica non è certamente la fidanzatina d’Italia, il personaggio che ha più sfaccettature in assoluto è Bosco, che non brilla di simpatia, data la fazione politica a cui appartiene, ma che puntata dopo puntata evolve in meravigliosi atti di umanità che poi però finisce per distruggere, ricordandoci che alla fine è il suo tornaconto a muoverlo. Pastore per ora pecca di estremo senso civico, lo preferivamo quando combatteva le tangenti elargendo mazzette, ma dalle anticipazioni della prossima puntata sembra che sbroccherà di brutto in una scena surreale e metafisica, probabilmente legata all’HIV.

Infine, Bibi è messa in un angolo dagli sceneggiatori, anche se buona parte dei momenti narrativi chiave passano da lei: il cadavere è nel suo cantiere, il mafioso che propone a Notte l’omicidio è lo stesso che controlla la sua società. Appare strano soprattutto perché Tea Falco ha ben imparato a scandire le battute, dando peraltro nuova vita a un bellissimo personaggio. Non è che gli sceneggiatori le vogliano fare la pelle? I fatti narrati in questi episodi si fermano a giugno inoltrato, l’autobomba di via Palestro esploderà a fine luglio, quindi facilmente in uno dei prossimi due episodi. Come ci ha insegnato Game Of Thrones, una bella esplosione in cui far morire personaggi chiave apre scenari imprevedibili nella narrazione. Che abbiano deciso di non affidarle storyline troppo complesse dato che salterà in aria di lì a breve?

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