A Very English ScandalA Very English Scandal Season 1: Niente sesso, siamo inglesi

Season Recap Nell'Inghilterra degli anni '70, per difendersi da un'accusa di omosessualità che potrebbe distruggergli la carriera, un politico dà il via a una catena di eventi che tra il maldestro e il surreale mostreranno un altro volto del popolo di Sua Maestà.

8.3

Adattamento televisivo tratto dal libro omonimo, A Very English Scandal riprende un reale episodio di cronaca che ha interessato l’Inghilterra a cavallo degli anni Settanta. La premessa è doverosa qui, come in ognuno dei tre episodi componenti la serie, perché man mano che la trama avanza, aumentano anche le assurdità a cui difficilmente avremmo creduto senza quel disclaimer.

In quegli anni, Jeremy Thorpe è l’astro nascente del Partito Liberale inglese, che, dopo un periodo di insuccessi, vede riaccendersi la possibilità della scalata al Governo grazie alla personalità dirompente del politico. Thorpe è un osso duro in Parlamento, capace di intercettare con facilità il gradimento di colleghi spingendosi in discorsi molto accorati. La sua carriera è pronta a decollare quando dal suo passato arriva una minaccia nelle fattezze di una lettera indirizzata alla madre: Norman Josiffe, un ragazzo che lui ben conosce, sostiene di aver avuto con lui una relazione omosessuale, di cui rilascerà prove e testimonianze se non in cambio di denaro e una tessera di previdenza nazionale.

Sono anni pesanti, in cui l’omosessualità viene considerato un reato, con l’inevitabile conseguenza di rovinare completamente la vita di chi viene accusato (come successe a molti politici in quel periodo). Thorpe ne è consapevole e comincia a pensare a una soluzione che possa eliminare definitivamente la minaccia di Josiffe. Comincia così un tira e molla durato quasi quindici anni, in cui i due alternano momenti di quiete ad anni carichi di tensione, che sfoceranno nel maldestro tentativo di omicidio su commissione per ordine di Thorpe e al surreale processo che ne seguì.

Senza aggiungere ulteriori spoiler, possiamo affermare che A Very English Scandal mantiene fede alla promessa insita nel suo nome, raccontando un intreccio al limite dell’assurdo coi toni della commedia nera (che infatti non sono piaciuti al vero Norman), mostrando personaggi tipicamente inglesi la cui britishness viene spinta all’estremo fino a dimostrare i paradossi che la poca flessibilità britannica può generare. Ci sono i pregi della mentalità inglese, veicolati dalla middle class dei piccoli borghi dell’entroterra, pronta a spendersi in tutto e per tutto in un estremo moto empatico, e ci sono i difetti del popolo di Sua Maestà, di cui si fanno latori gli esponenti dei ceti più alti e più addentrati nel sistema, troppo impegnati nell’ostinata difesa delle apparenze da non rendersi conto di quanto si sono spinti oltre.

Ne è un esempio non solo l’omosessualità di Thorpe, di cui l’uomo non sembra troppo preoccuparsi all’interno delle sicure mura del Parlamento che riesce a controllare, ma anche quella dei suoi colleghi, che non hanno problemi a parlare delle scappatelle da giovani, purché confinate nel confortevole caveau della memoria. Il Parlamento come una quinta teatrale, in cui l’apparenza la fa da padrone e di cui molto dice l’uscita melodrammatica di Thorpe dall’Old Bayle, in questo non diverso da quella parallela di Norman, accolto da manifestanti LGBT. Non sono esenti da questa critica neanche i tabloid inglesi, la cui fame di notizie si dipana tra un ossequioso inchino al potere e il successivo attacco violento mirato a distruggere ogni credibilità del soggetto.

A Very English Scandal si presenta come una piacevole, britannica, variante di American Crime Story, con cui condivide la tensione emotiva legata allo svolgimento del processo.

Certo, rispetto alla controparte statunitense questa serie sembra sbilanciarsi di più nel prendere le parti di Norman, ma è bene, in questo senso, tenere presenti tre particolarità: Norman non viene risparmiato in ogni caso dalla critica, dipingendolo spesso come un parassita e manipolatore, quando non apertamente un po’ schizzato; sullo stesso Thorpe nel terzo episodio viene svolto un lavoro di smussamento, che porta a riconsiderare i suoi sentimenti nei confronti del presunto amante (ma non ovviamente il suo tentativo di omicidio); la maldestrezza con cui si svolgono gli eventi porta inevitabilmente a simpatizzare con la vittima.

Dal punto di vista tecnico la serie è un vero gioiellino: le interpretazioni sono tutte di livello, partendo da Alex Jennings, arrivando ovviamente ai due protagonisti, un ottimo (e invecchiatissimo) Hugh Grant nei panni del politico Thorpe e un incredibile Ben Whishaw a interpretare Norman (ruolo che, oltre a garantirgli numerose candidature, gli ha anche riempito la bacheca dei trofei con un Golden Globe e un Critic’s Choice Award come miglior attore non protagonista). Non sono da meno i personaggi secondari, tutti rigorosamente britannici, così come il regista Stephen Frears (già autore degli inglesissimi The Queen, PhilomenaVictoria & Abdul), lo sceneggiatore Russell T Davies (noto per il trittico Banana, Cucumber Tofu, oltre che per aver riportato in TV le avventure di Doctor Who) e il compositore Murray Gold (anche lui legato al Dottore).

 

  • 8/10
    Storia - 8/10
  • 9/10
    Tecnica - 9/10
  • 8/10
    Emozione - 8/10
8.3/10

Summary

Un concentrato di britishness che nemmeno frullando l’Union Flag: tra interpretazioni di livello, una storia che racconta il paradosso di certi modi di agire, la fragile tenuta delle apparenze e l’intricato rapporto tra essere e dover essere.

Porcamiseria

8.3

Un concentrato di britishness che nemmeno frullando l'Union Flag: tra interpretazioni di livello, una storia che racconta il paradosso di certi modi di agire, la fragile tenuta delle apparenze e l'intricato rapporto tra essere e dover essere.

Storia 8 Tecnica 9 Emozione 8
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