After LifeAfter Life Season 2: Life (Doesn’t) Go On

Season Recap La seconda stagione, copia-carbone della prima, continua a ruotare intorno al tema del lutto, ma senza spunti originali, con estenuanti ripetizioni e poche risate.

6.0

Cosa accade a un brav’uomo quando il dolore è insopportabile? Quando perde l’unica persona che rendeva la vita meritevole di essere vissuta? Cosa succede, soprattutto, quando questo brav’uomo è anche una persona intelligente e sagace, incapace di spegnere il cervello e di permettersi di guarire?
La risposta è in After Life, una miniserie di soli sei episodi scritta, diretta e interpretata da Ricky Gervais e disponibile nel catalogo Netflix.

Hmm, non vi sembra di aver già letto queste parole…?

Tony, uomo inglese sulla quarantina che lavora in un giornale locale gratuito di una piccola cittadina inglese, ha perso Lisa, uccisa da un cancro al seno. La morte dell’unica donna che abbia mai amato, dell’elemento focale della sua vita, lo porta a convincersi che vivere non abbia più… aspettate un attimo. Ma questa è, parola per parola, l’inizio della recensione che avevamo scritto l’anno scorso per la prima stagione!

Già, perché la seconda stagione di After Life non mette sullo schermo niente di nuovo che non avevamo già visto un anno fa. Cambiano i casi umani che Tony intervista e qualche relazione che nasce e si consolida in modo approssimativo, ma sono talmente pochi gli spunti originali che – vi confidiamo – abbiamo avuto la tentazione di fare il copia-incolla della vecchia recensione. A tirar ad indovinare viene il sospetto che invece Ricky Gervais lo scrupolo non se lo sia fatto. Questa seconda stagione lampo sembra infatti essere il risultato del materiale scartato della prima.

La scrittura alterna un’intelligente presa in giro dei costumi moderni a soluzioni narrative piuttosto banali e scontate.

Ritornano tutti i personaggi secondari che avevamo apprezzato e imparato ad amare, ma rimangono tra la macchietta e l’ininfluente. Ne è un buon esempio Sandy, interpretata da Mandeep Dhillon, che in queste 6 nuove puntate è giusto una comparsa fino al momento in cui confida a Tony quanto è importante per lei lavorare in redazione. È questa confessione strappalacrime che convincerà il protagonista a salvare il giornale dal fallimento. Insomma la scrittura alterna un’intelligente presa in giro dei costumi moderni a soluzioni narrative piuttosto banali e scontate.

C’è poca sorpresa in After Life e sembra veramente di assistere a Groundhog Day (Ricomincio da capo) ambientato a Tambury con Ricky Gervais al posto di Bill Murray. Purtroppo non è un complimento. La struttura della stagione è talmente meccanica che ogni episodio risulta uguale a quello precedente. Non aiuta una certa pigrizia di racconto nel far ripetere al protagonista che ha perso la moglie. Scena dopo scena. Spesso nello stesso episodio. A costo di sembrare insensibili, speravamo che After Life avesse qualche asso in più nella manica oltre ad un uso quasi pornografico del lutto, che ha l’effetto di generare quasi sempre lunghi e noiosi monologhi in cui ci vengono dati dei buoni consigli di vita. Da un autore e stand-up comedian cinico e anti-convenzionale, non ci saremmo aspettati facili e convenzionali soluzioni di scrittura.

Da notare come la nostra non sia una critica sui contenuti, ma sul metodo. Uno stile, quello di fare una sit-drama (parola che ci siamo inventati per l’occasione), non pienamente padroneggiato e che risulta in un prodotto a volte ripetitivo, a volte prevedibile, a volte monotono. In una parola: noioso.
Indubbiamente ci sono scene scritte e realizzate in modo brillante, con la stessa intensità melodrammatica e comica di quelle della prima stagione. Lo spettacolo di varietà amatoriale della città di Tambury è una di queste, insieme ai diversi casi umani intervistati da Tony – vero punto di forza della serie. Il drammatico dilemma finale è magistralmente interpretato da Ricky Gervais che riesce anche a dirigere una scena carica di tensione – forse l’unica dell’intera serie. Ma purtroppo non bastano a cambiare l’opinione che ci siamo fatti.

  • 6.5/10
    Storia - 6.5/10
  • 6.5/10
    Tecnica - 6.5/10
  • 5/10
    Emozione - 5/10
6/10

Summary

La seconda stagione di After Life non mette sullo schermo niente di nuovo che non avevamo già visto un anno fa. La scrittura alterna intelligente presa in giro dei costumi moderni a soluzioni narrative piuttosto banali e scontate. Il risultato è un prodotto a volte ripetitivo, a volte prevedibile, a volte monotono. In una parola: noioso.

Porcamiseria

6

La seconda stagione di After Life non mette sullo schermo niente di nuovo che non avevamo già visto un anno fa. La scrittura alterna intelligente presa in giro dei costumi moderni a soluzioni narrative piuttosto banali e scontate. Il risultato è un prodotto a volte ripetitivo, a volte prevedibile, a volte monotono. In una parola: noioso.

Storia 6.5 Tecnica 6.5 Emozione 5
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