Alias Grace1×06 Part 6

Nel tentativo di venire definitivamente a capo della vicenda di Grace Marks, si intraprende una nuova strada che, seppur conducendo i personaggi a risoluzioni più o meno piacevoli, non permette di afferrare del tutto la cruda verità.

8.3

Sin dal pilot di Alias Grace, siamo stati sobissati dai dubbi, incapaci di credere ciecamente a quanto era stato detto o visto. Le teorie erano numerose, come anche i segnali da interpretare. Al giro di boa, il finale di un quasi impeccabile Alias Grace, che ha forse come difetto quello di far precipitare un po’ troppo gli eventi, fa chiarezza a modo suo, lasciandoci con la possibilità che potremmo ancora una volta sbagliare.

Chi è Grace Marks? Era l’interrogativo principale, che ci siamo posti dal primo minuto di visione. C’è chi l’ha creduta innocente e ingenua, chi maligna e colpevole. Chi, appellandosi agli hints soprannaturali, ha creduto si trattasse di un caso paranormale, o di un elaborato caso di sdoppiamento di personalità che ha provocato la nascita di un alter ego di Grace. Tutto quello che davamo quasi per scontato si altera con una innocua seduta di ipnosi, un mezzo privo di logica che confonde, più che chiarire le idee.

L’intento di Grace Marks probabilmente è sempre stato questo. Tutto quello che ha scelto di raccontare a noi e al dottor Simon Jordan è stato abilmente costruito per eliminare ogni sentiero ovvio o definitivo, per catturare attenzione il più a lungo possibile. E la doppia personalità è solo una scusa per mascherare la vera natura della donna, che il passato turbolento ha deviato e traumatizzato, rendendola pronta a mentire, manipolare, persino uccidere. A questo punto, l’incontro di ipnosi diventerebbe null’altro che un’ottima performance recitativa – e dobbiamo complimentarci con Sarah Gadon – grazie all’aiuto di un Jeremiah/Jerome che, forse dal primo momento, aveva sbirciato oltre il velo e compreso meglio di chiunque altro chi fosse realmente Grace Marks. E tutte le apparenti menzogne che ci sono state rifilate riescono, alla fine, a procurarle una via d’uscita.

La libertà tanto agognata le concede, dopo ben undici anni, la realizzazione di un sogno, che seppur regalandole uno spazio personale di mondo, con tanto di fattoria e animali domestici, non è quello che in fin dei conti riesce a soddisfare la nostra Grace. Le morti a cui ha assistito e il sangue versato non sono serviti a farle ottenere l’uomo a cui – apparentemente almeno – si era affezionata. Le tocca invece l’unico uomo del suo passato privo di colpe, quel giovane Jamie Walsh ormai divenuto uomo, pronto a fare ammenda e disperato per il perdono. È per la sua testimonianza che Grace finì in prigione, e, per affetto o per senso di colpa, aiutarla a ricominciare è il suo modo di bilanciare le cose. Peccato che anche il perdono che Grace gli dona è soltanto un’altra illusione ben costruita, della quale Jamie Walsh, che da obbediente cagnolino ascolta le tragiche vicende di Grace – capaci non si sa come di eccitarlo – non si accorgerà mai.

Perdonando Jamie Walsh per questo suo singolare comportamento e osservando il quadro completo, diremmo che poteva sicuramente finire molto peggio per Grace Marks. La sua identità, nonostante tutto, è ancora intatta e il passato, anziché far male, può solo ricordarle costantemente chi è e come è riuscita ad arrivare fin qui. Da semplice donna di umili origini, ha scavalcato ogni codice morale, credenza o pregiudizio e si è guadagnata la possibilità di uscire da ogni gabbia, reale e figurata. Alias Grace si batte per le donne, e imparando dalla lezione di Mary Whitney e Nancy Montgomery – che saranno sempre parte di Grace, a formare una triade di forza – alle quali è mancato l’istinto di sopravvivenza necessario a una donna di quei tempi, Grace Marks vince e mette al tappeto tutti gli uomini che avrebbero voluto fregarla.

E a proposito di uomini, la sorte di Simon Jordan non può che lasciare l’amaro in bocca. Lo scorso episodio ce lo aveva mostrato in fuga, e scopriamo che in realtà il suo intento era di visitare l’avvocato di Grace, a Toronto. In cerca di certezze, è deluso ancora una volta ed è costretto ad accettare l’intervento di DuPont. La seduta di ipnosi, tuttavia, diventa il suo punto di rottura. Incapace di distinguere tra bugie e verità, rinuncia a scrivere un rapporto e – in uno sprint da indemoniato – usa per i suoi scopi carnali la sua padrona di casa, ammettendo di non averla mai desiderata, e si colpisce in testa, ripetutamente, per frustrazione. Una delle sbavature di Alias Grace, forse anche voluta, è stata proprio quella di non seguire approfonditamente la vicenda di Simon Jordan (che nel libro acquista più spazio). Troppo rapidamente finisce per passare dalla disperazione alla follia, partendo per l’esercito e, in ultima analisi, restando ferito e traumatizzato, incapace di muoversi e proferire parola.

Grace ha veramente provato qualcosa per il dottor Jordan o è sempre stato soltanto uno strumento da manipolare e ferire, per vendicarsi ancora una volta dei torti subiti? Tutti gli uomini della vicenda – compreso in fin dei conti lo stesso Jeremiah – non sono altro che pedine, che cascano una a una, peccando di lussuria e ingenuità. Seguendo questo schema, Simon Jordan non dovrebbe far eccezione. Eppure, un posto riservato gli spetta e la lettera scritta da Grace ne è una prova. Se poi è solo un ulteriore tentativo di tormentarlo a distanza di tempo, ci riesce comunque, dato che l’unica parola che il dottore riesce a pronunciare è proprio il nome della donna che lo segue quasi come uno spettro, restia ad abbandonarlo.

La cronistoria di Grace Marks si conclude, quindi – come previsto – con luci e ombre, lasciando spazio comunque a diverse interpretazioni, per chi non vuole abbandonare l’idea di un’altra Grace – nascosta dietro la fittizia identità di Mary Whitney – o per chi in fondo ha sempre creduto che, dietro ogni azione o parola, si celasse sempre la stessa Grace Marks.
Alias Grace, a ogni modo, non tradisce il suo stile e la sua firma di incertezza, la sua ottima fotografia e l’egregia recitazione di Sarah Gadon, che di certo non verrà più dimenticata nei panni della murderess irlandese.

Porcamiseria
  • 8.5/10
    Storia - 8.5/10
  • 8/10
    Tecnica - 8/10
  • 8.5/10
    Emozione - 8.5/10
8.3/10

In breve

Un finale che mantiene luci e ombre, dando spazio all’interpretazione. Tetro la sorte riservata a Simon Jordan, che lascia l’amaro in bocca. L’unica pecca è la leggera frettolosità con cui si conclude la vicenda, che non rovina però un episodio ancora una volta ben costruito e narrato, che non tradisce lo spirito di Alias Grace.

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Porcamiseria

8.3

Un finale che mantiene luci e ombre, dando spazio all’interpretazione. Tetro la sorte riservata a Simon Jordan, che lascia l’amaro in bocca. L’unica pecca è la leggera frettolosità con cui si conclude la vicenda, che non rovina però un episodio ancora una volta ben costruito e narrato, che non tradisce lo spirito di Alias Grace.

Storia 8.5 Tecnica 8 Emozione 8.5
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