American Crime Story2×05 Don’t Ask Don’t Tell – 2×06 Descent

Siamo in American Crime Story: Andrew Cunanan, perché ormai di Versace c'è a malapena l'ombra. Ciononostante, il tema del coming out e la follia di Andrew vengono sviscerati ed esposti con sapienza. Sarà pure una presa per i fondelli, ma non è poi così male.

7.8

Non solo Andrew Cunanan, ma anche una lente di ingrandimento sulla sua prima vittima, Jeff Trail. In un viaggio a ritroso che di Versace ha solo un motivo promozionale, dato che ormai in American Crime Story è tutto focalizzato sull’assassino, si riesce nonostante l’off-topic a esporre un’interessante riflessione su ogni sfaccettatura della società LGBT di quegli anni.

Il quinto episodio si concentra sul coming out e sul travaglio esistenziale dei militari costretti a non dire nulla sulla propria omosessualità, in ambienti trasudanti omofobia e intolleranza. In parallelo, torna Gianni Versace col suo coming out per l’Advocate, in una situazione decisamente più privilegiata, nonostante le resistenze di Donatella. Il paragone si fa particolarmente netto se si osservano i dettagli: il coming out di Versace è pedagogico, uno di quelli necessari per il progresso della società verso una maggiore inclusione nei confronti della comunità gay; quello di Trail non può sostanziarsi, poiché gli toglierebbe lavoro e famiglia, e l’unico sfogo possibile è davanti a una telecamera, col volto oscurato.

L’omofobia interiorizzata trova un terreno fertile in questa condizione sociale soffocante, al suo apice durante il dialogo rabbioso con Andrew Cunanan. Trail sostiene di volere indietro la sua vita, eppure la sua vita da soldato era oggettivamente una gabbia, e sarebbe un ragionamento da manuale, non fosse per la presenza di David nella sua vita, oltre a quella di Andrew. È qui che l’episodio perde un po’ di mordente, trasformando un potenziale grido d’aiuto in un capriccio sterile: il focus è su Cunanan, verso il quale Jeff esprime rimorso, ma la sua voglia di tornare a servire, come se fosse in trappola anche nella comunità gay, non prende in considerazione la presenza di David come elemento di conforto.

Il resto della storia è trattato con dovizia di particolari, alternando tra Jeff e Andrew e senza mai di dimenticare la sociopatia dell’assassino. A parte il breve momento di incoerenza, Don’t Ask Don’t Tell segna un buon episodio per American Crime Story, tracciando un parallelo sui privilegi che può dare la fama ad arricchire la narrazione, e ricordandoci anche dell’esistenza dei Versace, sia mai ce ne dimenticassimo.

Descent, incredibilmente, risulta essere l’episodio più claustrofobico di questa stagione di American Crime Story. Non si fa male nessuno, nessuno viene ucciso, eppure la presenza di Andrew Cunanan, il suo modus operandi, la sua mente manipolatrice e il narcisismo patologico di cui soffre ci fanno mancare il fiato.

La tela di bugie su cui è fondata la sua vita è talmente fitta – ma instabile – da riuscire a confonderci: c’è una versione per tutti, da Jeff – che deve fingere di portargli un regalo costoso – a David, a Lizzie, fino a Norman, grazie al quale tuttavia riusciamo a intravedere l’ombra dell’assassino prima che diventi tale. La tattica evasiva di Cunanan davanti alle domande personali è quanto di più inefficace possa esistere, spinge inconsapevolmente gli altri ad aiutarlo, vedendo una persona senza identità o stimoli, ma soprattutto non consente l’avanzamento di nessun rapporto sociale costruttivo. Non esiste onestà con nessuno, nemmeno con l’unico ragazzo di cui è innamorato, perché le bugie sono talmente annidate nella quotidianità di Andrew da non lasciare scampo.

Dopo il rifiuto avviene il tracollo, uno di quei momenti che ci fa stupire del talento di Darren Criss nell’impersonare Cunanan: l’abuso di sostanze rovina l’apparenza perfetta del protagonista, che messo spalle al muro non può fare altro che tornare da sua madre, rompendo per pochi minuti il velo di menzogne costruito attorno a sé.

Vediamo chi c’è dietro le ossessioni di Andrew Cunanan, l’origine del suo disturbo e della ricerca ossessiva di un’effimera straordinarietà. Si capisce che la madre condivide con il figlio il carattere tossico e prevaricatore, incentrato sul raggiungimento del benessere materiale a discapito di una realizzazione più profonda. Nell’unico momento di vulnerabilità, Andrew non viene ascoltato, e, finendo il suo lamento nel vuoto, non gli resta che imboccare la via senza ritorno che tutti conosciamo.

American Crime Story, ormai dichiaratamente fuori tema, riesce nuovamente a farsi perdonare la mossa commerciale attuata scegliendo il nome Versace per la sua seconda stagione. Quello che sembrava un divagare senza meta ha in realtà molta più sostanza di quanto ci aspettassimo, sviscerando il personaggio di Andrew Cunanan e offrendo interessanti parallelismi tra Versace e il mondo ordinario. Insomma, rimane un po’ una presa per il culo, ma siamo pronti a chiudere entrambi gli occhi, e non per generosità.

Porcamiseria
  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 7.5/10
    Tecnica - 7.5/10
  • 9/10
    Emozione - 9/10
7.8/10

In Breve

American Crime Story si dimentica del suo nome per l’ennesima volta, ma grazie ai temi trattati e al magnetismo del protagonista riesce a supplire all’inelegante e conclamato fuori tema.

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Porcamiseria

7.8

American Crime Story si dimentica del suo nome per l'ennesima volta, ma grazie ai temi trattati e al magnetismo del protagonista riesce a supplire all'inelegante e conclamato fuori tema.

Storia 7 Tecnica 7.5 Emozione 9
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