American Crime2×01 Season Two: Episode One

“Squadra che vince, non si cambia”. John Ridley, creatore di American Crime, sembra aver preso alla lettera la celebre citazione calcistica, e per la seconda stagione della sua serie propone la stessa formula che si è dimostrata vincente per la prima: un cast di qualità, una regia di stampo cinematografico, e una vicenda scomoda per […]

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“Squadra che vince, non si cambia”. John Ridley, creatore di American Crime, sembra aver preso alla lettera la celebre citazione calcistica, e per la seconda stagione della sua serie propone la stessa formula che si è dimostrata vincente per la prima: un cast di qualità, una regia di stampo cinematografico, e una vicenda scomoda per l’america perbenista che la Tv generalista, ABC compresa, solitamente propone. Le differenze sociali e i pregiudizi razziali erano i due grandi temi affrontati nella prima stagione di American Crime, il cui più grande pregio era quello di disorientare continuamente lo spettatore nella ricerca costante del bene e del male; e così il colpevole di un delitto non era necessariamente uno dei cattivi, così come le vittime non stavano sempre dalla parte dei buoni, in un’indagine lunga 11 episodi in cui i pochi indizi e colpi di scena venivano snocciolati in modo calibrato ma deciso, visualizzati all’interno di scene dal forte impatto emotivo e supportati sempre da interpretazioni sorprendenti, un pungo nello stomaco dello spettatore. Felicity Huffman, Timothy Hutton, e Regina King erano allora i tre attori di punta, e qui, ovviamente cambiando ruolo, lo rimangono; Richard Cabral e Lili Taylor invece si scambiano, il primo da personaggio principale passa a ricorrente e la seconda fa il contrario.

American Crime recensione Season two Episode one

Le highschool degli Stati Uniti sono sempre state uno spaccato della società americana capace di estremizzarne le incongruenze: il bullismo, che nel sistema scolastico Statunitense sembra aver terreno fertile più che in altre realtà , si è trasformato in cyberbullismo, e il fantasma delle stragi è sempre presente nei cuori e nelle menti del popolo americano. Quale miglior luogo dunque per ambientare la vicenda della seconda stagione? Le premesse sono le seguenti: una scuola pubblica, una festa, uno stupro ai danni di un ragazzo proveniente da una famiglia tutt’altro che benestante e l’accusa ai danni dei giocatori della popolare squadra di basket che invece benestanti lo sono. Già intravediamo la stretta maglia fatta di pregiudizi e discriminazioni sociali che si intreccerà attorno ai ragazzi del liceo di Leyland e le loro famiglie. Ma ancora una volta la forza di American Crime potrebbe essere altro, ovvero l’indefinito, l’incertezza, la costante sensazione di aver capito da che parte stare che viene smentita ad ogni episodio.

American Crime recensione Season two Episode one

L’episodio si apre con una chiamata al 911, allo stesso modo con cui si apriva il pilot della prima stagione, ma stavolta torniamo indietro, scoprendo le ragioni di quella chiamata. Abbiamo descritto l’antefatto come uno stupro, rimanendo fedeli al personaggio che più di tutti sembra essere mosso da sincera preoccupazione e amore, Anne Blaine, la madre di Taylor, ma il fatto non viene descritto, non ci sono foto esplicite, lo stesso Taylor afferma soltanto che durante una festa gli hanno fatto qualcosa (“…they did something to me”). Lo stupro dunque è in realtà un presunto stupro, per tutto l’episodio respiriamo un’aria di angoscia, sicuri che qualcosa di terribile sia successo alla festa dei campioni di basket, ma la realtà è che non ne abbiamo la certezza: American Crime è iniziato da 40 minuti e non sappiamo ancora che cosa abbiamo di fronte, in un indecifrabile percorso a ostacoli nelle preoccupazioni dei personaggi.

American Crime recensione Season two Episode one

Se i ragazzi a scuola sembrano avere la memoria annebbiata riguardo ai fatti della festa, o più che altro sembrano intenzionati a non parlarne (l’unica che ammette qualcosa è l’amica povera del povero ragazzo aggredito), gli adulti sembrano tutti alquanto decisi nei loro comportamenti: c’è la madre del giocatore più bravo e ricco della squadra, Terri LaCroix, interpretata da Regina King, che sembra già volersi riservare l’odio degli spettatori grazie alla sua estrema competitività che riversa sulle scelte del figlio, poi c’è la preside di Leyland, Leslie Graham (Felicity Huffman), che nella sua estrema gentilezza ed eleganza sembra essere determinata a nascondere lo scandalo della propria scuola per ovvi motivi professionali. Poi c’è l’allenatore della squadra, Dan Sullivan (Timothy Hutton), che per una volta non viene descritto come un cazzone come lo stereotipo richiede e sembra invece attento ai valori dei ragazzi, figlia compresa, e pronto a fare giustizia su quanto accaduto, non senza qualche insicurezza da condividere con la moglie tra le mura domestiche.

American Crime recensione Season two Episode one

Un primo episodio che getta le basi per quella che sembra essere una vicenda scomoda, una partita che si giocherà ancora una volta su livelli sociali differenti, con regole imposte dall’alto che i giocatori cercheranno di scavalcare per ottenere un punteggio utile ai fini di una giustizia che per ora appare senza speranza, almeno fino a quando non si conoscerà la verità, nascosta sotto troppi interessi. In questa stagione di American Crime c’è tutto il peggio del popolo a stelle e strisce, le paure e le ambizioni, lo sporco da nascondere sotto al tappeto; ma anche il complesso rapporto dei genitori con i propri figli, dei professori con i propri alunni, la pesante responsabilità degli adulti verso le generazioni future. Ogni personaggio sembra avere una caratterizzazione già molto forte, e l’andamento lento che la ricerca della verità assume permette di approfondire le contraddizioni di ognuno di essi. La vicenda c’è, gli attori anche, lo stile registico è quello della prima stagione, fatto di inquadrature ravvicinate, primi piani, dettagli, e un montaggio pronto a farsi frammentato per sottolineare la frustrazione dei personaggi. 4 Porcamiseria e mezzo sembrano essere il giusto compromesso per il primo episodio di una serie che parte da basi solide, con una costruzione della narrazione perfetta nel suo incedere dubbioso, ma che deve ancora dimostrare di convincere del tutto anche al di là degli stereotipi.

4.5

 

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