American Crime2×02 Season Two: Episode Two – 2×03 Season Two: Episode Three

John Ridley ha deciso di complicarci la vita quest’anno: nella seconda stagione di American Crime pare che l’eccesso di zelo non dispiaccia, e quindi guai a non inserire il “Season Two:” nel titolo di ogni episodio. Ma il creatore della serie non ha poi tutti i torti, questa scomoda (per noi) e poco intuitiva (per […]

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John Ridley ha deciso di complicarci la vita quest’anno: nella seconda stagione di American Crime pare che l’eccesso di zelo non dispiaccia, e quindi guai a non inserire il “Season Two:” nel titolo di ogni episodio. Ma il creatore della serie non ha poi tutti i torti, questa scomoda (per noi) e poco intuitiva (per tutti) denominazione, comunica fin dal principio l’identità fredda e razionale dell’intera serie, e ne dichiara senza incomprensioni la volontà analitica. Un reportage su una vicenda scomoda in cui però i fatti contano poco, a differenza dei personaggi, come avremo modo di spiegarvi più avanti nel testo.

Sembra proprio che negli Stati Uniti ultimamente vada di moda il tema dell’aggressione sessuale tra studenti. Il primo episodio, come vi abbiamo raccontato, gettava le basi per quella che sembra essere una critica dura verso il sistema scolastico statunitense, incline a insabbiare casi complicati che darebbero alla scuola in questione una cattiva immagine. Lo stesso tema è trattato in The Hunting Ground, film documentario (i più lo conosceranno per la canzone originale di Lady Gaga nominata agli Oscar) scritto e diretto da Kirby Dick riguardante il delicato tema degli stupri avvenuti nei campus universitari per cui non c’è mai giustizia. American Crime in questo senso cavalca l’onda, ma rielabora il tema grazie al suo caratteristico stile narrativo, concentrandosi sulle motivazioni, le scelte, le paure di ogni parte coinvolta.

American crime recensione 2x02 2x03

Going Public

Il secondo episodio della serie finisce esattamente come era finito il primo, o quasi. In una vicenda che definire corale è riduttivo, Anne Blaine, la madre del biondino, sembra ancora essere il personaggio dal quale dipende l’avvio concreto dell’indagine, ovvero della storia. Chiamare il 911 sembra non essere bastato per smuovere le acque dell’opinione pubblica, gli elementi sono ancora troppo pochi, e quelli che ci sono paiono essere molto vaghi. Gli specialisti consultati da Anne sembrano addossare la colpa dell’accaduto unicamente su Taylor, stessa direzione presa ufficiosamente dalla direzione del liceo di Leyland. Cammy Ross è una giornalista dell’Indianapolis Time Herald, Anne decide di affidarsi a lei in un ultimo disperato tentativo di essere presa in considerazione in maniera seria. Chiamando il 911 prima, e accettando la pubblicazione della storia poi, Anne riafferma la propria volontà in maniera decisa e diretta; una doppia dichiarazione d’amore verso suo figlio e verso l’idea di una giustizia concreta, che rendono Anne Blaine, nonostante il suo andamento costantemente disorientato e incerto, l’unica vera eroina dei primi due episodi di American Crime.

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A proposito di opinione pubblica, con l’avvio dell’episodio assistiamo alle dichiarazioni piene d’odio di alcuni cittadini verso Leyland, il liceo privato capace solamente di avvantaggiare ragazzini ricchi e viziati. Non il massimo per Leslie Graham, che come sempre gestisce la situazione con estrema fermezza e tranquillità. Mentre scopriamo che Dan Sullivan, l’allenatore della osannata squadra di basket, si rilassa costruendo modellini di velieri in bottiglia sulle note degli Alabama Shakes, verifichiamo anche che Terri LaCroix è una tipa estremamente simpatica proprio come sembrava dal pilot. Mentre la ricca Terri agisce influenzando il mondo che la circonda – l’episodio dell’incidente e il successivo aiuto chiesto all’amico poliziotto ne è un esempio – il buon Dan ne subisce le decisioni, vedendosi costretto a punire uno dei capitani della squadra come atto simbolico e preventivo rispetto a possibili futuri risvolti della vicenda dell’aggressione a Taylor. L’opposizione tra i due personaggi è evidente anche nell’approccio genitoriale: mentre Dan si da da fare con un tradizionalmente imbarazzato discorsetto sul sesso alla figlia Becca, tra Terri e il figlio Kevin si discute di bracciali da 900$ e classi sociali.

A Rough Boy

Il colpo di scena non è esattamente il punto forte di American Crime, e neanche vuole esserlo. In ogni episodio scopriamo qualcosa di nuovo, quel briciolo di informazione che risulta sempre sufficiente per scatenare la fantasia dello spettatore, che si domanda quale altra bomba lascerà cadere questa volta il contagocce di American Crime. La “bomba” del secondo episodio è che Eric, il ragazzotto che più degli altri identifica il classico bullo della scuola, sembra essere non del tutto eterosessuale.

Ossessionato dall’idea di sembrare il più possibile maschile, condividendo foto di ragazze e rispondendo al padre che no, non comincerà a mettersi profumo e deodorante come le femminucce, Eric in realtà si incontra segretamente con un suo affascinante amico con la scusa delle maschilissime corse in automobile e si lascia andare ad appassionati baci. “You’re just a rough boy, huh?” continua a ripetergli il compagno di limoni, e in questa domanda rassicuratrice c’è tutto il dramma necessario per costruire il personaggio più interessante della vicenda. La mascolinità da esibire a tutti i costi è parte degli impliciti rituali dei teenager, e il bullismo ne è spesso indiretta conseguenza. “I just want to kiss” si ripete Eric, auto-convincendosi che il bacio rappresenti la soglia entro la quale la sua pubblicamente ostentata virilità possa rimanere intatta; il montaggio esprime alla perfezione questo momento di incontrollato blackout, frammentando la scena come probabilmente lo farebbe la mente di Eric.

American crime recensione 2x02 2x03

4

 

Making the Team

Il terzo episodio apre la strada al confronto pubblico, abbandonando la dimensione privata e iniziando ad esplorare l’influenza dei media e dell’informazione sui personaggi. Nonostante Anne si lamenti con la giornalista per la poca incisività dell’articolo, questo fa il suo dovere semplicemente essendo online. La vittima principale è Kevin, il ricco capitano della squadra di basket, che viene citato direttamente. La reazione di Terri la potevamo immaginare, e anche quella di Kevin, che impaurito e in lacrime confessa disorientato la motivazione prevalentemente sessuale della sfortunata festa.

Inaspettata invece è la forte reazione del padre, l’architetto Michael LaCroix, interpretato da André Benjamin che mette da parte i panni del musicista, quando scopre che l’accusa di aggressione viene da parte di un ragazzo. Intanto Taylor si preoccupa di Instagram, di Vine, dichiara di voler cambiare scuola, e la sua ragazza non sembra poterci fare molto; la pubblicazione della notizia ha avuto effetto anche e soprattutto su di lui. I primi e primissimi piani comunicano alla perfezione le paure dei personaggi, ci sentiamo oppressi insieme a loro nelle inquadrature strette, incapaci di vedere in volto per la maggior parte del tempo l’interlocutore secondario di qualsiasi dialogo. Quella della telecamera per i volti sembra essere una vera e propria ossessione in American Crime, quasi a costringerci a guardare in faccia la realtà, senza distrazioni inutili.

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Officially a rape

Il finale del terzo episodio ci regala uno dei momenti più sorprendenti fino ad ora. Come abbiamo detto il colpo di scena non è il punto forte di American Crime, o almeno non lo è dal punto di vista tradizionale: la costruzione lenta e controllata di ogni episodio permette di creare dei momenti topici grazie ad informazioni piuttosto basilari. La chiamata al 911, i baci di Eric, in un’altra serie sarebbero stati raccontati nei primi 20 minuti, American Crime decide di costruirci interi episodi, reinterpretando di fatto il colpo di scena. Nel minuto conclusivo di questo “Season Two: Episode Three” la preside Leslie Graham e gli spettatori vengono informati che il presunto stupro è avvenuto davvero.

Ora, dopo tre episodi, abbiamo la conferma di quella che dovrebbe essere la premessa della storia, e la potenza di American Crime sta proprio in questo: creare tensione drammatica grazie alle reazioni dei personaggi, alle loro emozioni, e non accumulando fatti ed informazioni a non finire (How to get away with murder prendi nota) sovraccaricando la trama di elementi per rendere più coinvolgente la visione. American Crime si spoglia completamente, mette a nudo i suoi personaggi trattandoli come spettatori inconsapevoli, scopriamo tutto attraverso i loro occhi, non esistono ispettori della scientifica che ci aggiornano sui progressi delle indagini, nessuna voce narrante e nessun flashback a raccontarci il passato. Il presente di American Crime è fatto di rivelazioni estremamente calibrate, capaci però di scatenare nei personaggi le più potenti emozioni.

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