American Crime2×05 Season Two: Episode Five – 2×06 Season Two: Episode Six

American Crime è arrivato al giro di boa, al punto di non ritorno. La prima metà della stagione ci ha sorprendentemente colpito per la qualità della narrazione, tutti gli elementi della prima fortunata annata sono rimasti dov’erano, eppure si respira un’aria di rinnovamento: la storia stessa questa volta è sicuramente più intrigante, ma ciò che rende […]

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American Crime è arrivato al giro di boa, al punto di non ritorno. La prima metà della stagione ci ha sorprendentemente colpito per la qualità della narrazione, tutti gli elementi della prima fortunata annata sono rimasti dov’erano, eppure si respira un’aria di rinnovamento: la storia stessa questa volta è sicuramente più intrigante, ma ciò che rende American Crime – Season Two – veramente convincente è la capacità di tenere compatte le sue parti, attraverso una gestione dei tempi e dei personaggi davvero magistrale. Gli episodi centrali confermano queste doti, e ci offrono nuovi punti di vista sulla vita di Taylor e Eric, i due ragazzi protagonisti degli sfortunati eventi da cui tutto ha avuto inizio.

Dopo l’intensa confessione di Eric in ospedale, il quinto episodio parte con la quella di Taylor riguardo i contatti avuti con Eric prima della festa. L’imbarazzo diventa vergogna con la lettura dei messaggi, scabrosi e diretti, mentre il racconto dell’evento assume connotazioni metafisiche per Taylor Blaine, che cerca di spiegare a parole il dolore e le sensazioni provate durante il rapporto forzato. Segue, come in un perfetto processo, la versione della controparte: il racconto di Eric Tanner è molto più pratico, basato sui fatti e non sulle emozioni, e forse è questa la differenza principale tra i due ragazzi, e rispecchia appieno il modo di vivere la propria omosessualità svelata.

“It happened so fast, but it it It took forever to stop” – Taylor

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Il rapporto di Taylor con le due donne a lui più vicine in questo episodio cambia radicalmente: se con Evy è inevitabile la rottura del rapporto, con precedente incazzatura di lei, quello che non ci aspetta è la manifesta preoccupazione del ragazzo verso sua madre. In più di un’occasione Taylor afferma la sua insofferenza riguardo il trattamento ricevuto da Anne, da parte delle autorità e dalla scuola, e dà quindi prova di comprendere il vero spirito combattivo e premuroso della madre, andando oltre la classica situazione da litigio adolescenziale nella quale si rischia sempre di finire in ambito familiare. Con la caduta delle accuse da parte della polizia il primo a tirare un sospiro di sollievo è appunto Taylor, per il quale sarebbe molto meglio passare finalmente oltre e continuare a flirtare coi ragazzi nei bagni della scuola. “I feel more alone now than when this started”, afferma; ora che non può più contare su Evy un po’ di compagnia non gli farà di certo male.

“Is that why you were with me? Am I a boy to you?” – Evy

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Continua l’educazione sentimentale di Becca Sullivan, che dopo le lezioni di sesso dal padre si becca (è il caso di dirlo) dalla madre anche quella sull’essere fedeli, o meglio, sul sentirsi fedeli al partner. L’amore tra i banchi di scuola nel terzo millennio, potrebbe essere questo il sottotitolo della seconda stagione di American Crime, che a quanto pare ha deciso ad approfondirne tutti gli aspetti: le chat digitali, le feste, le bugie, la percezione dei sentimenti tra i ragazzi, il rapporto con il sesso e, ovviamente, con la legalità.

Sul finale di puntata la regia ci delizia con un lungo piano sequenza della performance di danza moderna dei ragazzi della scuola alla serata per la raccolta fondi tanto attesa da Leslie Graham. I corpi scoperti dei ragazzi, maschi e femmine, si toccano in un crescendo ansimante di movimenti, ipnotica la coreografia come ipnotizzati paiono essere gli sguardi della prima fila. Ci sono ovviamente i LaCroix, desiderosi di riscattare il figlio dalle ingiuste (chissà poi quanto) accuse al figlio, ma soprattutto c’è Leslie, che anche in questo episodio non fallisce nella sua decisa strategia.

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“Good job” si sente dire dai colleghi, e quasi verrebbe da dirlo anche a noi tanto riesce ad essere convincente con le sue capacità oratorie; la sua tattica è tutta basata sulla percezione, dell’omosessualità di Eric e del fatto vero e proprio, nessun segno di cedimento nelle sue parole, tutti gli aspetti della vicenda sono estremamente sotto controllo. Leslie rappresenta l’ostacolo insormontabile che le autorità hanno sempre rappresentato per le vittime dei moltissimi casi di abusi sessuali nei college e nei licei statunitensi, la battaglia di Anne Blaine appare veramente senza speranze.

The other boy lied. Ours told the truth. – Leslie

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Il sesto episodio si apre con Eric che va a farsi due tiri a canestro per fuggire dagli sguardi del fratellino, che è un misto di delusione e rabbia, mente il coach Dan Sullivan, con parole incerte, cerca senza successo di preparare la squadra ad accogliere il ragazzo. Il commento del giocatore biondino è il perfetto simbolo di un’ottusità omofoba che continua ad accecare troppa gente. Si preannuncia una puntata dura.

“This can be handled. It just…it can”. Queste le parole di Leslie Graham all’avvocato della scuola, per la prima volta messa alle strette per la discussa decisione di riammettere Eric a scuola cercando di far accettare il suo comportamento e dal rifiuto di Anne ad accettare un patteggiamento. Cosi come Taylor cerca di accettare la sua situazione scrivendo le proprie sensazioni su un diario su consiglio dello psicanalista, allo stesso modo i genitori di Eric dovrebbero accettare il figlio per quello che è. Il discorso di Eric in palestra è una pura formalità, quello vero lo pronuncia davanti allo scrittore chiamato da Leslie allo scopo di far girare gli eventi a proprio favore, ma purtroppo non riesce con la stessa convinzione a gridare le proprie ragioni agli ex-amici, subendo ogni situazione in comune.

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L’unica nota stonata, l’unica cosa che non riusciamo a capire, è l’utilità della faccenda latina. Nella prima stagione c’erano bianchi, neri, e messicani, per non farsi mancare nessuna delle parti fondamentali della discriminazione razziale che è sempre stata parte della storia statunitense; in questa stagione la volontà di approfondire gli altri aspetti delle disuguaglianze sociali in maniera non ripetitiva (le istituzioni private, l’omosessualità) ci era subito piaciuta, ma con la protesta dei ragazzi ispanici American Crime rischia di cadere nella sua stessa trappola. Sentirsi in obbligo di trattare la tematica razzista non è sicuramente una scelta coerente per uno show che cerca di smarcherarne i meccanismi: come le quote rosa in parlamento ecco la storyline latina in American Crime, per ora del tutto evitabile e slegata dal resto della storia, ma speriamo di ricrederci con i prossimi sviluppi.

Molto altro succede: rivediamo Richard Cabral in un ruolo tutto da scoprire, conosciamo il padre di Taylor e la sua barba, e Terri LaCroix si rende protagonista di uno sfogo che irrita lei prima di tutti. Ma il meglio, ovvero il peggio, arriva come sempre sul finale di puntata. Se la prima imboscata, quella dei ragazzi della squadra di basket e di Eric, ai danni del povero Taylor, è ben anticipata e prevedibile nelle intenzioni e nelle conseguenze, la seconda, quella che il padre di Kevin prepara ai danni di Anne, è la più preoccupante. Le cose si fanno serie quando la paura genera violenza, e si può tranquillamente dire che tutti i personaggi di American Crime hanno paura di qualcosa, in quello che sembra un tunnel di cui non riusciamo proprio a vedere la fine.

4.5

 

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