American CrimeSeason 1 Recap

Season Recap È un incubo diffuso e ricorrente. Essere svegliati in piena notte da una telefonata che annuncia brutte notizie. Una sciagura toccata ai nostri cari, un furto a casa mentre siamo lontani, un debitore che reclama il saldo di conti in sospeso. È un’angoscia così profonda che non si può che simpatizzare immediatamente con Timothy Hutton, […]

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È un incubo diffuso e ricorrente. Essere svegliati in piena notte da una telefonata che annuncia brutte notizie. Una sciagura toccata ai nostri cari, un furto a casa mentre siamo lontani, un debitore che reclama il saldo di conti in sospeso.

È un’angoscia così profonda che non si può che simpatizzare immediatamente con Timothy Hutton, quando, all’inizio del primo episodio della prima stagione di American Crime, viene tirato giù dal letto perchè è accaduto qualcosa di brutto a suo figlio. È la polizia di Modesto, piccola cittadina californiana in cui il ragazzo vive con sua moglie, a comunicargli la notizia. Il nostro protagonista viene catapultato su un aereo, e da lì, scortato dalle forze dell’ordine locali, all’obitorio, dove gli toccherà procedere al riconoscimento del primogenito Matt, maggiore dell’esercito, ucciso barbaramente dai ladri in un tentativo di rapina finito male. Assistiamo impotenti e costernati al pianto dirotto di un padre dai vezzi ancora giovanili (i capelli lunghi ma ormai grigi che fecero di Hutton un idolo delle teenager negli anni Novanta) e vorremmo abbracciare Russ Skokie per rassicurarlo della nostra vicinanza, ma il mezzo ce lo impedisce. Perciò lasciamo l’incombenza all’ex-moglie Felicity Huffman (Lynette di Desperate Housewives), giunta poco dopo in California per completare un quadretto familiare tutt’altro che edificante.

Scopriamo che la famiglia Skokie è andata in frantumi diversi anni prima, travolta dalla dipendenza del marito dal gioco d’azzardo e dal rancore della moglie. Barbara ha dovuto crescere due figli da sola in una periferia malfamata, barcamenandosi come poteva, e sviluppando per questo una diffidenza, se non un odio vero e proprio, per tutto ciò che minacciava la sua sicurezza. Per questo, quando si scopre che il possibile assassino di suo figlio è uno spacciatore di colore, la signora dà sfogo alle amarezze e alla rabbia accumulati nel corso degli anni, risultando in diversi passaggi un’autentica razzista.
American Crime è un giallo atipico, che parte da un delitto iniziale e controverso ma che presto abbandona la strada dell’indagine per concentrarsi sulle vicende personali dei personaggi. È un ritratto dell’America profonda, come si dice ogni volta che un film o un’inchiesta giornalistica mostra il lato sofferto degli Stati Uniti, un racconto che va al di là della patina di Coca-Cola, Hollywood e Sex & The City. American Crime è soprattutto un racconto di storie sbagliate, persone sole abbandonate al loro destino, in una società che in nome delle grandi opportunità non si preoccupa di dare una mano al prossimo.

Vale per Russ e Barb Skokie, perseguitati uno dallo spettro dei propri errori passati e l’altra dal fardello dei propri doveri di madre. Vale per Alonzo Gutierrez, carrozziere messicano vedovo, che un giorno scopre come la disciplina ferrea non sia sufficiente per crescere due figli in modo adeguato. Suo figlio Tony si troverà coinvolto ingenuamente nelle indagini sull’assassinio di Matt Skokie, e in un crescendo di errori e incomprensioni, la situazione della famiglia, che faticosamente stava costruendo la sua serenità in territorio americano, precipiterà vertiginosamente. Vale per Aubry Taylor, figlia adottiva bianca e viziata che trova la sua pace soltanto nel crack e nel cullare il sogno irreale di una vita con il suo uomo di colore. L’illusione di una vita insieme su una spiaggia si scontrerà con la realtà delle differenze e dei conflitti razziali che corrono sotto la pelle di Modesto. A nulla servirà collezionare le pagine strappate di una rivista su cui risplendono i due modelli che rappresentano il suo ideale di coppia.

A fare da paladina dei musulmani di pelle nera sarà Doreen, sorella di Carter Nix (il fidanzato di Aubry). Convertita all’Islam, ha preso il nome di Aliyah, e ritiene che solo la mobilitazione della comunità musulmana di cui fa parte possa contribuire alla liberazione di suo fratello (Carter è infatti lo spacciatore accusato della morte di Matt Skokie). Lo scontro frontale con la comunità di bianchi con alla testa Barb Skokie creerà tensioni e conflitti, in una delle scene più interessanti di tutta la serie.

John Ridley, il regista, di conflitti razziali se ne intende. È stato sceneggiatore di 12 Anni Schiavo e di Willy, il Principe di Bel Air. Ad American Crime ha regalato una grande regia e un plot basato su dialoghi lunghi. L’azione è limitata e l’indagine implicita. La verità emerge dalle conversazioni tramite cui i personaggi confessano i problemi e le angosce che li perseguitano. D’altronde a Ridley, più che costruire un giallo, interessava realizzare una storia in cui far emergere uno spaccato di società a stelle e strisce. American Crime si pone nella scia di Rectify, a cui assomiglia molto, sia stilisticamente che per buona parte dei temi trattati (la sofferenza e la solitudine dei protagonisti, il ritratto di un’America sconosciuta e di provincia).

Poco dopo l’inizio traumatico della serie, si scoprirà che non solo Matt è morto, ma che sua moglie è stata violentata ed è adesso in coma. I racconti di coloro che hanno conosciuto i due ragazzi riveleranno un ritratto non certo edificante delle vittime, e dimostreranno che nessuno, in quest’angolo misconosciuto dell’America, qualunque sia il colore della pelle, qualunque sia il suo gruppo di appartenenza, può dirsi senza peccato.
American Crime è stata rinnovata per una seconda stagione. Trattandosi di una serie antologica, come va di moda adesso (True Detective e Fargo gli esempi più popolari), nella seconda stagione racconterà una storia completamente diversa. Per rafforzare il concetto, la produzione ha già annunciato che buona parte del cast è stato scritturato anche per la nuova stagione, e sarà impiegato in ruoli diversi da quelli interpretati nei primi undici episodi.

4.5

 

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