American Gods2×06 Donar The Great

Dopo tanti brutti episodi ne arriva uno che mostra sprazzi di ciò che American Gods dovrebbe essere ogni settimana. Sarà sufficiente a risollevare una stagione generalmente pessima?

7.3

Troppo tardi? È questa la prima domanda che ci nasce dopo la visione di un episodio di American Gods come Donar The Great, che riesce a trovare una narrativa funzionante e a donare allo spettatore un buon numero di emozioni, a scapito però dell’intera trama orizzontale.

Se una puntata come questa fosse stata proposta a inizio stagione o si fosse incastonata in una sequenza di episodi organici, completi e soddisfacenti, in questo momento potremmo solo confermare la qualità dell’insieme e soffermarci esclusivamente sull’impatto di quanto visto: purtroppo, col finale sempre più vicino la situazione è diversa e il risultato è una dicotomia tra la soddisfazione relativa al singolo episodio e la frustrazione legata alla serie nel suo insieme.

Gli sceneggiatori giocano un po’ sporco, con Donar, e mettono in scena una vicenda che nel romanzo viene accennata solo di sfuggita: la vita (e la morte) di niente di meno che Thor, il Dio del Tuono (Donar è, con poca fantasia, il suo nome in tedesco antico). Diciamo che si gioca un po’ sporco, perché Thor non è un personaggio su cui Neil Gaiman abbia mai amato soffermarsi particolarmente, preferendogli lo stesso OdinoLokiBalder. Basti prendere in mano la rappresentazione grottesca che ne dà in Sandman per rendersene conto, considerando anche che quella è di sicuro molto più fedele rispetto alla visione eroica di casa Marvel.

Nel romanzo originale, Thor viene citato di sfuggita, raccontando del suo suicidio avvenuto a Philadelphia nel 1932: Donar The Great in sostanza racconta ciò che portò a quel suicidio e, per farlo, crea uno spettacolo visivo e musicale notevole, in cui lo spettatore viene trasportato nell’America prima della guerra, con tanto di rappresentazione di Columbia, il simbolo degli USA prima che Miss Liberty la soppiantasse.

Il Thor messo in scena non ha quasi nulla, se non forse la tinta della barba, a che vedere con quello immaginato da Gaiman in Sandman ed è una versione in un certo senso realistica del personaggio che siamo abituati a vedere altrove: questa scelta funziona in modo sensato nel contesto della storia che si voleva raccontare, ma può far storcere il naso ai fan dell’autore.

Donar è, in un certo senso, uno dei pochi Dei rimasti puri nel Nuovo Mondo. Innamorato di Columbia e desideroso di avere una vita piena, rimane incastrato e vittima delle macchinazioni di Odino, ancora più freddo e manipolatore di quanto siamo abituati a vederlo nel presente. Pur non avendo una bussola morale applicabile – scordatevi i concetti di giusto sbagliato quando parlate di divinità – Thor/Donar non è disposto a qualunque cosa come invece il padre: il contrasto tra i due porterà alla separazione dei rispettivi percorsi, con un Odino inebriato dal potere potenziale incapace di tenere stretto a sé il figlio e Donar che riconosce troppo tardi le manipolazioni di Grimnir per poter rimediare, gettandosi così in una spirale discendente che lo porterà al suicidio, l’unica morte da cui gli dei non possono tornare.

Com’è possibile che Thor sia morto? Voglio dire, è Thor! Lo conoscono tutti!

L’episodio si svolge per buona parte nel passato per mezzo di flashback posti a qualche mese di distanza l’uno dall’altra, a mostrarci il modo che Odino e altri Dei, tra cui Nancy, avevano trovato per sostenersi grazie a un numero minimo di fedeli: il burlesque, lo show-business, con il futuro Wednesday nel ruolo di anfitrione e gestore, mentre i Nuovi Dei erano ancora troppo giovani per essere considerati una minaccia.

Un po’ a sorpresa incrociamo così Technical Boy, quando ancora il suo ruolo era in fase crescente e le fazioni non erano ben definite. Se nell’era moderna la sua area di dominio è diventata immensa, negli anni ’30 cominciava a porre le basi a partire da quel telefono che non troppo simbolicamente viene posto al suo tavolo.

Ciò, però, che più interessa è il suo accaparrarsi Columbia promettendole di renderla qualcosa di più potente: non è così folle immaginare una sua ricostruzione e trasformazione in Media e, ora, in quella New Media che difficilmente riusciremo mai ad apprezzare.

Uno spettacolo visivo e musicale notevole, in cui lo spettatore viene trasportato nell’America prima della guerra

L’intero episodio è un viaggio nel rimorso di Odino, chiuso dallo straziante pezzo cantato sul finale, che ci pone nei confronti del padre-di-tutto in uno stato d’animo controverso: l’empatia che proviamo verso il suo dolore e la perdita causata dai suoi errori non può far dimenticare la sua essenza di egoista manipolatore che non è cambiata nonostante il passato; è evidente la specularità delle sue azioni passate rispetto a quelle nei confronti di ShadowLaura, tanto per citare i più evidenti. Il dolore per errori che non hanno portato a un cambiamento è fine a se stesso e viene svilito nella sua natura, una colpa che risiede interamente sulle spalle di Wednesday.

Brilla, neanche a dirsi, l’interpretazione di Ian McShane, che in una situazione narrativa come questa riesce a dare il meglio di se stesso.

Sul fronte del tempo presente ci tocca tornare coi piedi per terra. A parte gli agganci necessari al richiamo dei flashback non avviene sostanzialmente nulla, se non una truffa volta a recuperare un giubbotto di Lou Reed e l’incisione delle rune sulla lancia di Odino, a sua volta distrutta proprio nell’ultimo scontro con Thor negli anni ’30.

Il focus sui Nuovi Dei è sconclusionato, poco interessante e, sopratutto, irritante quando arriva a New Media; possiamo sembrare ripetitivi, ma la resa del personaggio è pessima sia sotto il punto di vista narrativo che sotto quello della realizzazione pratica. Non aiuta poi la recitazione di Crispin Glover, la cui rappresentazione di Mr. World inizia a diventare eccessivamente sopra le righe.

Il dolore per errori che non hanno portato a un cambiamento è fine a se stesso e viene svilito nella sua natura

Come dicevamo all’inizio, la pecca principale di questo episodio è di essere giunto in un momento così delicato per la stagione: dopo cinque puntate con ben poca sostanza, un episodio di qualità non aiuta sicuramente a risollevare la serie e, anzi, finisce per irritare a causa delle occasioni perse. Quando si ha una trama orizzontale che funziona ed è ben ritmata, una puntata come questa può essere un affascinante excursus nella mente di un personaggio, ma se la situazione è quella in cui ci troviamo si finisce per avere l’impressione di trovarsi davanti a un filler. Bello, incartato e progettato bene, ma pur sempre un filler.

Un’ultima nota. Uno degli aspetti che più stonano nella serie rispetto al materiale di origine è il suo essere esplicita. Nel romanzo i personaggi sono molto più spesso accennati che citati esplicitamente, anche quando la loro identità è ormai evidente, tanto che per molti l’identità di Shadow è stata motivo di dubbi per un certo lasso di tempo. Nella serie, invece, dopo gli inizi ci troviamo ad avere i nomi e l’aspetto degli Antichi Dei dati in pasto senza alcun filtro: si pensi alla scena della giostra dei primi episodi ma anche allo scontro tra Odino e Thor in questo. Giocando così allo scoperto, il continuare a mantenere in sospeso l’identità di Shadow (che non diremo per evitare potenziali spoiler, sempre che si riveli la stessa del romanzo) e quella di Mr. World (stesso discorso) rende il pathos più forzato e, per questo, meno efficace.

Chi ha letto il romanzo sa, chi non ha letto – nonostante i nostri scrupoli – potrebbe facilmente scoprire: è opinione personale di chi scrive che tanto valga dirlo e giocare con la verità nuda e cruda, dato che veli sfumature sono stati abbandonati da tempo.

Cosa ci aspetta ora? Difficile a dirsi. In teoria questa è la fase della produzione in cui il nuovo showrunner era già stato allontanato, per cui potremmo azzardarci a sperare in altri due episodi di qualità similare a Donar, ma non vogliamo illuderci troppo e, soprattutto, vogliamo comunque augurarci che ci sia qualche avanzamento serio nella trama, senza arrivare a situazioni alla The Walking Dead in cui non avviene nulla fino agli ultimi 10 minuti del season finale.

  • 7.5/10
    Storia - 7.5/10
  • 7/10
    Tecnica - 7/10
  • 7.5/10
    Emozione - 7.5/10
7.3/10

Summary

Episodi come Donar dovrebbero essere il punto di partenza e non l’apice di una serie come American Gods. Un buon episodio arrivato forse troppo tardi per salvare la stagione.

Porcamiseria

7.3

Episodi come Donar dovrebbero essere il punto di partenza e non l'apice di una serie come American Gods. Un buon episodio arrivato forse troppo tardi per salvare la stagione.

Storia 7.5 Tecnica 7 Emozione 7.5
Scopri di più sui Porcamiseria

Ti è piaciuto l'episodio?

like
0
Mi è piaciuto
love
0
Tutto!
haha
0
Divertente
wow
0
Porcamiseria!
sad
1
Meh...
angry
0
Che schifo

Commenta l'articolo

Simili a American Gods