American Horror Story: Cult ha cambiato finalmente marcia. Ma attenzione: una puntata dinamica come Neighbors from Hell, ricca di inquietudine e crudeltà, non rimane esente da critiche pesanti causate da una struttura narrativa zoppicante e poco attenta al metodo.
Pur dovendo ammettere il surreale che permea storie come quella di Cult, con escamotage tipici di film horror di bassa lega, tra cui spicca il comportamento come minimo controintuitivo di Oz – in balìa degli eventi o catatonico, da perfetto deus ex machina – certi dettagli contraddittori saltano comunque all’occhio e strappano ciniche risate allo spettatore.
I due grossi e inspiegabili buchi nella narrazione riguardano Kai e la sua capacità di fermare le folle inferocite – potrebbero essere figuranti d’accordo con lui, ma è tutto troppo plateale per non farci venire dubbi – ma soprattutto coinvolgono i nuovi vicini e la loro deriva out of character, ammesso che di character ce ne sia mai stato uno: tutto portava a pensare che la coppia fosse il ritratto del repubblicano medio, tra razzismo malcelato, ossessione per le armi da fuoco ed eteronormatività, laddove vivere appieno l’omosessualità non è ammissibile; invece, la coppia reagisce imbufalita contro Ally, contravvenendo a questo implicito vademecum, non lodandola per aver protetto la sua proprietà.
Gli assetti cambiano, nuove persone stringono il mignolo con Kai, in un’alleanza che accerchia la famiglia di Ally e Ivy fino a togliere il respiro. Iniziamo a dubitare persino della buona fede del Dott. Vincent, che tuttavia non ha fatto mai nulla per far muovere l’ago della bilancia delle sue alleanze. Il loro è un matrimonio schiacciato dalle fobie di Ally e dalle reali persecuzioni di cui sono vittima, nell’assurdo narrativo secondo il quale un mezzo bacio con Winter porti a reazioni incontrollate più della scoperta di una telecamera nascosta in casa.
Il disegno generale di Cult, in tutto questo bailamme, è ancora fumoso, e si ha la sensazione che diverse carte importanti debbano essere giocate. Nonostante sembri tutto ancora semi-introduttivo, Neighbors from Hell ci regala, nella sua confusione, momenti di emozione palpabili, ridestando il nostro interesse dopo due episodi iniziali abbastanza soporiferi. A cogliere nel segno è il risveglio della fobia apparentemente domata, non più frustrante come nel caso di Ally – fortunatamente le urla di Sarah Paulson hanno lasciato spazio, per la protagonista, a uno sconforto più sottile -, bensì sotto la nuova disturbante luce dell’opening, in cui la paura colpisce all’improvviso, travolge e uccide.
American Horror Story porta avanti questa stagione abbondando in violenza e terrore, ma i mezzi che utilizza per far procedere la trama sono discutibili e privi di mordente. Rimane la sensazione che ci sia molto altro da svelare e Neighbors from Hell, pure nei suoi evidenti difetti di fabbricazione, riesce perlomeno a intrattenerci, a differenza dei disastrosi episodi precedenti.
Porcamiseria
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Storia - 4/104/10
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Tecnica - 7/107/10
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Emozione - 8/108/10
In Breve
Dopo due terribili episodi d’esordio, American Horror Story: Cult si sveglia dal torpore e regala terrore, violenza e crudeltà pronti ad intrattenerci. A farne le spese, sfortunatamente, è la coerenza della narrazione, costretta ad espedienti surreali e deus ex machina a malapena tollerabili.
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Dopo due terribili episodi d'esordio, American Horror Story: Cult si sveglia dal torpore e regala terrore, violenza e crudeltà pronti ad intrattenerci. A farne le spese, sfortunatamente, è la coerenza della narrazione, costretta ad espedienti surreali e deus ex machina a malapena tollerabili.
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