Nonostante il giro di boa un po’ difficoltoso, Ash Vs Evil Dead recupera senza nessuna difficoltà ed inanella altri due ottimi episodi.
La regia torna ad essere più sicura e più aderente allo stile originario, i personaggi cominciano a prendere realmente forma, ed ancora una volta ci troviamo in location completamente diverse in cui il trio lascerà la propria firma: sangue, budella e qualche deadite.
Demoni e sciamani hanno il loro fascino, ma volete mettere qualche uomo sventrato e la buona e vecchia Militia del Michigan?
La serie si è subito affrettata a smentire la perdita di smalto dando allo spettatore ciò che ha sempre voluto: splatter, battute nonsense e un Ash pseudo Casanova.
Se ci si aspettava delle smancerie, i due prescelti sarebbero stati Pablo e Kelly, ma con sorpresa invece la scintilla scocca fra Fisher e Ash. Un azzardo un po’ affrettato ma che funziona nel finale se non si considera il percorso, nullo, con cui ci si è arrivati. Il personaggio di Jillie Marie rimane ancora troppo debole, scialbo, senza una direzione e questo va ad incidere sul resto del cast.
Si sperava potesse riuscire a rinsaldarsi con l’unione con Ruby, ma le due non hanno avuto granché modo di interagire e subito Fisher è saltata dall’altro lato unendosi al trio.
Non che sia antipatica né noiosa, sicuramente la sua aria un po’ naïve nel rapportarsi con Ash fa scappare qualche risolino, ma è un personaggio che non è riuscito a creare un collegamento con lo spettatore, né a ritagliarsi un ruolo.
Ash Williams è l’eroe, Pablo e Kelly gli aiutanti, Ruby l’antagonista e Fisher? Non è la principessa da salvare, né il cavaliere che salva la situazione in extremis.
Il gioco della friendzone fra Pablo e Kelly è invece ben riuscito, non forzato ed equilibrato. Dana DeLorenzo e Ray Santiago mantengono lo show fresco, sono lì a simboleggiare la gioventù e l’ingenuità.
Loro sono i protagonisti della scena più bella di questi due episodi, quella del pick-up, nella quale come di consueto Pablo subisce il trattamento di bellezza Bathory, ricoprendosi di sangue dalla testa ai piedi.
Ray Santiago in particolare è riuscito ad inserirsi nello show in modo notevole, Pablo è un personaggio buono ma tendenzialmente un perdente. Diventato il nuovo “brujo”, cerca di ritagliarsi un posto e acquisire le qualità necessarie per impressionare la donzella di turno. Difficile fra le mille sfumature non trovare qualcosa con cui potersi identificare.
La scena del pick up sancisce definitivamente il ritorno ad uno splatter più predominante, Michael Hurst ha fatto decisamente un ottimo lavoro alla regia cominciando in “The Killer of Killers” e dandoci la conferma definitiva nel settimo episodio “Fire in the Hole”, scritto da Ivan Raimi, Sean Clements e Dominic Dierkes (quest’ultimi sceneggiatori rispettivamente del secondo e terzo episodio) dove Hurst dimostra appieno di saper ispirarsi a Sam Raimi, dando una continuità alla saga, ma senza ammiccarvi continuamente.
Notevoli la scene nel bunker e quelle dell’affettatrice che congiungono perfettamente l’ottima regia e sceneggiatura.
Come sempre non mancano i riferimenti all’Armata delle Tenebre, con lo scheletro che attacca Ruby, disegnato con un rimando chiaro al terzo episodio della saga.
Gli effetti speciali continuano ad essere sempre sul filo sottile che separa il genio e la brutta CGI. Il modo in cui viene usata la computer grafica è un particolare che può piacere o meno, ma che riesce a coniugare, da un lato, la necessità di mantenere uno stile brillante – togliendo un po’ il gore e rendendolo digeribile a tutti – e, dall’altro, il bisogno di tenere basso il budget rimanendo pur sempre una serie tv con i suoi limiti. Nonostante ciò, i restanti effetti speciali sono di pregio, a dimostrazione di una predilezione per le tecniche più classiche.
Ruby, dopo un primo finale incerto – ma non troppo – risorge dalle ceneri, facendo di colpo alzare la temperatura e lanciando un infuocato dibattito sulle proprie – o presunte proprie – grazie al vento.
La figlia del Professor Knowby continua ad intrigare, mostrando chiaramente come laggiù la conoscano molto bene, addirittura il deadite di Brujo le dà della traditrice. Perché? È plausibile realmente una sua correlazione con i Dark Ones?
A soli tre episodi dalla fine, ben presto le carte saranno scoperte e su di lei possiamo puntare il carico da cento.
Soprattutto considerata la scena finale del settimo episodio, con la Evil Hand che trotterella allegra verso lo chalet e il sole che tramonta sulle note di Time Has Come Today dei The Chambers Brothers, la musica dona un tocco psichedelico, quasi a ricordarci del viaggio lisergico di “Brujo” e la scomparsa di Ash. L’intuito ci porta assieme ad Ash verso “il posto dove tutto è cominciato”: lo chalet.
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