Secondo la teoria economica, il cosiddetto “paradosso dei costi irrecuperabili” è il pensiero secondo cui un ulteriore investimento è giustificato dal fatto che le risorse già investite verrebbero altrimenti perse, senza considerare le potenziali ingenti perdite dovute a tale ulteriore investimento. È in buona sostanza l’applicazione del detto “fatto 30, facciamo 31”, senza considerare che fare 31 potrebbe portare a conseguenze addirittura peggiori rispetto all’arrendersi al 30. Per Jimmy, la scelta è tra ammettere l’infrazione compiuta a casa di Chuck e venire radiato, oppure continuare a lottare e potenzialmente finire incarcerato e radiato. Chuck ha messo il fratello con le spalle al muro, e per Jimmy la questione è risolvibile solo seguendo la sua propensione al rischio.
Il futuro Saul Goodman non è l’unico a trovarsi davanti a scelte dicotomiche, poiché anche Mike si trova nella stessa posizione, messo alle strette da Gus Fring, il quale chiarifica sin da subito che il suo rapporto con Hector Salamanca è più di rivalità che di collaborazione. Sostanzialmente, a Gus fa comodo la presenza di Hector, ma allo stesso tempo è meglio per lui che il business di Salamanca non decolli. E a Mike mettere i bastoni tra le ruote a Hector sta iniziando a piacere.
Il cold opening dell’episodio è proprio relativo a Mike e all’ascesa di Fring: il paio di sneakers rosse piene di droga lanciato sui cavi dell’alta tensione, abile piano architettato per minare il contrabbando di Salamanca, sarà nello stesso posto anche a distanza di anni, quando i camion di Regalo Helado saranno sostituiti dall’egemonica Los Pollos Hermanos. È questa un’ulteriore dimostrazione di stile impeccabile di Vince Gilligan e Peter Gould, che ci ricordano che anche in Better Call Saul ogni dettaglio è importante, dal primo all’ultimo secondo dell’episodio.
L’altro dettaglio registico prezioso è la sequenza dedicata a Kim e alla sua immersione completa nel lavoro: è un avvocato instancabile, dorme in ufficio, sveglia e doccia in palestra e dritta di nuovo su Mesa Verde, un close-up dietro l’altro, uno zoom dietro l’altro, a ritmo serratissimo. Kim vuole la sua parte di responsabilità nel pasticcio commesso da Jimmy, nonostante ne sia estranea; Jimmy fa di tutto per tagliarla fuori, preferendo difendersi da solo, dopo l’umiliante iter a cui è stato sottoposto dal fratello. Alla fine la coppia collaborerà, ma chissà a quale prezzo per l’innocente Kim.
Chuck in tutto questo ha il coltello dalla parte del manico. Lo scambio di battute sul ciglio della strada fa sempre di più sperare che la fine per Chuck arrivi come predetto da Jimmy: in solitudine, attaccato a macchinari che non faranno altro che condurlo alla morte; ancora peggio, durante il dialogo con la procuratrice Hay per valutare come perseguire Jimmy, Chuck prende in giro anche noi, che per un istante speriamo molli la presa.
Con “Sunk Costs”, Better Call Saul ci offre una puntata interlocutoria, ma impeccabilmente costruita. Tutto si ridurrà alla discesa negli inferi metaforici di Albuquerque da parte di Jimmy e Mike, ciascuno con i suoi alleati e i relativi progetti di vendetta. Ciò che farà la differenza sarà come la storia verrà raccontata, ma con Vince Gilligan e soci non si potranno che dormire sonni tranquilli. 4.5 Porcamiseria su 5.
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Alcune Osservazioni
- Questa settimana l’inquadratura migliore è nostalgica, e ce la offrono Jimmy e Kim, che condividono lo spazio di una sigaretta insieme, come ai vecchi tempi.
- Gus è uscito praticamente subito allo scoperto con Mike. L’esperienza lo renderà sicuramente più cauto durante il periodo di Breaking Bad.
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