Black Mirror4×02 Arkangel

E se i vostri genitori avessero potuto sapere tutto di voi e controllare la vostra vita con un click? Con Arkangel, Sara vivrà in bilico tra il mondo edulcorato della madre, vittima delle proprie paure ancestrali, e un'oscurità recondita che prenderà forma, nel suo ultimo atto di rivolta.

7.0

Dal più quotidiano degli scenari, una bimba che si perde al parco, prende avvio il delirio nevrotico di una madre che nell’illusione di poter controllare tutto, distruggerà la propria famiglia. Arkangel, diretto da Jodie Foster, è l’estrema rappresentazione dell’eccessiva protezione dei genitori di oggi nei confronti dei figli, mai educati al fallimento, bensì intrappolati in una campana di vetro.

Attraverso un tablet sincronizzato con un chip impiantato nel cervello di Sara, sua madre può conoscere in ogni istante i suoi spostamenti, controllare i suoi fattori vitali e soprattutto può censurare tutti gli aspetti negativi della realtà, rendendo l’ambito sociale di Sara un paese dei balocchi tanto fallace quanto pericoloso. Filtrando continuamente la percezione della realtà, Sara durante l’infanzia non sviluppa tutte le sue potenzialità cognitive e non esplora tutta la gamma di emozioni, che definisce la fisionomia caratteriale di ciascuno.

Non conosce il dolore, la tristezza, la paura, la riluttanza. Invece di insegnarle ad affrontare le proprie paure, come un cane sulla via di casa, l’ostacolo viene neutralizzato. Invece di farle esprimere il dolore per la perdita del nonno, le viene impedito di sviluppare quell’intelligenza emotiva che ci rende empatici e che delinea la nostra individualità. Sara non ha potuto incanalare le proprie emozioni verso un fine produttivo, in quanto non le conosceva.

Non riesce a controllare gli impulsi, regolare i propri stati d’animo e sviluppare il problem-solving, in quanto la madre cancella ogni situazione di difficoltà, reprimendo proprio quella curiosità e quel background emotivo che è il motore del nostro Io. Tutto questo per l’illusione di preservare la figlia da ogni negatività, per le insicurezze di una madre che, sin dal momento del parto, rivela un disturbo ossessivo/compulsivo, evidente nell’estenuante routine della sua quotidianità.

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Nel momento in cui Sara apprende dai suoi compagni di scuola, non sottoposti alla sperimentazione Arkangel, un nuovo mondo, meno etereo e più temibile e per questo più affascinante, il suo desiderio di avere una visione globale del proprio contesto fa emergere tutte le conseguenze nefaste del chip. Solo di fronte alla morbosa, ma prevedibile autolesione di Sara, Marie si impone di spegnere Arkangel, lasciando Sara libera di cadere e sbagliare e concedendole, per la prima volta, il libero arbitrio.

Per la prima volta senza nessun filtro, nessuna guida, nessun controllo, Sara inizia a creare la propria singolarità e durante il periodo adolescenziale sviluppa proprio il lato della personalità che le era stato censurato. Attratta da ciò che più è oscuro, esposta alla perversione per quel desiderio di disubbidienza, nato come reazione alla torre di controllo della madre, Sara vive la propria adolescenza in modo sì estremo, ma in linea con il cliché della teenager. Una fuga d’amore, il desiderio d’eccedere e di evadere, i segreti con la madre sono, infatti, gli elementi basici di qualsiasi paradigma adolescenziale.

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Ora, immaginate se i vostri genitori avessero avuto un posto in prima fila a tutti i vostri sbagli, a tutte le bravate e a tutte le vulnerabilità a cui, in quel processo particolare che è la scoperta di se stessi, siete stati esposti. Ed è proprio ciò che succede a Sara, quando Marie, vittima delle proprie fragilità, riattiva Arkangel, togliendo alla figlia la possibilità di scelta e la libertà d’azione. Il tutto porterà a conseguenze irreversibili, con il tentativo di ribellione di Sara che, senza inibizioni, darà sfogo a quell’oscurità che la madre ha cercato sempre di nascondere, in un modo angelico, ma mendace.

Con un’efficace struttura ad anello ed una fotografia eccellente, l’ultima scena dell’episodio è connessa con l’incipit. La disperazione di Marie nel perdere sua figlia, che era stato l’evento scatenante di Arkangel, si ripresenta in forma noir e tragica. Con i segni del tablet rotto sul suo viso, con il rosso vivo del sangue sugli occhi, Marie urla per l’ultima volta il nome di Sara, ormai fuori per sempre dal suo raggio d’azione.

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L’estrema rivolta di una vittima contro il proprio carnefice suggella la tragicità di una pedagogia futuristica che rende la protezione di una madre verso una figlia un concetto deviante e che dà ampio sfogo alle isterie e alle ipocondrie di chi è genitore. Security, peace of mind, protected, slogan di Arkangel, sono concetti che si caricano di inquietudine e delirio, nel momento in cui sono realizzati attraverso la tecnologia.

Per quanto Arkangel abbia come focus un tema particolarmente attuale e toccante, la parabola di Marie e Sara è troppo apertamente didascalica e prevedibile. I vari schemi psicologici, che si innescano dal momento iniziale del parto, sono talmente intuitivi e attesi che rendono la sequenza narrativa priva di un ritmo cadenzato, di un climax tematico, di un effetto sorpresa.

Il plot building si intuisce chiaramente e il finale edulcorato, non in stile Black Mirror, conferma un tipo di narrazione scolastica. Eccellente, invece, la regia di Jodie Foster. Il ritmo dell’altalena e della passeggiata mattutina che scandiscono la crescita di Sara, la ricostruzione noir dell’incipit negli ultimi minuti dell’episodio, la scena del parto dall’alto che riflette la paura spettrale di Marie e che individua nel sangue un indizio del finale e un fil rouge dell’intero episodio, il minimalismo della clinica rinviano ad un cromatismo simbolico e ad un linguaggio metaforico ben costruito ed espressivo.

Con diverse scelte narrative e un finale più ad effetto, Arkangel avrebbe potuto innescare un transfert con il fruitore, quel processo di riflessione ed esistenzialismo tipico di Black Mirror, stavolta percepito solo in parte.

Porcamiseria
  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 8/10
    Tecnica - 8/10
  • 6/10
    Emozione - 6/10
7/10

In Breve

L’intuibilità del plot, compensata solo parzialmente da una regia eccellente, impedisce una totale sensibilizzazione sull’argomento trattato.

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Porcamiseria

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L'intuibilità del plot, compensata solo parzialmente da una regia eccellente, impedisce una totale sensibilizzazione sull'argomento trattato.

Storia 7 Tecnica 8 Emozione 6
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