Black Sails4×02 XXX.

Alleanze che si sfaldano, amanti che si dividono, piani che non vanno come previsto; e siamo solo alla seconda puntata. Sicuramente, Black Sails sa come giocare le sue carte, sfoderando una mano ricca di spunti per gli episodi futuri, che promettono grandi cose. Del resto, la Guerra per Nassau è appena cominciata.

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Va detto, anche nelle puntate più “tranquille” rispetto alla solita corsa a perdifato, Black Sails sa come si fa; soprattutto sa come si fanno le presentazioni. In questo secondo episodio ci viene finalmente rivelata l’identità del misterioso benefattore che ha “salvato” Silver alla fine dello scorso episodio, spinto – come veniamo a sapere – dai più biechi propositi: il denaro. C’è infatti una taglia, sulla testa del Re dei Pirati, che fa gola a molti e Israel Hands non è da meno. Il nome vi dice nulla?

Per i più fedeli lettori dell’Isola del Tesoro, il signor Hands non sarà un illustre sconosciuto ma il nocchiere di Flint, uno degli uomini più fedeli a Silver che durante un combattimento con Jim verrà ucciso proprio dal ragazzino sulla nave su cui si sono ammutinati. Uno degli ultimi a morire, una canaglia della peggior specie – se volessimo citare molto liberamente Stevenson.

E Black Sails ci racconta, rispettando la tradizione, le sue origini: intrecciando magistralmente la sua storia a quella di Barbanera, racconta di un uomo geloso del nuovo pupillo di Teach – Charles Vane – che ha provato a far valere le sue ragioni ed è finito per essere emarginato. Un po’ quello che aveva fatto lo stesso Vane con Jack e Anne nella seconda stagione, screditati a tal punto da imporre il tacito divieto di prenderli a bordo. Eppure, come lo stesso Silver chiede, perché Hands ha deciso di rimanere sull’isola?

La risposta, in modo indiretto, ce la dà proprio Anne Bonny; dopo che Edward Teach ha lanciato il suo ammonimento, facendo recapitare alla corrente una nave piena di Giubbe Rosse impiccate e la perentoria richiesta di avere Eleanor Guthrie, viene chiesto alla piratessa proprio di guidare l’avanguardia su Nassau e recuperare l’assassina di Charles. Ma Anne, che dimostra di essere davvero sensata, fa notare a Rakham che l’isola ha un potere strano sulle persone. Che la vendetta sarebbe a portata di mano, che far soffrire Max per averla tradita, per averle mentito sarebbe così semplice, così fattibile; nonostante ciò, vederla soffrire non avrebbe senso. Non è ciò che vuole.

Nassau non è immersa nelle tenebre, come crede Eleanor, Nassau è la tenebra; l’isola della Repubblica dei Corsari ha vita propria, è cresciuta nella sua leggenda, nel sangue di tutti i cambi al vertice e della resistenza all’Inghilterra. Nassau fa compiere a chi la abita i più oscuri gesti, senza neanche volerlo davvero. E allora, perché combattere per lei? Perché combattere per un uomo ormai morto che nonostante tutto quello che è successo, probabilmente era ancora innamorato della donna che l’ha fatto impiccare? Jack Rakham e Anne Bonny, in questo episodio, rappresentano la voce della coscienza e delle riflessioni che nessuno dei protagonisti di Black Sails si è ancora posto a voce alta. A che scopo?

La risposta non ci viene data, ma è per questo oscuro motivo che Hands non ha lasciato New Providence, che Flint e Billy finiscono per spararsi e mettersi l’uno contro l’altro in un assalto alla piantagione degli Hill che si rivela utile solo per svelare la profonda frattura che ormai ha spaccato la ciurma del Capitano. Billy Bones, esattamente come il suo alter ego cartaceo, si avvia sempre di più a essere il vecchio pirata che si ubriaca in una locanda e fugge dai fantasmi e da John Silver, inseguito da una macchia nera.

Civiltà o morte

Chi invece sempre più convinta di voler portare la pace a Nassau a tutti i costi – oltre a Eleanor e Rogers, partito per farsi volontariamente inseguire da Teach e allontanarlo dalla baia – è Max; il personaggio di Max ha avuto una crescita davvero notevole, dalla prostituta che tramava alle spalle dei pirati a signora rispettabile di una nuova società civile. Lei più di tutti, probabilmente, è quella che maggiormente potrebbe beneficiare della nuova condizione di New Providence, ma allo stesso tempo è anche quella più instabile.

Come da lei ricordato nella precedente stagione, in tempi diversi l’avrebbero chiamata regina dato tutto il potere che possiede, ma l’arrivo di Woodes, Berringer e dei loro metodi burocratici e auto-elogiativi hanno messo in crisi la sua influenza. Max vorrebbe solamente lasciarsi alle spalle tutto quanto, senza inutili processi che servono solo a bearsi della conquista e degli arresti. Scopriamo, tra l’altro, che è stata lei a intercettare la lettera che avvisava Flint della trappola delle navi affondate nella baia.

Ed è per questo motivo che accetta di incontrare il più ricercato di tutta l’isola, di nascosto, per disprezzarlo e tentare di farlo sparire; senza ucciderlo, perché come giustamente ci ricorda non avrebbe senso promuovere la civiltà di giorno e agire diversamente col favore del buio. Come volevasi dimostrare, tuttavia, il suo piano non va a buon fine e ottiene solamente di alimentare ancora di più le fiamme della leggenda di Long John Silver.

I’m no one, comes from nothing, belonging to anyone.

È proprio lui che descrive se stesso e tutta la sua storia in una frase, o poco più, prima di sottolineare qualcosa che già tutto sanno: non è la taglia che gli hanno messo addosso a fare di lui l’uomo più importante di Nassau, in questo momento. E la mossa di Max non è stata affatto saggia.

Menzione speciale per il nostalgico racconto di Edward Teach sul suo passato con Charles Vane: oltre a renderci ancora più chiaro che per Barbanera è stato come aver perso un figlio, e questo spiega la cieca rabbia che lo anima, il riferimento letterario è una pennellata di rara eleganza. Chi mastica di letteratura inglese, non può non aver colto nel grande uccello candido visto da lui e da Vane l’albatro di The Rime of the Ancient Mariner di Coleridge, un presagio divino che può essere visto come positivo o negativo ma che la blasfemia degli uomini ha ucciso.

Come promemoria di quanto fosse pragmatico Charles Vane, lui ci vedeva la cena; noi ci vediamo solo l’ennesimo omaggio a un personaggio che anche dopo la sua morte continua a essere un punto di riferimento davvero importante per il dipanarsi della trama.

4

 

Quattro porcamiseria per una puntata che svolge bene il suo compito di transizione; in dieci episodi non è concesso staccarsi dalla trama orizzontale, specialmente quando ciò che ha da venire è così denso di avvenimento, ma le puntate più lasse come questa fanno bene al respiro. La poca azione non toglie nulla alla bellezza e poesia dei dialoghi, che come sempre sono magistrali.

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Ce lo chiediamo tutti:

Billy cupcake Bones:

https://twitter.com/silversflint/status/828901999013945346

Abbiamo già detto “La Barba di Flint” ?

https://twitter.com/pulvisetumbra/status/826183685728829441

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