Blindspot1×02 A Stray Howl

“È bravo ma non si applica”. Questo si potrebbe dire di una serie come Blindspot, che ha tutte le carte in regola per offrire un bello spettacolo e invece scade irrimediabilmente nel banale. Le potenzialità ci sono tutte, ma la struttura narrativa è così debole nel pretesto e nello sviluppo che l’unica ragion d’essere di […]

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“È bravo ma non si applica”. Questo si potrebbe dire di una serie come Blindspot, che ha tutte le carte in regola per offrire un bello spettacolo e invece scade irrimediabilmente nel banale. Le potenzialità ci sono tutte, ma la struttura narrativa è così debole nel pretesto e nello sviluppo che l’unica ragion d’essere di questa serie risiede nello snocciolamento settimanale di piccole informazioni riguardo l’identità della ragazza tatuata. In pratica di Blindspot si potrebbero guardare solo gli ultimi 10 minuti di ogni puntata. Vi spieghiamo perchè.

Cosa succede nel secondo episodio: Jane inizia a ricordare l’addestramento e dimostra di saper sparare e combattere, niente che già non sapessimo. Viene decodificato un tatuaggio, partendo dal primo, che porta ad un ex pilota dell’aeronautica. Bussano alla sua porta e lui fa esplodere la casa (sì, è proprio quello che succede). Scopriamo che dopo anni di sofferenza per le atrocità della guerra, in cui si è trovato a dover uccidere troppe persone, si vuole vendicare, uccidendo persone. Lo fa proprio quando i nostri scoprono il tatuaggio che riguarda lui, che coincidenza. Dopo una serie di ricerche, pretesto per un po’ di sana azione, trovano l’ex pilota e si ripete ciò che abbiamo visto con Chao durante il Pilot: lui è troppo scarso per vincere il cattivo di turno e quindi ci pensa lei, che era stata lasciata indietro ma che in qualche modo dimostra di essere più cazzuta di tutti chiudendo il caso.

Ovviamente abbiamo sintetizzato, ma come non ricordare il combattimento in cui Jane e uno che non ha niente da nascondere ma che scappa ugualmente per far iniziare una scena d’azione, rimangono chiusi dentro un appartamento per puro caso, perché la porta si chiude da sola mentre l’inquilina esce di casa; oppure il fatto che la bionda dell’FBI fa praticamente tutto da sola, scansiona tatuaggi, li decifra, trova informazioni sul pilota e apre addirittura una cassaforte. Insomma, all’FBI devono scarseggiare le risorse umane. E poi c’è la rampa, quella rampa messa lì sulla scena per far saltare la macchina grazie a cui Jane ha appena messo K.O. il cattivo semplicemente speronando la sua auto e facendolo sbandare (siamo impressionati). La speranza che lo spettacolare incidente abbia una conseguenza sulla vicenda è chiaramente vana, semplicemente avevano bisogno di un modo spettacolare per chiudere l’inseguimento.

Ora, di tutte le assurdità citate la più decisiva per le sorti della serie sembra essere il fatto che ogni volta che si scopre un nuovo significato di un tatuaggio questo porta a uccisioni e attacchi criminali di vario tipo. Gli autori sembrano essersi accorti della cazzata, e inseriscono nella puntata un nuovo elemento: l’agente afroamericano (che per essere politicamente corretti forma il team operativo insieme alla donna ispanica e al biondo caucasico), si accorge che qualcosa non quadra, solleva i suoi dubbi e li espone in maniera decisa ai capi: perché dobbiamo seguire i tatuaggi di questa ragazza se ogni volta portano a eventi drammatici? Forse non stiamo sventando questi attacchi ma li stiamo causando. Insomma l’agente nero sembra pensarla come noi. Finalmente un barlume di ragione in mezzo ad un mare di assurdità.

In realtà, come abbiamo anticipato, nuovi dettagli che ci fanno ben sperare vengono svelati: Jane potrebbe essere tale Taylor Shaw, bambina scomparsa, creduta morta, uccisa dal padre di Kurt. La cicatrice sul collo potrebbe essere un indizio ma anche un dettaglio non curato durante l’organizzazione del piano. L’uomo misterioso che tanto somiglia a Carlo Cracco potrebbe aver deciso di fare qualcosa e non stare semplicemente a guardare, irrompendo nella casa di Jane/Taylor. In ogni caso la perplessità continua a sovrastare l’entusiasmo. I dialoghi sono di una banalità sconcertante, anche le interpretazioni decisamente sotto la media. Qualcuno potrà dire che il nostro sia un giudizio affrettato, due puntate non bastano a giudicare un’intera serie, e di solito è vero. Ma qualcosa ci dice che gli episodi di Blindspot saranno tutti così: si decodifica un tatuaggio, si segue l’indizio, questo indizio conduce i nostri eroi da un pericoloso assassino/terrorista/squilibrato o criminale generico che vuole uccidere un sacco di persone. Lo si trova, Jane lo cattura/uccide, e sul finale di puntata scopriamo qualcosa sulla sua identità, tipo il nome del suo primo cane o che collezionava francobolli.

Noi speriamo vivamente che non sia così. Speriamo che la storia di Jane/Taylor, della sua identità, venga sviluppata in modo originale, andando oltre il flashback in bianco e nero e facendo interagire i personaggi in modo attivo, magari proponendo un intreccio tra dimensione privata (il padre di Kurt e la sua infanzia) e quella professionale (gli affari sporchi all’interno dell’FBI introdotti nel finale del pilot). Speriamo anche che il dubbio sollevato dall’agente di colore diventi un dilemma da risolvere, e che porti a scelte difficili. Speriamo che dietro questa storia ci sia un progetto ben orchestrato e ben motivato, l’unico modo per poter dare ai prossimi episodi di Blindspot più degli attuali 2 Porcamiseria su 5.

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