Blindspot1×04 Bone May Rot – 1×05 Split the Law

Quella di Blindspot è una storia iniziata con grandi speranze, un soggetto accattivante, un’identità sconosciuta, e tanti tatuaggi da analizzare. Peccato che questa serie ci sorprenda ogni settimana di più, in negativo: è incredibile la quantità di stronzate che Martin Gero e Greg Berlanti, i due creatori della serie, stiano mettendo dentro il calderone di […]

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Quella di Blindspot è una storia iniziata con grandi speranze, un soggetto accattivante, un’identità sconosciuta, e tanti tatuaggi da analizzare. Peccato che questa serie ci sorprenda ogni settimana di più, in negativo: è incredibile la quantità di stronzate che Martin Gero e Greg Berlanti, i due creatori della serie, stiano mettendo dentro il calderone di Blindspot nella speranza di non perdere spettatori. Più volte abbiamo evidenziato i piccoli errori della serie, quelle assurdità che la rendono poco credibile a livello scientifico, investigativo e anche umano; giunti alla quinta puntata però dobbiamo in qualche modo rassegnarci, e riconoscere che Blindspot è interamente costruita su quelle assurdità che, speranzosi, abbiamo cercato di bollare come piccoli errori.

Per quanto riguarda l’episodio 4, Bone May Rot, gli autori devono aver semplicemente guardato quel piccolo capolavoro che è Utopia e devono aver pensato che la storia del virus letale per salvare il pianeta dalla sovrappopolazione fosse una gran figata. Ce la ripropongono quindi in chiave trash: abbiamo una scienziata che scatena epidemie mondiali ovunque vada, una valigetta individuata in meno di due minuti in un intero aeroporto, e un combattimento finale in cui l’eroina Jane Doe salva il nostro povero Kurt Weller che, nonostante tutti ne parlino come un agente dalle qualità eccezionali, da solo proprio non ce la può fare, mai. Ci vengono presentati nuovi succulenti elementi: l’agente Zapata ci nasconde qualcosa, e iniziamo a scoprire qualcosa di più sulla sua vita privata. Peccato che il personaggio abbia spessore pari a zero.

Chi invece di spessore ne ha da vendere è la bionda tuttofare Patterson, interpretata da Ashley Johnson, che ad ogni episodio ci sorprende. Ora è anche esperta in emergenze legate a epidemie letali e sicurezza degli ambienti contaminati, oltre che di tatuaggi, di casseforti, di esplosivi, di computer, e abile a trovare in un minuto informazioni su qualsiasi cosa sia inerente ad un’indagine. Sul finale di puntata la scopriamo addirittura biologa, mentre spiega a Kurt che le molecole che si muovono sullo schermo (renderizzate in 3d e animate dalla Pixar come in ogni laboratorio scientifico che si rispetti) dimostrano che Jane è cresciuta in Africa e non può quindi essere Taylor Shaw. No comment.

Il quinto episodio, Split the Law, parte meglio, ma purtroppo finisce peggio. Tanto per mantenere una dimensione calibrata, i nostri amici agenti hanno a che fare con una rapina collegata ad un’organizzazione terroristica attiva su scala globale. Il coinvolgimento di quei brutti ceffi della CIA apre una strada del tutto inaspettata per la serie: l’innovativo scontro tra buoni e cattivi, che qui sono rappresentati da FBI e CIA, ha il suo culmine nell’indimenticabile scena al cimitero, dove le due parti si puntano le pistole contro in uno showdown al cardiopalma, litigando per la custodia del terrorista di turno e di Jane come dei bambini farebbero per un giocattolo. Non riusciamo proprio ad individuare qualcosa di anche lontanamente credibile in questa situazione da film di serie Z. Siamo al limite del ridicolo.

Le esagerazioni fanno parte di Blindspot, lo abbiamo capito. Accettarlo è tutt’altra questione. La minaccia da sventare deve essere ogni settimana più pericolosa, più globale, più imminente. I colpi di scena, o presunti tali, sono sempre più di due per ogni episodio, in un delirio di informazioni prima confermate poi smentite, quasi come fosse l’unico modo per convincere lo spettatore a continuare la serie. Ma le esagerazioni di cui parliamo non sono solo quelle che ingigantiscono la pericolosità della minaccia settimanale, ma anche quelle che permettono di bypassare tutto quello che riguarda le indagini: in pratica nell’FBI secondo Blindspot non si indaga, c’è semplicemente una facilità di reperimento delle informazioni infinita, la tecnologia risolve sempre tutto all’istante, non c’è mai nessun contrattempo nelle ricerche. Vuoi sapere dove si trova il cattivone di turno? Chiedilo ad alta voce negli uffici FBI di Blindspot e un qualcuno ti fornirà l’informazione.

I tatuaggi, altro dramma della serie. L’unica cosa interessante della serie è anche la più assurda. In ogni episodio un tatuaggio è collegato ai tragici eventi che stanno per accadere o che accadranno di li a poco. La coincidenza di trovare il tatuaggio giusto nel giorno giusto sta diventando fin troppo prevedibile. Insomma Blindspot si preoccupa di farcire le proprie puntate di sottotrame super-elaborate, complicatissime, per poi sistematicamente contestualizzarle con i tatuaggi di Jane in maniera pretestuosa, risolverle con una valanga di informazioni arrivate senza il minimo sforzo di indagine, e concluderle con scene d’azione del tutto dimenticabili.

Un Porcamiseria su 5, non sappiamo neanche noi perché. Anche le interpretazioni degli attori sono quanto di più anonimo visto in TV di recente, e la pseudo storia d’amore nascente tra Jane e Kurt di una pesantezza sconcertante.

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L’unica chiave per continuare a guardare Blindspot sarebbe quella comica, e arrivati a questo punto noi di SerialFreaks abbiamo deciso di abbandonare la serie, decisione che, siamo sicuri, molti di voi avranno già preso.

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