BloodlineSeason 1 Recap

Season Recap Non siamo cattive persone. Ma abbiamo fatto una cosa cattiva. Si presenta così Bloodline, serie neonata dell’ormai onnipresente Netflix, trasmessa a fine marzo in quella parte fortunata del pianeta che ha accesso al servizio di streaming più fornito e desiderato del mondo. Pare che a ottobre l’Italia entrerà a far parte di quella cerchia nemmeno […]

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Non siamo cattive persone. Ma abbiamo fatto una cosa cattiva.

Si presenta così Bloodline, serie neonata dell’ormai onnipresente Netflix, trasmessa a fine marzo in quella parte fortunata del pianeta che ha accesso al servizio di streaming più fornito e desiderato del mondo. Pare che a ottobre l’Italia entrerà a far parte di quella cerchia nemmeno tanto ristretta, guadagnando di conseguenza la possibilità di apprezzare serie di livello come Bloodline. Per cui tenetevi pronti e iniziate a leccarvi baffi. Nel frattempo noi proviamo a fornirvi dei validi motivi (tutti liberi da spoiler, beninteso) per cui questa nuova serie va vista e apprezzata.
Le riunioni di famiglia sono belle e inquietanti: parte da qui l’escalation di tragedie e rivendicazioni che toccherà il culmine nel gran finale. La famiglia Rayburn, storica proprietaria di un resort nelle Isole Keys, paradisiaca località di villeggiatura a Sud della Florida, si ritrova per celebrare l’intitolazione di un pontile all’anziana coppia di genitori. La madre – una formidabile Sissy Spacek – nonostante l’età segue tutti i dettagli legati alla gestione dell’attività di famiglia, mentre il padre – interpretato da Sam Shepard – sembra interessato unicamente a trastullarsi con il kayak, l’ukulele e il ricordo di antiche tragedie. Appare subito chiaro come la location da sogno e l’atmosfera di festa non basteranno a placare nuove incomprensioni e antichi livori.

Del resto, lo avevamo sperimentato con Dexter: la Florida, le barche e le mangrovie sono perfette per nascondere cadaveri e traffici loschi. Le Isole Keys sono un grappolo di isolotti che si allungano verso ovest dall’estremità meridionale della Florida, puntando al centro del Golfo del Messico. L’estremo occidentale, Key Largo, è praticamente equidistante tra L’Avana e Miami. Una posizione invitante, per traffici di ogni genere, dalla droga agli immigrati. E infatti dalle prime puntate vediamo motoscafi aggirarsi nottetempo attorno alle isole, non senza incorrere in qualche intoppo. I traffici non risparmieranno la comunità locale, con esiti drammatici e in alcuni casi sconvolgenti.
Tra l’altro, apprendiamo dalle prime scene che nessuno in famiglia può vantare una coscienza pulita. Nessuno, tra i quattro figli della famiglia Rayburn, può dirsi senza peccato.

Non può Meg, avvocato e contabile dell’albergo, che tradisce il fidanzato poliziotto per un playboy capitano d’azienda.

Non può Kevin, noleggiatore di barche dal carattere irascibile, la cui relazione con la moglie non vive un periodo di particolare splendore.

E sicuramente non può Danny, il fratello maggiore tornato per l’occasione da Miami, e che dopo mille tentennamenti si lascerà convincere a passare un periodo in famiglia, nonostante i tanti problemi che trascina con sé ed alcune amicizie non proprio irreprensibili.

Ci sarebbe John, secondogenito e sceriffo della cittadina, padre di famiglia e uomo tutto d’un pezzo, che da sempre si occupa di vigilare sulla serenità dei suoi cari. Ma anche lui, voce narrante della storia, ci fa capire dall’inizio che le cose non potranno sistemarsi per il meglio. Anche le brave persone, nonostante l’impegno, sono capaci di azioni malvage, soprattutto se portate allo stremo da circostanze impreviste.
In questo caso le circostanze assumono le sembianze di Ben Mendehlson. Lo ricordavamo per la parte di John Daggett in Dark Knight Rises di Christopher Nolan, lo ritroviamo nei panni di Danny Rayburn: raramente abbiamo conosciuto protagonisti tanto sofferenti, tormentati e autolesionisti. Era dal Rust Cohle di Matthew McConaughey in True Detective che non si vedeva un personaggio così votato all’autodistruzione. Quando sfida da solo un marinaio grosso il doppio di lui, facendosi prendere a pugni fino allo sfinimento, capiamo che per Danny non ci sono limiti alla voglia di farsi del male. Per l’intera durata della serie continuerà a dare voce ad antichi fantasmi, grazie a un’audiocassetta portatagli in dono da un amico di suo padre. E si convincerà che la discesa agli inferi, sua e dei suoi cari, dev’essere totale.

A cercare di metterci una pezza ci penseranno il fratello John e la sorella Meg, interpretata da una Linda Cardellini perennemente in minigonna. La sua è la presenza femminile più forte della serie (fa il paio con la madre settantenne). Linda interpreta la più giovane dei fratelli Rayburn, indecisa e infedele, avvocato in gonnella e amministratore dell’attività di famiglia. Si dibatte tra l’obiettivo di una vita tranquilla nelle isole natie, sposata a Marco (detective di origini cubane partner di suo fratello), e l’aspirazione all’indipendenza che un lavoro a New York e un amante milionario potrebbero garantirle. Nel momento decisivo, si dimostrerà determinata a sistemare le faccende di famiglia a modo suo.
La tensione si mantiene alta grazie ai flash forward iniziali che ci annunciano la tragedia. Lo abbiamo imparato anni fa con Damages, serie meravigliosa con una sontuosa Glenn Close: il meccanismo del flash forward è uno strumento perfetto per tenere alta la tensione. Anticipare il finale tragico è un espediente perfetto per alimentare la curiosità, e noi in Bloodline scopriamo subito che gli eventi sono destinati a mettersi male. È una sorta di giallo al contrario: la tragedia sta in fondo, invece che all’inizio. Ma ci viene rivelata subito, e ci costringe a seguire lo svolgersi degli eventi per capire come si arriverà al punto di rottura.

Il finale, poi, è un capolavoro di scrittura distribuito sulle ultime tre puntate. Seguiamo le azioni dei protagonisti, tra piani disperati e contrattempi imprevisti, in un crescendo di suspence, con la consapevolezza che niente filerà liscio come dovrebbe. La serie riesce nell’obiettivo di regalarci un finale con una logica, senza per questo compromettere l’aggancio per un seguito (la seconda stagione è già stata confermata).
Nota di merito conclusiva per le sigle finali: una compilation entusiasmante, ricca di grandi nomi, tra cui War On Drugs, Kinks e TV on the Radio. Difficile staccarsi dallo schermo, quando appare lo sfondo nero e partono le note di una nuova canzone. Un modo perfetto per entrare nel mood della serie, e per prepararsi all’esperienza di dieci, imperdibili puntate.

Porcamiseria assegnati, 5 su 5: la fotografia, l’azione, la storia, i personaggi, l’ambientazione. Tutto funziona a meraviglia, in questa prima stagione di Bloodline, facendone una delle migliori serie originali dell’anno.

5

 

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Tra i tweet su Bloodline, segnaliamo quelli che elogiano il cast ma che sottolineano anche un’eccessiva lentezza del ritmo che però non intacca la qualità della serie (e che comunque diventa più spedito sul finale).

Freakin’ Music

Eccovi la playlist dell’intera stagione! Enjoy

Porcamiseria

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