Chambers ha avuto un inizio dal sapore deludente, ma quest’ultimo non era che una briciola di un mondo di intrattenimento incredibilmente più complesso. L’approccio a questo mondo si è rivelato in effetti molto emozionante, perché questa stagione ci ha fatto sentire un po’ di tutto: stupore, ribrezzo, ansia, angoscia e chi più ne ha più ne metta. Chambers si può classificare come un horror psicologico incredibilmente creepy e ricco di parossismi visivi atti ad accentuare l’orrore e il raccapriccio.

L’intera stagione si basa su un gioco tra opposti: la lotta tra Sasha, una protagonista semplice, “pura” e timida, e Becky, dipinta come femmina malvagia (o almeno questo è quello che si vuole far credere); lo scontro tra vincitori – immedesimati in un culto misterioso chiamato Annex Corporation, un deus ex machina onnipresente – e vinti, ossia tutti quei personaggi che pur cercando di lottare si rivelano sfortunatamente solo spettatori inermi dinanzi a qualcosa più grande di loro: lo zio Frank, il fidanzatino TJ, l’amica del cuore Yvonne, la madre distrutta Nancy e persino il fratello in rehab Elliot.

Ogni episodio sembra condurre all’impossibilità della parte debole di questa lotta di prevalere, poiché non vi è via d’uscita alla supremazia dell’oscurità più completa, identificata erroneamente con Becky Lefevre, che è invece – a tutti gli effetti – solo un’altra vittima, un’altra dei vinti. Quest’opera di convincimento ha solide basi fino al sopraggiungere del finale un tantino rocambolesco, che introduce (dal nulla) elementi religiosi – ossia una reincarnazione di Lilith ottenuta attraverso rituali, pietre e chakra – e un ambito disegno più grande, che però viene buttato lì senza approfondimento alcuno.

Si cerca di riportare in vita la donna più “malvagia” della storia per fare del bene: un’apparente contraddizione che porta a dei risvolti inaspettati. Lilith, difatti, non è qualcosa che può essere domato e finisce per agire di testa propria. Un commento doveroso va sul finale: siamo d’accordo con il potere alle donne ma la scelta narrativa sa di troppo forzato e (tanto per cambiare) di lasciato a metà.

All’introspezione psicologica viene lasciato il doveroso spazio, e questo è un elemento di Chambers che abbiamo apprezzato. Quello che prova Sasha è provato allo stesso modo dallo spettatore, grazie a scelte tecniche estremamente immersive. Viene addirittura da provare rabbia nel constatare quanto la protagonista abbia poco potere in generale su sé stessa e le sue azioni, e nel vederla agire da burattino per una stagione intera.

Il personaggio di Uma Thurman ha sicuramente un forte impatto emotivo, ma pressoché solo quello. Il dolore di una madre in lutto viene trasmesso alla perfezione, ma non conduce ad una reazione utile: Nancy Lefevre va solo ad unirsi alla lista dei prigionieri delle “camere” della Annex, da cui sembra impossibile uscire.

Di Chambers vogliamo lasciare, nel complesso, una visione positiva e lo consigliamo in particolare a tutti gli amanti del genere, dato che un mondo così raccapricciante non è esattamente per tutti.

7/10

Storia - 7/10
8/10

Tecnica - 8/10
6/10

Emozione - 6/10

7/10

Summary

Chambers innalza il livello del pilot e lascia il segno con il suo mondo grottesco e raccapricciante. Il finale meritava più attenzione, così come alcuni dettagli trascurati andavano forse esplicitati per fornire qualche risposta in più.