Dopo un pilot che ha diviso a metà il pubblico seriale – a noi era piaciuto – Colony prosegue il suo viaggio nella Los Angeles occupata dagli alieni. È proprio l’ambientazione, infatti, il grande punto di forza di questa nuova serie che conferma a grandi linee il giudizio del primo episodio, senza però regalare ai suoi personaggi quel guizzo di personalità di cui hanno bisogno.
La famiglia Bowman è più divisa che mai. Nonostante Katie apparentemente supporti il marito Will nel suo nuovo lavoro da collaborazionista, noi spettatori sappiamo bene come la realtà sia decisamente diversa. Il doppio gioco della donna, però, inizia a rivelarsi un fardello pesante da sopportare: se già per Katie è difficoltoso mentire al marito e cercare di sottrargli informazioni preziose per la Resistenza, la situazione si complica maggiormente quando Broussard le impone di scendere in campo. Il passaggio da una tutto sommato sicura attività di spionaggio a un ben più sanguinolento attacco ai Red Hats della Homeland Security – dove la risolutezza di Broussard e della sua squadra cammina costantemente sul confine tra ciò che è immorale e ciò che non lo è – segna profondamente la psiche di Katie, che fatica sempre di più a mantenere l’autocontrollo, soprattutto in presenza del marito.
Will, dal canto suo, è assillato dal dubbio e dal rimorso. Sa che la ricerca delle cellule della Resistenza e del loro leader Geronimo è l’unica cosa che impedisce alla sua famiglia di essere deportata alla Fabbrica e che potrà, un domani, ricongiungerlo al figlio scomparso; dall’altro lato, però, anche il capofamiglia Bowman inizia a sentire il peso del nuovo incarico, soprattutto quando si trova a non poter fare nulla per aiutare l’amico Carlos, se non garantire l’incolumità della moglie e del figlio.
Il rapporto alla Mr. & Mrs. Smith dei coniugi Bowman è senza dubbio un buon incentivo alla narrazione: il costante senso di tensione che il loro rapporto trasmette, anche nelle scene più intime, fa sì che lo spettatore mantenga l’attenzione sempre alta, nell’attesa di un inevitabile passo falso di Katie o di una svolta nelle indagini di Will. È anche vero, però, che la serie non può reggersi interamente su questa dinamica della coppia: già in 98 Seconds la stanchezza di certi scambi tra i due protagonisti inizia a farsi sentire, pregiudicando la qualità finale dell’episodio. I personaggi di Colony dovranno sicuramente evolversi più di così e andare oltre quella che sembra una situazione di stallo perenne, se vorranno sperare in un prosieguo delle vicende che vada oltre questa prima stagione.
Come dicevo in apertura, però, Colony fa un lavoro eccezionale e pregevole dal punto di vista dell’ambientazione. Los Angeles è occupata, lo sappiamo, ma il fatto che la forza occupante sia aliena non fa nessuna differenza, potrebbe trattarsi di un qualsiasi stato estero e non cambierebbe nulla: la città è resa come una zona di guerra, con scorte razionalizzate, guerriglia urbana, sedicenti leader insurrezionalisti che inneggiano alla liberazione. Un mondo davvero affascinante per il suo realismo e la sua crudezza – si veda la scena dell’esecuzione da parte dei droni – che lascia aperti spiragli sci-fi solo in certi limitati ambiti, come il primissimo sguardo alla Fabbrica o al telescopio menzionato dall’insegnante di Bram. È un mondo vivo, grazie a una regia e una fotografia impeccabili che non sono certo avare di informazioni ma che anzi indugiano sui dettagli dei manifesti e dei graffiti così come sui gruppi di disperati che cercano come possono di portare avanti una vita libera e normale nonostante l’occupazione. Un mondo sporco, con una suddivisione in classi sociali esasperata resa perfettamente anche con le scenografie e le inquadrature.
È questo Brave New World, che non a caso dà il titolo al secondo episodio, a reggere al momento l’intera serie. I personaggi principali ci sono, sono lì, aspettano solamente di sbocciare e di andare oltre quello che è un ottimo spunto narrativo ma che al momento tale rimane, senza evolvere. Anche i personaggi secondari appaiono interessanti – su tutti una bravissima e a tratti inquietante Kathy Baker nel ruolo del capo di Will – ma soffrono di un limitatissimo screentime che non ci permette nemmeno di capire se questo interesse è ben riposto o meno.
Per questi due episodi, Colony si attesta su una media di 3 porcamiseria, con un secondo episodio ad alti livelli e un terzo che invece inizia a risentire di dinamiche già sulla via dell’eccessiva ripetitività. L’ambientazione e la qualità visiva, per quanto splendide, non bastano a reggere un’intera serie: servono personaggi che inizino a compiere scelte, muovendosi dallo status quo definito negli ultimi minuti del pilot e portando la narrazione a un livello successivo.
Katie inizia a starmi caldamente sulle palle #Colony
— 'scuse me, what?! (@lithtys) January 30, 2016
Sono fan di #Colony
Non riesco a smettere.— Cristiana Davanzo (@KriVDWoodsen) January 31, 2016
Ma la casa dei Bowan e la stessa dei Walsh di Beverly Hills, giusto??!! è casa di Brandon e Brenda! #Colony #ColonyUSA #1×03
— Veronica (@VperVero) January 30, 2016
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