Dear White PeopleDear White People Season 3: un cerchio che non si chiude

Season Recap Ogni personaggio è alle prese con un problema, ma pochi reagiscono in modo credibile e coerente. Senza una trama orizzontale che unisca le singole storyline e senza risposte alle domande più urgenti, viene da chiedersi se questo terzo volume abbia avuto una sua utilità a parte quella di traghettarci verso un'ancora incerta quarta stagione.

6.0

Capita spesso che delle serie vengano rinnovate senza una vera esigenza narrativa e finiscano per proseguire a oltranza con stagioni deboli e fini a loro stesse, ma questo non sembrava il caso di Dear White People, un prodotto originale Netflix che, pur tenendosi al margine del catalogo rispetto ad altri grandi titoli, era stato accolto positivamente in occasione delle due prime stagioni e aveva ancora molto da raccontare, soprattutto dopo il cliffhanger con cui si era concluso il secondo volume. Eppure, nonostante queste premesse, il terzo volume si rivela inaspettatamente quanto di più inutile e riempitivo la serie potesse proporre e sembra avere come unico scopo quello di traghettare il pubblico verso la – tutt’altro che certa – quarta stagione.

Dopo essere stato il grande mistero della seconda stagione, negli ultimi minuti l’Ordine di X si era finalmente palesato nell’enigmatica figura del narratore fuoricampo dell’intera serie, interpretato da Giancarlo Esposito, che ne aveva dunque confermato l’esistenza a Lionel e Sam: era naturale, quindi, aspettarsi in questo terzo volume una concentrazione ancora maggiore su questa società segreta, sia per il fascino esercitato da una trama di questo tipo sia per la necessità di trovare una risposta alle mille domande lasciate in sospeso. Ma non accade niente del genere. La questione dell’incontro tra il narratore (che scopriremo molto dopo essere un ex docente della Winchester, il professor Ruskin) e i due brillanti studenti viene risolta in cinque minuti e l’intera storyline riguardante il misterioso Ordine è rimandata ad altri brevi incontri o a sguardi d’intesa tra i ragazzi sparsi nel corso degli episodi.

La mancanza di una trama orizzontale – che fosse questa o un’altra introdotta ex novo – che tenga uniti i consueti subplot riguardanti i singoli personaggi (anche se in questo caso sviluppati in modo più fluido, senza il carattere antologico degli scorsi volumi) si fa sentire fin troppo e il risultato è la mancanza d’identità della stagione, che fino agli ultimi episodi non è altro che una giustapposizione di storyline individuali occasionalmente intrecciate tra loro e accomunate soltanto dall’immobilità dei loro protagonisti.

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Difatti, la maggior parte degli studenti è bloccata in situazioni di smarrimento o insicurezza, ma non compie alcun passo in avanti, se non negli ultimi capitoli. Basta pensare alla storyline di Reggie, praticamente una grande ma noiosa puntata di Black Mirror, o a quella di Joelle che, anziché esplorare il suo approccio alla conduzione di Dear White People – niente meno che il programma radiofonico che dà il nome alla serie – dopo il ritiro di Sam, si concentra quasi esclusivamente sulla sua problematica relazione con Reggie. Ma questo vale per la stessa Sam la quale, decisamente sottotono, passa il tempo filmando i propri colleghi nella speranza di trovare l’ispirazione per un progetto di cinema. Una serie di fallimenti e delusioni la accompagnerà nel corso della stagione, finché questo documentario non servirà ai fini della trama, e allora ecco che esso si materializza dal nulla – ma quando lo ha girato? – e la studentessa può presentare il suo eccellente lavoro a dei compagni che ne rimangono colpiti e ispirati.

Mentre anche i personaggi nuovi non se la cavano bene e rimangono anch’essi chiusi nella ripetizione esasperante degli stessi comportamenti davanti alle stesse situazioni, come nel caso di Brooke, che continua a ficcanasare alla ricerca di uno scoop mentre se la prende con il povero Gabe per ogni sgarro a lavoro, a funzionare è proprio la storyline di quest’ultimo, che a differenza delle altre poggia su una solida premessa, ossia la battaglia da parte degli assistenti universitari per un salario che permetta loro di pagarsi gli studi. Nonostante anche in questo caso non manchi una certa ridondanza nella rappresentazione delle varie riunioni, fa particolarmente piacere vedere come l’approccio di Gabe a questa battaglia, in cui si ritrova coinvolto suo malgrado per esigenze finanziarie, sia così realistico e coerente con il suo personaggio, a differenza di quanto accade per molti altri protagonisti.

Il tanto atteso momento di svolta arriva con il settimo capitolo, in cui Muffy, una studentessa bianca che finora aveva ricoperto un ruolo secondario, racconta a Coco di essere stata molestata da Moses Brown, celebre programmatore informatico da poco tornato a insegnare alla Winchester e diventato presto, come sottolinea lei stessa, “l’eroe di tutti“. Questa rivelazione sorprende fino a un certo punto, dati i comportamenti troppo stucchevoli e perfetti dell’uomo, ma ha il merito di unire tutti i personaggi, permettendo loro di trovare il proprio posto nella trama, e soprattutto quello di dare agli ultimi tre episodi quell’identità che mancava al resto della stagione.

Ho lasciato che gente piena d’odio mi convincesse che la mia rabbia era come il loro odio, ma se hai mai amato qualcosa il mondo ti farà incazzare. E poi, che ne è della giustizia se non c’è la rabbia?

Ogni personaggio reagisce alla notizia a modo suo, cosicché alla fine ci si ritrovi davanti una realistica rappresentazione della molteplicità di risposte a queste situazioni, tra chi ci crede ed è pronto a chiedere giustizia, chi si fida fino a un certo punto e chi si rifiuta di vedere la colpa nella persona accusata, considerata incapace di un tale comportamento; non manca inoltre l’attenzione allo stato d’animo della vittima e alle reazioni del carnefice davanti alle accuse. Analizzando la gestione di questa storyline rimangono comunque alcune perplessità, soprattutto perché la scelta di introdurla all’ultimo e lasciarla in sospeso contribuisce a rendere l’idea di una stagione evitabile in cui nulla ha veramente un inizio e una fine, ma la maturità con cui essa viene costruita e affrontata prevale, dimostrando che Dear White People non ha perso di vista la propria essenza.

In conclusione, quindi, non tutto è da buttare e alcuni bersagli sono centrati in pieno da questo terzo volume. Il problema più grande, però, oltre alla sceneggiatura poco brillante, rimane la scelta di produrre una stagione inconcludente, che lascia in sospeso le questioni più importanti. Ora che anche Troy, forte della creazione di una propria rivista (storyline, questa, inaspettata ma gradevole) sa dell’esistenza dell’Ordine, come proseguirà la vicenda? Cosa succederà a Moses? E la scena finale era soltanto una parentesi che voleva essere simpatica o significa che la prossima stagione andrà ad approfondire la comunità degli studenti latini alla Winchester?

Considerando le recenti scelte adottate da Netflix in merito al futuro dei propri prodotti originali, tra serie rinnovate forzatamente e altre interrotte all’improvviso quando avrebbero avuto ancora storie da raccontare (l’esempio più recente è The OA), il rischio di lasciare queste domande senza risposta è reale e in tal caso, considerando che c’era la possibilità di scongiurarlo, di certo una buona parte della responsabilità sarà da imputare alla serie stessa, e non solo alla “spietata” piattaforma streaming.



  • 5/10
    Storia - 5/10
  • 7/10
    Tecnica - 7/10
  • 6/10
    Emozione - 6/10
6/10

Summary

L’assenza di una trama orizzontale priva questa terza stagione di una propria identità, mentre i personaggi girano in tondo per gran parte degli episodi, in cui non succede praticamente nulla. Per fortuna l’introduzione sul finale di una storyline che riunisce tutti, insieme ad altri piccoli successi sparsi qua e là, rende questa stagione accettabile e non del tutto inutile.

Porcamiseria

6

L'assenza di una trama orizzontale priva questa terza stagione di una propria identità, mentre i personaggi girano in tondo per gran parte degli episodi, in cui non succede praticamente nulla. Per fortuna l'introduzione sul finale di una storyline che riunisce tutti, insieme ad altri piccoli successi sparsi qua e là, rende questa stagione accettabile e non del tutto inutile.

Storia 5 Tecnica 7 Emozione 6
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