Fargo2×10 Palindrome

I sentimenti che accompagnano l’arrivo del finale di una serie TV sono sempre contrastanti: la malinconia tipica dell’ultima tappa di un viaggio, prima del ritorno a casa, si unisce all’entusiasmo irrefrenabile del gustarsi l’ultima caramella rimasta in fondo alla confezione. Palindrome è quell’ultima caramella, l’ultima tappa di quel breve ma intenso viaggio che è stato Fargo, e […]

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I sentimenti che accompagnano l’arrivo del finale di una serie TV sono sempre contrastanti: la malinconia tipica dell’ultima tappa di un viaggio, prima del ritorno a casa, si unisce all’entusiasmo irrefrenabile del gustarsi l’ultima caramella rimasta in fondo alla confezione. Palindrome è quell’ultima caramella, l’ultima tappa di quel breve ma intenso viaggio che è stato Fargo, e ad essa è affidato il compito di riassumere lo spirito dell’intera serie. A differenza della maggior parte delle serie TV, specialmente made in US, che sono strutturate in modo da risolvere nel finale l’intricato puzzle di eventi creato in precedenza, Fargo è strutturato in modo semplice e lineare: il duello finale si è svolto nella penultima puntata, The Castle, molti personaggi sono già usciti dalla scena, e quello che rimane è un sentimento di vuoto; l’inseguimento di Hanzee e la fuga di Ed e Peggy sono solo un pretesto per sviluppare all’estremo questo vuoto, di amplificarlo, concludendo effettivamente la serie con un non-scontro che lascia l’amaro in bocca.

Fargo 2x10 Palindrome recensione

L’episodio parte con uno sguardo veloce su tutti i Gerhardt morti nelle precedenti puntate, da Rye nel frigorifero dei Blomquist a Bear steso nel parcheggio del Motor Motel, passando per Otto, Simone, Dodd, e Floyd. La guerra, i Gerhardt, l’hanno persa, e il fatto assurdo è che non l’hanno persa contro la mafia di Kansas City, ma contro loro stessi. L’avversario più temuto, Mike Milligan, si è reso infati direttamente responsabile solo dell’uccisione dell’ormai innocuo Otto, mentre tutti gli altri sono state vittime di eventi casuali connessi alle mosse della sprovveduta coppietta, sacrificati in nome della famiglia, o per mano dell’indomabile Hanzee. Il meticcio si è rivoltato contro il suo padrone, e gli effetti sono stati micidiali. La vera introduzione dell’episodio è però affidata a Betsy e alla sua malattia. Il sogno della signora Solverson è inquietante e premonitore: il futuro, in particolare il futuro della sua famiglia, dove Molly e Lou sono circondati da felicità e lieti eventi (i cameo di Allison Tolman, Colin Hanks, e Keith Carradine ci ricordano le vecchie, future, avventure), viene interrotto dal caos presente fatto di chitarre elettriche e sparatorie, e il radioso futuro non sembra più così certo.

Fargo 2x10 Palindrome recensione

Torniamo allora alle vicende del signore e della signora Blomquist, per una delle scene più intense della stagione. Come anticipato non c’è un vero e proprio scontro finale, abbiamo imparato negli ultimi episodi che la mente disturbata di Peggy è il vero motore dell’azione, e in coerenza con tale considerazione Noah Hawley decide di ingannare lo spettatore facendolo entrare nella mente dell’imprevedibile bionda. Quella della cella frigorifera è la giusta scena di chiusura di una vicenda giocata da sempre sul livello psicologico. Ed, duramente ferito, si lascia andare ad una struggente e malinconica dichiarazione, consapevole della difficile realtà dei fatti, e da questo punto inizia il viaggio mentale di Peggy nella disperazione. Il suo delirio le fa confondere la realtà con la finzione (ancora una volta), con quel film che tanto l’ha rapita durante la liberazione di Dodd la stessa mattina; ma non c’è fumo nella cella, così come non c’è Hanzee ad aspettarli, la razionalità di Peggy cede una volta per tutte ad un disperato bisogno di qualcuno da incolpare, come nei film, di sentirsi vittima e di credere che la morte del marito possa essere evitata. Purtroppo non è così, non ci sono cattivi, e dalla morte non si può comunque scappare.

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In questo episodio finale sembra che ognuno abbia un ultimo messaggio da riferirci, la propria visione del mondo. I monologhi proliferano, in una giostra di grandi capacità attoriali e di scrittura raffinata degni del Fargo più filosofico. Noreen non ha ancora finito di leggere “Il mito di Sisifo” di Albert Camus, e Betsy coglie di sorpresa innanzitutto noi quando smantella nel giro di due battute la teoria sull’assurdità della vita dello scrittore francese. Abbiamo usato la stessa teoria come chiave per interpretare Fargo, e ora Betsy distrugge anche le nostre convinzioni: tutti siamo al mondo per compiere una missione, e ci viene dato il tempo necessario per compierla. Fargo è anche questo, riflessione sulla vita, e ora che Betsy ci ha fornito anche l’altra interpretazione della realtà, ognuno di noi può finalmente decidere da che parte stare. Lo stesso mito di Sisifo, che trascina il masso su per la montagna per l’eternità, è citato da Lou nel lungo dialogo con Peggy, ma ne trasforma il peso in privilegio. La missione a cui si riferiva Betsy per Lou è quella di proteggere la propria famiglia, e Peggy sembra non capire lo sforzo di Ed nel compierla, troppo presa dal suo femminismo da quattro soldi eppure così autentico.

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Kill and be killed“, questo è invece il più diretto messaggio lasciato da Hanzee, che ricomincia la vecchia vita da sicario con la speranza di una faccia nuova. Momento curiosità: i due bambini che giocano a baseball e vengono “protetti” dall’indiano si parlano con la lingua dei segni, si tratta probabilmente dei due sicari della prima stagione di Fargo, Mr. Numbers e Mr. Wrench, che ritroviamo qui in un inaspettato riferimento. L’ultimo personaggio a presentarci il suo pensiero è il vecchio Hank, che rivela il significato dei misteriosi simboli trovati da Betsy nel suo ufficio. La spiegazione è però fin troppo semplice, e forse avremmo preferito che fosse lasciata al mistero. Hank sta cercando di sviluppare un linguaggio universale fatto di nuovi simboli, e per farlo ha avuto bisogno di tappezzarne la stanza, non bastava un quaderno?

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La conclusione della personale vicenda di Mike Milligan invece avrà lasciato molti con una sensazione di delusione. Dopo aver conquistato l’impero dei Gerhardt, Mike si compiace della sua “sovranità” e immagina un futuro alla guida del nuovo impero nel freddo nord. Succede però che il suo amore per il futuro, che più volte nella sua dialettica ha utilizzato come esempio per la necessità di cambiamento, gli si ritorce contro, e viene relegato dal suo diretto superiore in un minuscolo e anonimo ufficio del reparto contabilità. Niente più sparatorie e terre da conquistare per il letale Mike, che si ritrova disilluso e costretto in una dimensione che non gli appartiene e che non appaga il suo desiderio di potere. Una triste fine per uno dei personaggi più azzeccati della serie, che, per rimanere nel tema dell’assurdo, si ritrova davanti ad una di quelle macchine da scrivere elettroniche per cui tutto era iniziato. In tutto ciò non sappiamo che fine abbia fatto Charlie Gerhardt, non sarebbe stato forse un finale migliore farlo incontrare/scontrare con Mike al posto del cugino scemo?

Fargo 2x10 Palindrome recensione

All’inizio di quest’avventura tutti si domandavano chi avrebbe preso il posto del cattivo della prima stagione, di Lorne Malvo, e la risposta ci ha sorpreso non poco. Ora possiamo dirlo, il cattivo non è un vero cattivo, ma la comunque pericolosa e fragile Peggy, ottimamente interpretata da Kirsten Dunst, che insieme al resto del cast (Jeffrey Donovan e Nick Offerman su tutti) compie un vero e proprio miracolo. Un finale coraggioso questo, che si propone di raggiungere una dimensione conclusiva valida per tutti i personaggi principali, lascia da parte l’azione e si prende il rischio di non piacere, affidando lunghi passaggi a momenti rilassati e scarichi di quella tensione che fino ad ora era stata una costante. Rimangono delle perplessità per alcune scelte fin troppo semplici, come il classicissimo finale con Lou che rimbocca le coperte a Molly… e vissero tutti felici e contenti; oppure per la mancata ragione della resa di Hanzee, che inspiegabilmente decide di mollare tutto nel bel mezzo dell’inseguimento. Rimane la consapevolezza che Fargo abbia creato un suo universo dall’identità ben definita e decisamente affascinante, uno show tecnicamente perfetto che riprende fedelmente ma allo stesso tempo rielabora lo stile macabro e assurdo dei fratelli Coen, con un grado di innovazione rispetto alla stagione precedente perfettamente riuscito, uno show che ci ha regalato alcuni tra i momenti migliori dell’intera stagione televisiva.

Fargo 2x10 Palindrome recensione

Ok then!

4

 


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