FleabagFleabag Season 2: This is a love story

Season Recap Con questa seconda ed ultima stagione Fleabag affronta il "mostro finale" che aveva scaltramente evitato nei sei episodi precedenti: l'amore. A modo suo ovviamente.

9.0

Dopo aver dato i natali a quello splendido turbinio d’azione e sentimenti che risponde al nome di Killing Eve, Phoebe Waller-Bridge torna “fisicamente”sul piccolo schermo con la seconda stagione di Fleabag.
Ci perdoneranno Pamela Adlon (Better Things), Amy Sherman Palladino (The Marvelous Mrs Maisel), Tig Notaro (One Mississipi) e le altre grandissime voci femminili di questi anni dieci, ma a  modesto parere di chi scrive, Pheobe Waller-Brdige è al momento la miglior autrice del panorama televisivo.

Nel 2016, quando la BBC e Amazon si erano accordati per una sola ed unica stagione, l’artista britannica aveva realizzato un lavoro disarmante e perfetto che potesse funzionare egregiamente come unico segmento.
Poi però si era accorta che questo non era sufficiente, che aveva ancora qualcosa (o meglio tanto) da dire attraverso quella donna specchio che rifletteva tanto di sé quanto dell’essere umano in generale.

Parlare di questa seconda e conclusiva annata di Fleabag è molto difficile, sopratutto se si volesse cercare di ometterne il finale, ma si può considerare spoiler il naturale corso degli eventi dovuto ad azioni e reazioni secondo il punto di vista dell’autrice? (dibattito scomodo e complesso che vi lasciamo approfondire nei commenti se volete).

Fleabag compie un percorso a ritroso, trasformando un’azione comica come tante nel più inaspettato filone narrativo.
Se infatti durante la prima stagione la serie si era concentrata a disegnare il contorno di una donna ideale per poi colorarla con dei pennelli scarichi, in questa seconda sceglie di affrontare il tema più sfruttato e più complesso dalla notte dei tempi: l’amore.
Il colpo di scena più clamoroso è che Pheobe Waller-Bridge considera l’amore la forza motrice di ogni tipo di forma relazionale, il che in sé non la differenzierebbe da quasi nessun altro al mondo: la particolarità come al solito sta nella rappresentazione.

Fleabag per evidenziare le dissonanze sfrutta la vicinanza del contrasto

L’artista mescola stili e traiettorie attingendo da più fonti per plasmare la sua idea in maniera più conforme al suo modo di narrare.
L’amore di Fleabag rimanda al concetto di campo del filosofo Pierre Bourdieu, sia accostandolo a campo di battaglia per il proprio oggetto del desiderio, sia come campo dove si fronteggiano le differenze sociali a rimarcare la natura agonica dello spazio sociale.
Fleabag per evidenziare le dissonanze sfrutta la vicinanza del contrasto: la frenesia dell’azione narrativa è intervallata da distesi dialoghi tra i personaggi che anche sta volta spaziano tra i temi più caldi di questo periodo storico (la famiglia, l’accettazione di sé, il rapporto con la fede, la dipendenza).

L’amore di Fleabag rimanda al concetto di campo del filosofo Pierre Bourdieu

Parlavamo dell’amore, però, e quindi chi se non Fleabag poteva mostrare al meglio, a margine anche del finale della scorsa stagione, le infinite tonalità di questo fondamento.
All’inizio di questa seconda stagione la troviamo intenta a prendersi una pausa dagli uomini, volenterosa nel voler raccogliere i vetri della sua vita dopo essersi frantumata in mille pezzi; si sa però che i vetri rotti sono molto pericolosi ed è facile tagliarsi e così la ragazza si invaghisce nuovamente, questa volta del prete scelto per celebrare il matrimonio del padre con la matrigna (interpretata magistralmente sempre da un’Olivia Colman in stato di grazia).

Premessa fondamentale: il prete è interpretato da Andrew Scott. Non crediamo di poter essere sufficientemente oggettivi quando si parla di Andrew Scott: talento fuori dal comune, presenza scenica da fare invidia a mezza Hollywood e un accento irlandese che mette a dura prova l’orientamento sessuale di chi scrive (il suo “Jim Moriarty, Hi” in Sherlock provoca la stessa alienazione del “Miao!” di Michelle Pfeiffer in Batman Returns, ma basta divagare).

Dicevamo dunque di Fleabag e The Priest, appositamente lasciato senza nome, e della loro particolare relazione: entrambi infatti devono fare i conti con la loro morale e con il loro passato.
In realtà, benché sia chiaro fin da subito l’interesse di Fleabag per l’emissario di Dio, il loro rapporto viene ricamato lentamente,  senza mai accelerare bruscamente.
Non è casuale quindi, che con il passare degli episodi, il prete si accorga dei momenti “di vuoto” utilizzati da Fleabag per parlare con lo spettatore, perché presumibilmente per Pheobe Waller-Bridge il “vero amore” è quella dimensione temporale dove due persone posseggono la stessa tonalità, hanno lo stesso modo di vedere il mondo e ne condividono i confini.
Ma l’amore, come l’intera Fleabag d’altronde, ha un’accezione dinamica e mutevole e nel finale mostra tutta la sua complessità.

Il finale di serie è perfetto nel rimarcare questa sensibile differenza che condanna i due amanti

Se tra Fleabag e il prete c’è una dimensione comune, di complicità quasi “orizzontale” e di partecipazione, che caratterizza la passione tra gli esseri umani, il personaggio di Andrew Scott deve fare i conti con un altro tipo di amore, quello verso Dio: il rapporto tra l’uomo e la fede è, al contrario di quello con i suoi simili, individuale e verticale.

Il finale di serie è perfetto nel rimarcare questa sensibile differenza che condanna i due amanti: alla fermata dell’autobus di ritorno dal matrimonio, Fleabag è seduta sulla panchina ad aspettare mentre il prete è in piedi; questa distanza corporea resta incolmabile anche durante la reciproca dichiarazione d’amore, reso impossibile da qualcosa che non dipende effettivamente da loro, ma da una forza istituzionale più grande.

L’unica cosa che li rende complici per un ultimo istante è il pianto

L’unica cosa che li rende complici per un ultimo istante è il pianto, con le lacrime che appartengono impulsivamente al mondo “comune” di chi ama, costrette a sottostare al peso della gravità, come il cuore di due innamorati.

Fleabag giunge alla conclusione che Pheobe Waller-Bridge si prefissava; issandosi come il cavallo di battaglia di una donna che racconta con sincerità, schiettezza, ironia e talento il mondo (im)perfetto che abita.

  • 8/10
    Storia - 8/10
  • 10/10
    Tecnica - 10/10
  • 9/10
    Emozione - 9/10
9/10

Summary

Pheobe Waller-Bridge torna a divertire ed emozionare in prima persona con la capacità unica di fare ironia che la contraddistingue. Sei nuovi episodi con cui si dovranno confrontare TUTTI, prima o poi.

Porcamiseria

9

Pheobe Waller-Bridge torna a divertire ed emozionare in prima persona con la capacità unica di fare ironia che la contraddistingue. Sei nuovi episodi con cui si dovranno confrontare TUTTI, prima o poi.

Storia 8 Tecnica 10 Emozione 9
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