Fortitude2×04 Episode Four – 2×05 Episode Five

Fortitude inizia a svelare diversi misteri, lasciandoci comunque confusi e meravigliati, con una svolta apparentemente mistica e paranormale. La stagione ha imboccato i giusti binari, in un crescendo di spettacolarità e orrore.

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I primi due episodi di Fortitude hanno inevitabilmente lasciato negli spettatori una sensazione di spaesamento: apparentemente archiviato il capitolo “vespe preistoriche parassite”, la premiere presentava situazioni completamente nuove, personaggi introdotti senza un palese motivo o un background di riferimento, e misteri incatenati uno dietro l’altro senza alcuna spinta verso una plausibile spiegazione agli eventi. Se la prima stagione aveva puntato tutto – quantomeno all’inizio – su un ritmo lento e cadenzato, sulle indagini per la ricerca del colpevole e sulla riuscitissima atmosfera da thriller nei ghiacci, questa seconda annata sembrava aver premuto eccessivamente sull’acceleratore senza fornire il tempo allo spettatore di assimilare la mole degli eventi che si sono susseguiti sotto tutti i fronti.

Già a partire dall’episodio precedente, tuttavia, la matassa sta lentamente iniziando a sciogliersi su più fronti, primo fra tutti il complotto alle spalle di Hildur volto a destituirla dalla carica di Governatore, su pressione di Oslo. Anche a seguito della perdita della carica, dagli scambi accesi con il nuovo Governatore è palese come Hildur sia evidentemente divisa tra lo sconcerto per la decisione improvvisa, l’ambizione di riprendere in mano la guida della località di cui si è sentita sempre parte integrante – e il desiderio di dare un contributo tangibile indagando sui misteriosi eventi che stanno stravolgendo Fortitude e le località vicine:

Hildur: “This freezing sewer was my life and no one has the human decency to say sorry, or even fucking WHY. You don’t deserve this shitty little office”.

Venendo ai big misteries della stagione – e ce ne sono diversi, al punto di poter dire che la narrazione presenta più punti oscuri che risposte – si può affermare che finalmente sia visibile, in lontananza, una piccola luce in fondo al tunnel, con diversi twist ben assestati (uno forse parzialmente intuibile) e le prime ampie pennellate ad un dipinto finora ben ispirato ma ancora ineseguito.

Il succo di renna è apparso fin dalla premiere di quest’anno il motore centrale degli eventi, e allo stesso tempo viene svelato qualcosa in più su sul rapporto tra questa misteriosa droga e la prima delle vittime decapitate senza pietà, Hindermith. Si scopre, nei fatti, che tutte le vittime del misterioso uomo incappucciato sono collegate in qualche modo al succo di renna: Hindermith ne fruiva, Tavrani (l’unico ad essere “solo” stato ferito”) la produceva e Bianca Mankyo si trovava nel luogo in cui era possibile reperire gli ingredienti necessari.

Delle uccisioni così efferate e metodiche dovevano necessariamente avere una spiegazione non necessariamente plausibile, e in questo caso in particolare è richiesta un minimo di sospensione di incredulità, in una serie in cui il paranormale è sempre stato in passato volutamente accennato, ma poi mai approfondito o addirittura smentito fermamente. Il rito di natura sciamanica ad opera di Vladek – personaggio volutamente enigmatico e completamente privo di qualsiasi background – prevederebbe infatti, stando alle informazioni fornite finora, la raccolta di diversi pezzi umani per compiere una sorta di rituale: dal cuore del barman- anch’egli coinvolto nel compolotto ai danni di Hildur ma anche nella seconda decapitazione – nel terrificante finale di Episode Five, alla lingua di Tavrani, passando per i resti trafugati al cimitero.

Sappiamo quindi finalmente chi è il killer e amico di Tavrani – che intanto pensa bene di andare in overdose di succo di renna e morire di insufficienza cardiaca – e lo collochiamo per motivi ancora non chiari vicinissimo alla famiglia Lennox: Vladek è quel personaggio ancora oscuro per il quale non si può che pensare al famoso proverbio “il fine giustifica i mezzi”. Sembrerebbe infatti, stando alle parole che spesso vengono ripetute da alcuni dei personaggi principali, che un’invasione “demoniaca” sia in arrivo, ma non è ancora dato sapere se stiamo assistendo ad un’effettiva svolta paranormale o se tale minaccia è da intendersi in senso allegorico e metaforico. L’ipotesi di una sorta catastrofe ambientale – con comportamenti animali inspiegabili, renne che uccidono orsi e via dicendo – potrebbe essere plausibile, la speranza è che la spiegazione, qualunque essa sia, si riveli convincente e come accaduto nella prima stagione si inserisca bene nel tono generale della serie.

Tutto attorno a noi sta iniziando ad apparire meno coi piedi per terra, più fumoso, ma sempre più affascinante. Il focus dello spettatore ora si sposta dal “chi” al “perché”, ma non solo: alcuni personaggi collaterali a Eric sembrano sapere qualcosa di riti sciamanici, perlomeno includendoli nella gamma delle possibilità del collezionista di organi.

Hildur è in modalità allerta massima nei confronti di Munk e dei suoi loschi affari, con tanto barman/killer copycat talmente idiota da essere introdotto, scoperto e ucciso nel giro di un episodio. In particolare, l’agnello sacrificale parte della raccolta organi di Vladek detta sopra si colloca, per quando brevemente, alla perfezione nel quadro generale della serie, concentrando gli interrogativi sempre sul perché, piuttosto che sul chi; ci sono oscuri gli intenti di Munk e dell’assassino, come se stessero cercando di insabbiare qualcosa od ostacolare il killer originale e il suo cruento rito.

Tutte le storyline sembrano inoltre voler convergere proprio da questo episodio, laddove prima sembravano ancora separate da un muro invisibile: il rito sciamanico e il succo di renna da una parte, Dan e Elena dall’altra, tra strane suggestioni del primo e una miracolosa capacità rigenerativa della seconda – che a sua volta si ricollega alla pellicola di Hildur – si conciliano e uniscono gli intenti contro l’arrivo del misterioso demone. La lente di ingrandimento si sposta, permettendoci di vedere l’insieme delle cose, non più dettagli sparpagliati, ma lasciandoci ancora sulle spine, mentre corriamo verso la carota alla fine del bastone, di cui ci vengono concessi ogni tanto piccolissimi morsi.

Fortitude, nonostante una narrazione che a tratti tende ad essere volutamente frammentata e confusa, ha da un paio di episodi imboccato la tangenziale, procede a velocità sostenuta e, complice l’atmosfera singolare, rende la visione un’esperienza comunque unica, coinvolgente e dinamica, allo stesso tempo misteriosa ma non inutilmente intricata. Finalmente gli elementi ci sono tutti, o quasi, non resta che osservare meravigliati come verranno messi assieme.

4.5

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