Game Of Thrones8×03 The Long Night

L'attesissima battaglia contro il Night King è finalmente arrivata. Game of Thrones ci offre un bellissimo spettacolo, e porta a compimento un lunghissimo arco narrativo fatto di profezie, viaggi tra continenti e sacrifici. A mente fredda, tuttavia, diverse stonature rendono questo episodio più celebrativo che realmente coraggioso.

7.8

Forse più del finale, questo episodio di Game of Thrones è il più atteso da otto stagioni a questa parte. La lunga notte e la battaglia contro il Night King è stata anticipata da profezie, racconti terrificanti e lunghi viaggi intrapresi da diversi personaggi determinanti. Tutto si chiude in un’ora e venti minuti praticamente al buio, con una gloriosa e spettacolare battaglia, fonte a più riprese di agitazione e preoccupazione, ma per la quale, a mente fredda, rimane qualche perplessità.

Vediamo giungere al termine diversi archi narrativi importanti, alcuni con personaggi ancora sulle proprie gambe, altri in atto di sacrificio verso il bene superiore, un Azor Ahai in aperta contraddizione con tutte le previsioni fatte in questi lunghi anni, che ci dimostra peraltro quanto la classe del ladro / assassino sia sottovalutata in ogni gioco di ruolo.

Chi salva la baracca – o quello che ne rimane – è un personaggio apparentemente di supporto, ma su cui Melisandre si sofferma sin dal suo troppo silenzioso ritorno a Winterfell. Abbiamo visto Arya fare i conti con il lutto, la vendetta, la propria identità ed è sempre rimasto irrisolto quel curioso, breve incontro con la sacerdotessa durante la terza stagione. Dal suo ritorno a Winterfell, i riflettori si sono accesi sempre più insistentemente su di lei, con alcuni suggerimenti disseminati da Bran/Raven sin da quando le ha dato proprio il coltello che ha posto fine all’esistenza del Night King.

Era sbagliata la profezia? Melisandre ha capito tutto proprio all’ultimo momento? O la scrittura di questo episodio ha voluto puntare più sull’effetto sorpresa che sulla consistenza narrativa? Forse Bran ha le risposte, o forse non le avremo mai, ma nel dubbio si preferisce pensar male, perché un payoff emozionalmente così intenso è andato a discapito di una costruzione minuziosa lunga anni e si fa fatica, per il momento, a dare una giustificazione convincente a quanto accaduto all’interno del disegno più grande di Game of Thrones.

The Long Night si basa proprio sul sovvertimento delle aspettative, con tanti segnali di morte in due episodi prodromici a un potenziale massacro, poi mai avvenuto poiché gran parte del cast principale è uscito illeso dalla battaglia. Si chiama, in gergo tecnico da urban dictionary, plot armor: un’improvvisa invincibilità di personaggi più o meno importanti poiché ancora strumentali al proseguimento della trama, o poiché troppo amati dai fan per soccombere alla battaglia.

Un payoff emozionalmente così intenso è andato a discapito di una costruzione minuziosa lunga anni

Jaime, Brienne, Grey Worm, Samwell (!!!) sopravvivono incolumi a vere e proprie ondate di non-morti accalcati su di loro, mentre altri vengono maciullati in modo più o meno eroico – grossi brividi per Lyanna Mormont e il suo sacrificio. Non si sta dicendo che sarebbero dovuti necessariamente morire, ma l’insistenza con cui la sceneggiatura li ha messi in situazioni di insormontabile pericolo per poi vederli ancora in vita a un certo punto è diventato irritante.

L’occhio, una volta abituato all’oscurità, risulta estremamente appagato dalla battaglia e dalla gestione della tensione per un tempo così lungo, con una regia che si dedica più a sguardi soggettivi che ad assalti macroscopici – il costo della CGI deve pur avere un peso. I secondi dedicati in particolare ai draghi ad alta quota illuminati dalla luce lunare sono di una bellezza rara, così come tutta la sequenza stealth di Arya tra gli scaffali della biblioteca.

In alcuni momenti le scelte strategiche dell’armata di Daenerys e Jon Snow appaiono discutibili, come i Dothraki mandati essenzialmente a morire contro il buio senza strategia prima di far entrare in campo l’artiglieria pesante, o Daenerys che stupidamente atterra dopo aver salvato Jon dal gruppo di non-morti appena fabbricati dal Night King. In altri il cuore salta un battito, come l’utilizzo dei Wights come carne da macello per sorpassare le palizzate infuocate o la battaglia aerea contro Viserion.

La chiusura di questo episodio di Game of Thrones è l’ultimo brivido lungo la schiena, con Melisandre che riconosce di aver portato a termine il suo compito e può serenamente morire, spogliandosi del collare che l’aveva fatta resistere così giovane e così a lungo. Gli avvenimenti di The Long Night potrebbero avere strascichi che vanno al di là dell’ingente perdita nell’esercito di Daenerys, perché sorpassata la morte restano i giochi di potere, questioni famigliari irrisolte e un corvo con tre occhi che pare possa prevedere anche il futuro – dove ha mandato i corvi e perché, ci chiediamo.

In definitiva, Cersei ha fatto bene a starsene al caldo, e ci auguriamo non sia resa un villain senza spessore – nonostante venga spesso indebitamente dipinta come tale. Intanto, noi abbiamo assistito a un’ora e venti di intrattenimento per gli occhi con alcune, grosse mancanze strutturali e un fan service verso i personaggi principali in situazioni di pericolo ormai spudorato. Peccato, perché avrebbe davvero potuto essere un capolavoro.


Altre Cronache di Westeros

  • La cripta si è effettivamente dimostrata mortale, ma anche qui senza reale pericolo per i personaggi principali.
  • Jon Snow premio un due tre stella dell’episodio in termini di immobilismo, quando non è in sella a Rhaegal.
  • Daenerys ha preso finalmente in mano la situazione, facendoci dimenticare il suo ego smisurato.
  • Mai visto niente di più idiota della morte di Theon, detto a malincuore.
  • 5.5/10
    Storia - 5.5/10
  • 9.5/10
    Tecnica - 9.5/10
  • 8.5/10
    Emozione - 8.5/10
7.8/10

Summary

La grande battaglia di Winterfell è uno spettacolo per gli occhi e ci getta in preda all’ansia e all’emozione, ma soffre di pesanti problemi di scrittura e di connessione con la mitologia generale di Westeros. C’era ampio spazio per osare, ma Benioff e Weiss hanno troppo spesso optato per la strada più facile.

Porcamiseria

7.8

La grande battaglia di Winterfell è uno spettacolo per gli occhi e ci getta in preda all'ansia e all'emozione, ma soffre di pesanti problemi di scrittura e di connessione con la mitologia generale di Westeros. C'era ampio spazio per osare, ma Benioff e Weiss hanno troppo spesso optato per la strada più facile.

Storia 5.5 Tecnica 9.5 Emozione 8.5
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