Game Of Thrones8×04 The Last of The Starks

La battaglia per il trono è alle porte, e Game of Thrones ce ne dà un antipasto, a tratti indigesto, a tratti azzeccato. L'aria a Winterfell è sorprendentemente calda, mentre a King's Landing la regina non perde tempo e passa subito all'azione.

6.7

Finita la lotta contro la morte, ciò che era destinato accadesse sta finalmente plasmandosi. Daenerys, a corto di uomini, inizia a perdere il controllo sul proprio sogno di gloria, individualità e scaltrezza ritornano a galla e Game of Thrones ci fa intuire che l’arrivo al trono sarà costellato di problemi, non solo di natura prettamente militare. Prima di calarsi nelle acque di White Harbor e assaporare la tensione, questo episodio ci regala un lungo momento per onorare i defunti nella battaglia contro il Night King, tra occhi lucidi e frasi di commiato. Porre lo stemma degli Stark su Theon è l’ultima goccia, e rompe definitivamente la diga che tratteneva le nostre lacrime.

The Last of The Starks ci regala un ottima chiusa del capitolo Night King, inclusi festeggiamenti che già iniziano a destare sospetti. Da una parte Jon, tutti gli Stark e i soldati del nord appaiono uniti e coesi, Arya a parte che fa semplicemente se stessa, e Daenerys, che nonostante le ottime parole proferite per Gendry non riesce ad amalgamarsi alla festa.

Il primo, grande tassello è infatti la salute mentale della regina dei draghi, sostanzialmente usurpata al fotofinish e privata brutalmente di una consigliera e di un altro drago. Si vede una Mad Queen nascere, a conclusione di un percorso da eccellente conquistatrice poco consona al governo – ricordiamoci la crocifissione degli schiavisti di Mereen – contro la quale vediamo schierarsi subdolamente anche Varys e, per ultimo, Tyrion.

Ciò che non convince in questo processo narrativo è come viene raccontato il tracollo psicologico della regina. Un esempio simile di pazzia ce lo aveva offerto Cersei, con un processo di metabolizzazione tuttavia più ponderato e meglio contestualizzato: a confronto, la follia di Daenerys, seppur latente, emerge bruscamente e solo a valle di una serie di aspettative disattese, si vede un build-up, ma le strategie narrative usate per comunicarlo sono meno efficaci.

Quale dei due mali è giustificabile? Quello di Daenerys, latente e sommesso fino ad ora, o quello di Cersei, che nonostante l’appello di Tyrion è irrecuperabile, dopo gli innumerevoli lutti subiti? Si gioca sulle sfumature, poiché i tre draghi di Daenerys sono sentimentalmente equiparabili ai tre figli di Cersei, perché entrambe sono assetate di potere, e perché entrambe hanno fatto emergere la loro follia. Per una delle due abbiamo solo dovuto attendere il terzultimo episodio per vedere le crepe nella maschera.

Con Jon Snow / Targaryen e la compagine di Winterfell, Game of Thrones alterna il raffinato alla fanfiction. Se da un lato il dialogo tra Jon e Daenerys suona poco convincente e mette a disagio, dall’altro il gioco politico di Sansa è un mirabile colpo di classe e strategia travestito da incapacità di tenere i segreti. Sansa è indubbiamente uno dei personaggi dall’arco narrativo più solido – seconda forse solo ad Arya – che ora culmina in atteggiamenti à la Baelish, da scafatissima stratega politica.

Le note veramente dolenti dell’episodio risiedono altrove, a metà tra una scrittura preda di qualche faciloneria e un montaggio confusionario. Logisticamente, non si capisce quanto tempo sia passato nello spostamento del contingente di Daenerys o nel viaggio da prigioniera di Missandei, elementi che non fanno pari con una Cersei dal ventre ancora piatto. In termini di approvvigionamento militare, Yara e le Iron Islands vengono liquidate offscreen, parimenti al brevissimo riferimento a un non ben specificato principe di Dorne – speravamo che Benioff e Weiss avessero smesso di trattare la terra dei Martell come la terra di nessuno, ma ci sbagliavamo.

Nell’imboscata di Euron si notano o colossali errori di valutazione dei personaggi o colossali semplificazioni da parte degli autori: conoscendo il soggetto e ricordando la fine delle Snake Sands, una trappola da parte di Euron era prevedibile, ma soprattutto la morte di Rhaegal era ampiamente evitabile circumnavigando la flotta e sorprendendola alle spalle. In sostanza, sembra troppo comodo che improvvisamente tutti i personaggi avvezzi a tattiche di guerra e battaglie decidano di fare all’unisono la scelta più stupida possibile.

Sansa è infatti uno dei personaggi dall’arco narrativo più solido – seconda forse solo ad Arya – che culmina in atteggiamenti da scafatissima stratega politica

Anche a Winterfell alcuni elementi stonano, al limite dell’out of character: la proposta di Gendry ad Arya, per quanto imbarazzante, mette il punto nel modo migliore possibile a una love story mai nata, e l’intermezzo dedicato a Jaime e Brienne ci dà sensazioni contrastanti. Il discrimine è quanto ciascuno di noi valuta possibile la maturazione di Brienne e la sua apertura a una relazione carnale con un uomo al quale finora è stata legata da semplice amicizia e cavalleria. Capiamo le sue lacrime, l’abbiamo vista sorridere e regalarci più emotività, ma rimaniamo dubbiosi su un’esposizione così ingenua dei suoi sentimenti.

L’arco narrativo di Jaime, infine, ci lascia perplessi. Game of Thrones ci ha sempre fatto vedere il Lannister come soggiogato dal rapporto malato con Cersei, e mai completamente redento. Stavolta ci eravamo illusi di vederlo apertamente schierato contro la sorella e risvegliato dal torpore, ma per la trama e per il gran finale è più conveniente che Jaime si sposti a King’s Landing, quindi eccolo che rientra nei ranghi negli ultimi cinque minuti di episodio.

Non stiamo asserendo che quest’ultima stagione di Game of Thrones non sia godibile, anzi questa ora – o poco più – preparatoria al massacro è scivolata via con una facilità impressionante. Tuttavia, si nota a più riprese come il finale di serie imminente funga da acceleratore su molti archi narrativi, in cui l’inevitabile semplificazione rischia di trasformarsi in scrittura superficiale. Forse dovremmo smetterla di pretendere dalla serie qualcosa che non è più in grado di darci da un paio di stagioni a questa parte, ma dall’altra soffriamo nel vedere tanto potenziale così maldestramente sprecato.


Altre Cronache di Westeros

  • Finalmente qualcuno ha capito che l’incesto potrebbe essere problematico.
  • L’entrata in scena di Bronn è il punto più basso di questa stagione, degno di un qualunque film di serie B in cui i personaggi irrompono dove gli pare e quando gli pare.
  • Bran ormai è un libro di storia vivente, svuotato da ogni desiderio e personalità. Trasmette malinconia, ora che il Night King è dissolto.
  • La cura per un prodotto televisivo si nota anche nei dettagli, come questo bicchiere di Starbucks ben visibile durante l’episodio
  • 5.5/10
    Storia - 5.5/10
  • 6/10
    Tecnica - 6/10
  • 8.5/10
    Emozione - 8.5/10
6.7/10

Summary

Prima della grande battaglia per il trono, Game of Thrones cade preda delle semplificazioni e scade in una scrittura superficiale e in un montaggio frettoloso. Le morti dell’episodio tengono viva la nostra attenzione, ma nascondono male la sua debolezza strutturale. Forse non c’era altro modo di gestire i protagonisti, o forse gli sceneggiatori hanno definitivamente perso il controllo della loro creazione.

Porcamiseria

6.7

Prima della grande battaglia per il trono, Game of Thrones cade preda delle semplificazioni e scade in una scrittura superficiale e in un montaggio frettoloso. Le morti dell'episodio tengono viva la nostra attenzione, ma nascondono male la sua debolezza strutturale. Forse non c'era altro modo di gestire i protagonisti, o forse gli sceneggiatori hanno definitivamente perso il controllo della loro creazione.

Storia 5.5 Tecnica 6 Emozione 8.5
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