GirlbossSeason 1: Storia di Una Cenerentola 2.0

Tratto da una storia vera, Girlboss ci catapulta nella vita di Sophia Marlowe, fondatrice di un impero del vintage milionario. Tra amici comprensivi e un rapporto famigliare non idilliaco, Sophia si farà strada tra le difficoltà della moda online degli anni 2000.

0.0

Questo articolo è stato scritto in crowdsourcing da uno dei nostri lettori. Se anche tu vuoi scrivere il tuo articolo per SerialFreaks, clicca qui.


Con semplicità e leggerezza Sophia Amoruso, una ragazza che dal nulla è riuscita a creare un proprio impero, Nasty Gal, che fattura milioni ogni anno, si racconta tramite il personaggio di Sophia Marlowe. Britt Robertson si tinge i capelli e si cala perfettamente nella parte di Sophia, una ragazza di 23 anni testarda e sognatrice, che con riluttanza guarda al mondo degli adulti, ritenendo il loro un mondo dove i sogni, anziché diventare realtà, muoiono.

“Con l’età adulta i sogni svaniscono. Trovi un lavoro, diventi un automa, cresci, tutto qui. Ed è finita. La società si diverte a metterci uno per uno in riga. Indovina un po’ società: non funziona con me. Se penso di passare il resto della mia vita in uno stupido meccanismo a fare da ingranaggio, giuro che mi tatuo su tutta la faccia la scritta: sul serio? Io devo solo trovare il modo di diventare adulta senza però essere noiosa.”

Girlboss si presenta come una serie con pochi ma buoni elementi: protagonista donna e determinata, massicci richiami ad avvenimenti che hanno segnato la cultura pop degli anni 2000 – due su tutti The O.C. e il celebre breakdown di Britney Spears –  e San Francisco, che fa quasi da personaggio piuttosto che da sfondo alle vicende della protagonista. Questa ricetta di elementi semplici e ammiccanti al pop rende la serie senza dubbio adatta a chi vuol passare trenta minuti di spensieratezza, casualmente convertiti in un bingewatching di un giorno intero, episodio dopo episodio.

La nostra Girlboss non sembra una futura adulta responsabile, almeno non inizialmente, ma colpisce la sua capacità non arrendersi alle difficoltà e di sfruttare le opportunità. La sua passione per il vintage dirotterà inaspettatamente la sua vita,il giorno in cui acquisterà “una giacca da motociclista anni 70 in pelle di vitello in perfette condizioni” per nove dollari in un negozio di usato, “fregando” – parole sue – il negoziante. Il resto è l’ascesa nel mondo della moda.

Non poteva ovviamente mancare l’interesse amoroso, che tuttavia fa da sfondo agli avvenimenti principali non finendo mai del tutto sotto i riflettori, rimarcando quanto l’aspetto fondamentale per la protagonista sia più condividere ciò che sta creando con chi le vuole bene ed è disposto a supportarla. Gli amici di Sophia, particolari e iconici, saranno fondamentali nella fondazione del suo impero e aiuteranno noi spettatori a farci coinvolgere nelle sue vicissitudini: la sua migliore amica Annie, super fan di Britney Spears, è quella che strapperà più di una risata, nel classico ruolo di sidekick che riesce a compensare perfettamente la superbia della protagonista – emblematico sarà in questo l’episodio “Top 8”, vibrante di nostalgia da MySpace.

Il rapporto di Sophia con le figure genitoriali non è dei migliori, e questo influenza radicalmente il suo carattere, fatto di una sensibilità nascosta da una ironia pungente e a tratti arrogante – chiamasi cliché del cuore doro nascosto sotto l’armatura. In particolare, è la figura del padre ad alimentare la voglia di Sophia di crearsi il proprio business e far vedere quanto sa di valere. Sarà pure cliché, ma tocca corde sensibili in tutti noi, spaventati da ostacoli apparentemente insormontabili che possiamo superare solo facendo uscire allo scoperto la nostra anima intraprendente.

L’altro punto focale di Girlboss è, manco a dirlo, la moda. Che siate o meno appassionati dello stile, vedere Sophia andare alla ricerca di vestiti vintage nei magazzini è un piacere per la vista, e non si può non rimanere ammaliati dalle innumerevoli giacche di pelle, camicie e pantaloni che tenta di vendere tramite eBay. La nascita del suo impero, e il passaggio da rivenditrice online a fondatrice di Nasty Gal, passa per la città di San Francisco: il nome per il suo sito sarà proprio donato dalla metropoli americana, dopo uno splendido viaggio attraverso i luoghi più significativi e particolari per Sophia.

Veniamo immersi, con un velo ironico, nel mondo delle vendite online e tutti meccanismi sottostanti: richieste, spedizioni, feedback positivi e negativi – soprattutto quelli negativi. La strada per la perfezione è costellata di critiche e ostacoli, nel caso di Sophia sia reali che virtuali, e la protagonista non si tirerà indietro quando si tratterà di affrontare chi la critica; le difficoltà del mantenimento dell’impero online del vintage daranno vita a scene spassose con ogni tipologia di compratore e venditore online, non senza evidenziare surreali bizzarrie.

Sul finale di stagione Nasty Gal ha ormai preso il via, e nonostante qualche ferita la vita della nostra protagonista sembra finalmente procedere nel verso giusto. Girlboss ci regala complessivamente una pillola di ironia, emotività e forza di volontà che ci fa riflettere su ciò che ci circonda e su chi vorremmo essere, esprimendo al meglio le nostre qualità. I cliché narrativi purtroppo abbondano, e non rimane un prodotto memorabile al pari di altre comedy di casa Netflix certamente più riuscite; se avete altro nella lista delle serie tv da recuperare potete pure evitare di sovvertite le vostre priorità, se invece volete un prodotto seriale da godervi con leggerezza in mezz’ora di tempo libero, Girlboss potrebbe conquistare la vostra attenzione.

3

 

Vota l'episodio!

Sei d'accordo con noi o avresti dato un voto diverso? Dai i tuoi porcamiseria all'episodio e dicci che ne pensi nei commenti!

1 Porcamiseria2 Porcamiseria3 Porcamiseria4 Porcamiseria5 Porcamiseria
Hanno votato questo episodio 2 lettori, con una media di 4,50 porcamiseria su 5.
Loading...

Ti è piaciuto l'episodio?

like
0
Mi è piaciuto
love
0
Tutto!
haha
0
Divertente
wow
0
Porcamiseria!
sad
0
Meh...
angry
0
Che schifo

Commenta l'articolo