House of Cards4×05 Chapter 44 – 4×06 Chapter 45

Con Frank fuori dai giochi, Claire ne approfitta per prendere in mano le redini della macchina politica. Quello che succede quando Frank lo scopre è davvero imprevedibile. Nel frattempo, tra i nemici degli Underwood, alcuni subiscono vittorie definitive, uscendo di scena, mentre altri guadagnano terreno sempre più pericolosamente.

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Con Frank ancora fuori dai giochi, in bilico tra la vita e la morte, intento a vagare nei meandri più incredibili delle proprie allucinazioni, anche il quinto e il sesto episodio della quarta stagione di House of Cards ruotano ancora attorno alla figura di Claire, regina incontrastata di un regno senza il suo sovrano legittimo, ai suoi schemi e alle manipolazioni dallo scopo ancora piuttosto incerto che sono il motore portante della trama principale.

House of Cards 4x05 Chapter 44 - 4x06 Chapter 45 recensione

L’inquilina più importante della Casa Bianca appare sempre più sciolta e disinvolta senza Frank nelle vicinanze e sembra si stia godendo l’assenza del marito. La nonchalance con cui si offre come mediatrice invisibile tra il presidente russo Petrov e il presidente facente funzioni Blythe è quasi sconcertante: nessuno riuscirebbe a mantenere eleganza e credibilità mentre discute di politica internazionale preparando una semplice insalata. In questo breve scambio di battute tra Claire e Blythe emerge chiaramente quali siano le mire della donna, ribadendo implicitamente quanto detto a Frank in Chapter 42: il desiderio di Claire non è quello di spodestare Frank dalla poltrona dietro la scrivania dello Studio Ovale (almeno, non nel breve termine), bensì quello di affiancarlo come partner nella figura di Vice Presidente. Un ruolo, quello del Vice Presidente, che le calzerebbe alla perfezione come le scarpe dal tacco vertiginoso indossate come fossero semplici pantofole (a tal proposito, non potete perdervi questo articolo che parla di come la First Lady di House of Cards sia diventata un’icona di immagine): è lei a guidare da dietro le quinte la telefonata tra Blythe e Petrov, e quindi a tenere saldamente in mano le redini della politica estera di tutti gli Stati Uniti. Sembra che Claire sia proprio tagliata per affiancare il marito alla guida del paese, perché non solo possiede più capacità diplomatiche della Segretaria di Stato Durant – che si lascia rubare il lavoro da sotto il naso in maniera imperdonabile -, ma è anche dotata delle giuste dosi di freddezza e cinismo. Ciò diventa evidente nella sua doppia facciata: First Lady addolorata nell’annunciare in diretta TV la necessità di un trapianto di fegato per il Presidente da un lato, moglie capace di non provare nulla al pensiero di una eventuale morte del marito, per non parlare di come si assicura che Remy Danton inizi a lavorare per conto suo, minacciandolo di rivelare l’affair tra lui e Jackie Sharp.

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L’arte della finzione politica di Claire è un talento naturale che sfrutta non solo per orchestrare con saggezza le proprie sottotrame nascoste, ma anche in pubblico di fronte alle telecamere e ai giornalisti durante una conferenza stampa in cui riesce a dirimere la spinosa situazione venutasi a creare dopo la scoperta degli appunti di Lucas Goodwin circa la vera storia di Frank: etichettando quanto scritto da Goodwin come le “parole di un giovane uomo malato” dalla “mente turbata”, Claire azzera ogni sospetto di colpevolezza e scagiona il Presidente dalle accuse di omicidio e corruzione, annullando (almeno per ora) le indagini sotterranee portate avanti prima dallo stesso Goodwin e poi da Tom Hammerschmidt, l’ex caporedattore del Washington Herald.
L’unico rimasto a tenere testa a Claire è Doug, che considera Frank più di un capo, più di un Presidente, quasi un padre per il quale è disposto a lasciare morire un altro uomo in Chapter 45 affinché Frank ricevi il fegato di cui ha disperatamente bisogno. Doug accusa Claire di indebolire la figura di Frank con le sue ingerenze nei lavori dell’amministrazione, prendendosi autorità e poteri che non le spettano: tuttavia, il modo in cui Claire lo zittisce è indice di quanto la donna sia risoluta e non disposta a sentire ragioni circa il suo modus operandi.

Attorno alla figura di Claire, colonna portante della trama principale in assenza di Frank, il resto di House of Cards sembra un po’ vacillare: intervallata dalle visioni oniriche di Frank, in preda alle allucinazioni, va formandosi una ragnatela di relazioni politiche, diplomatiche ed economiche che vedono il ritorno in scena del miliardario Raymond Tusk, la cui uscita di scena insieme all’ex Presidente Walker aveva permesso a Frank di diventare il nuovo Mr. President. Quella che si sviluppa in Chapter 44 sembra una versione condensata degli episodi più impegnativi delle scorse stagioni di House of Cards: Remy che cerca di corrompere convincere Tusk per farlo salire a bordo del team con cui Claire vuole sanare la crisi del petrolio, le relazioni complesse tra USA, Cina e Russia (il cui salvataggio finanziario dipenderebbe dall’azione congiunta delle altre due potenze, del Fondo Monetario Internazione e dai grandi investitori come Tusk), tutto sembra riportare ai momenti immediatamente precedenti la presa dello Studio Ovale da parte di Frank. Vuoi vedere che la stessa atmosfera stia spianando la strada all’ascesa di qualcun altro? Sarà avvincente vedere come Frank reagirà alla posizione da Claire assunta in sua assenza: se tanto mi dà tanto, il Presidente avrà sicuramente qualcosa da ridire e poco da ridere.
Il fatto che Claire sia la protagonista indiscussa di Chapter 44 non può che far alzare il voto di un episodio che, mescolando intrighi, tentativi di sabotaggio e prese di potere, risulta ottimo già di suo. Per questo, Chapter 44 si merita ben 4 porcamiseria.

4

 

Che Frank Underwood non se la passi bene lo si capisce dalle nuove sequenze oniriche che lo accompagnano in Chapter 45: un magistrale piano sequenza ci mostra il Presidente Underwood in un corridoio della Casa Bianca, che ricorda la carrozza di un treno della metropolitana per via delle luci a intermittenza e i rumori assordanti, al cui interno Claire fa la sua improvvisa comparsa. Frank non fa in tempo a seguirla, però, che la donna si volta per svelare la sua vera identità: nel bel mezzo della folla e del trambusto, quella donna non è altri che Zoe Barnes, la quale rivolge a Underwood, più sconvolto che mai, uno sguardo ambiguo a metà tra il triste e il provocatore e lo invita a seguirla. L’incubo si sposta poi nello Studio Ovale, dove Frank si trova nuovamente a confronto con Zoe, che si avventa su di lui con fare erotico ma allo stesso tempo sinistro, ma i due sono interrotti dall’arrivo di un’altra ombra dal passato di Underwood, Peter Russo. Mentre nella sua mente riaffiorano in superficie le immagine legate al sangue che ha dovuto pagare per farsi strada verso la presidenza, con Zoe e Peter che lo tengono prigioniero nello Studio Ovale, Frank versa ormai in terribili condizioni che solo l’intervento provvidenziale di Doug riesce a risollevare, procurando a spese di un povero uomo un fegato per il Presidente.

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Tutto è bene quel che finisce bene? Stranamente, così sembra e il tutto pare giocare a favore, ancora una volta, di Claire: uscita vittoriosa dall’incontro di negoziazione col presidente Petrov, guidato dalla Underwood nonostante le remore della Segretaria Durant, la First Lady torna alla Casa Bianca dove ad aspettarla c’è Frank convalescente. Frank è di nuovo in piedi e, forse colpito da quanto vissuto durante le sue allucinazioni, si rende conto di quanto Claire gli sia indispensabile.

Frank: “Stay with me. It’s us against them. Always. Otherwise, what’s the goddamn point?”

Il dialogo che si instaura tra i due mette in luce un disequilibrio, una rivoluzione di ruoli ai quali prima si era solo accennato vagamente, senza che questi venissero articolati nei particolari all’interno della trama principale di House of Cards. Sebbene sia Frank a detenere il potere sulla carta, nei fatti è Claire a far sì che lui possa continuare ad esercitarlo. Con questa ammissione, Frank approva il piano di Claire di diventare Vice Presidente e, indirettamente, ammette allo stesso tempo le ragioni che hanno portato la madre di Claire ad odiarlo e quelle che lo hanno spinto a vacillare e annaspare ogniqualvolta che Claire sembrava stesse allontanandosi da lui nelle scorse stagioni di House of Cards. Claire è il vento senza cui la barca a vela di Frank si troverebbe ferma a galleggiare nell’oceano, non solo della politica ma soprattutto della vita, e questo lo si capisce dal tête-à-tête silenzioso ma pregno di significato che i due hanno nell’ultima scena prima del risveglio di Frank.
Da spettatore, è bello vedere il ricongiungimento della coppia presidenziale: oltretutto, il fatto che Frank non sia adirato per le scelte fatte da Claire durante la sua assenza, ma anzi che sia fiero di lei a tal punto da accettare la sua proposta, fanno capire come l’uno non avrebbe senso di esistere se non in presenza dell’altra. Anzi, anzi: il piatto della bilancia è nettamente pendente verso Claire, che esce come vincitrice indiscussa dalla storyline che la vedeva contrapposta anima e corpo al marito.
Proprio questa contrapposizione, ora risolta, è ciò che sta rendendo questa stagione di House of Cards una delle più interessanti fino ad ora: il rapporto simbiotico e indissolubile tra Frank e Claire fa sì che siano davvero, come dice Frank, sempre loro contro gli altri, contro un mondo fatto di membri del Congresso, leader stranieri e giornaliste apparentemente innocue sempre pronto a detronizzare una coppia che non ha alcuna intenzione di abbandonare la propria posizione al posto di comando.

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Il resto dell’episodio Chapter 45 offre l’ennesima dimostrazione di come la morale di fondo di House of Cards non sia altra se non questa: spesso, scegliere di fare la cosa moralmente ed eticamente sbagliata al posto di quella giusta si rivela una scelta intelligente e, addirittura, vincente. La morale della serie si accompagna alla massima machiavelliana “il fine giustifica i mezzi” in molte occasioni: in Chapter 45, per esempio, Claire non avrebbe dovuto lasciare Frank durante i suoi momenti più crtici e non avrebbe né potuto né dovuto sostituirsi a Cathy Durant, rappresentando gli Stati Uniti nella negoziazione con Petrov, ma la sua “scelta sbagliata” l’ha portata ad una vittoria. Allo stesso modo, per quanto sicuramente deprecabile, la scelta di Doug di sacrificare un uomo sconosciuto affinché Frank scalasse al primo posto della lista trapianti si colloca sullo stesso piano.
Al contrario, a riprova del fatto secondo cui le scelte moralmente corrette siano quelle più fallimentari, Heather Dunbar sceglie di essere onesta e di raccontare tutta quanta la verità circa i suoi rapporti con Lucas Goodwin: ovviamente, questo ha comportato una sua esposizione alla famigerata gogna mediatica e una fine prematura della sua campagna elettorale.

Nonostante sembra che House of Cards, quando si tratta di morale, usi ambigue sfumature di grigio, la sua visione morale è piuttosto chiara e incontrovertibile: da una parte ci sono Claire e Frank intenti a farsi spazio a suon di minacce e manovre illegali nella tortuosa scalata al potere, dall’altro ci sono quelli che vorrebbero farli franare rovinosamente a valle usando le armi dell’onestà e della giustizia, che risultano però essere fallimentari.
Come non assegnare 4 porcamiseria, dunque, a un episodio che racchiude cotanto significato e che spiana la strada per uno sviluppo di trama tutto nuovo? Impossibile, appunto.

4

 

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