Se dovessimo immaginare un ipotetico mid-season finale per la quarta stagione di House of Cards lo scorso episodio, Chapter 45, sarebbe quello perfetto. Infatti, con la chiusura (definitiva?) del duello tra Frank e Claire e il salvataggio in extremis della vita del Presidente Underwood, si è chiusa una prima parte di stagione. I primi sei episodi fondano le basi per quanto accadrà a partire da questo capitolo: l’intreccio generale, d’altronde, sembra suggerirci che la spaccatura profonda nel rapporto di coppia degli Underwood è stata una deviazione necessaria dal percorso che i due torneranno a percorrere insieme, più uniti che mai. La coppia ai vertici del potere statunitense è tornata ad essere salda come un tempo e a nutrirsi della forza di ciascuno dei propri membri: mai come in questo caso, è proprio vero che “l’unione fa la forza”.
Lungi da noi di SerialFreaks, ma soprattutto dal sottoscritto, fare una lezione di fisica, ma se non erro il terzo principio della dinamica – non me ne vogliano i nostri lettori fisici – recita pressappoco così: “in natura, per ogni forza ne esiste una uguale e contraria”. Perché mi sono impelagato in questa dissertazione che esula dal campo delle mie competenze? Il motivo è semplice: in Chapter 46, una “forza” inizia a prendere piede in House of Cards e lo fa presentandosi come l’immagine speculare degli Underwood, diametralmente opposta ma non per questo meno temibile.
Visualizzate l’immagine prototipica della famiglia ideale, la cosiddetta “famiglia del Mulino Bianco” tanto per intenderci. Ad una prima analisi superficiale la famiglia del Governatore di New York, nonché Candidato Repubblicano alle elezioni presidenziali, Will Conway, ha tutte le carte in regola per essere una famiglia di questo genere: Will è l’affascinante incarnazione del veterano per antonomasia, strenuamente votato alla difesa e al servizio del proprio Paese, affiancato da una moglie che pensa già ai progetti da portare avanti una volta diventata First Lady e da due splendidi figli. Come non fare il tifo per loro? Sono belli, ricchi, potenti e carismatici – un quartetto di caratteristiche, questo, capace di far breccia nel cuore e nella coscienza elettorale di molti cittadini WASP (White Anglo-Saxon Protestant, ovvero Bianchi Anglo-Sassoni Protestanti), ma soprattutto di dare del filo da torcere al sempre meno favorito Presidente Underwood.
I Conway hanno diversi assi nella loro manica, forse fin troppo sottovalutati dagli Underwood: sono giovani, attraenti e hanno una famiglia felice con dei figli, al contrario di Frank e Claire, una coppia di mezza età con problemi matrimonali alle spalle e senza alcun figlio.
Il ritratto che emerge dai bagni di folla a cui Conway partecipa è quello di un uomo tutto di un pezzo, dai sani princìpi, il che è uno stratagemma di marketing politico quasi infallibile – immagini di questo genere, peraltro, ricordano molto quelle della famiglia Obama -, specie quando è unito, come in questo caso, ad un uso sistematico dei mezzi di comunicazione. I Conway non esitano ad accaparrarsi letteralmente i social network per far arrivare questa immagine di famiglia perfetta alla percentuale più ampia possibile di elettori: una mossa geniale, ma soprattutto un rimando al fatto che l’utilizzo quotidiano dei social ha trasformato gli utenti stessi in “politici”, costringendoli inconsciamente ad un utilizzo mirato delle piattaforme per ottenere sempre più consenso e apprezzamento, e ha dato un valore all’ostentazione e alla spettacolarizzazione vanesia dei momenti di intimità – vanità che ritroviamo nella scena in cui i Conway fanno sesso guardandosi allo specchio, seguita dalla registrazione di un momento tutto familiare insieme ai figli, che diventano potentissimi strumenti di propaganda.
Viene automatico pensare a come gli Underwood tenteranno di volgere la patina di perfezione dei Conway a loro vantaggio – perché sicuramente lo faranno, è solo questione di tempo: una cosa di cui siamo certi, è che sia Frank sia Claire non si fanno mettere i bastoni tra le ruote così facilmente. Questa convinzione deriva dal fatto che, durante tutto l’episodio, viene fugato qualsiasi dubbio sulla ritrovata forza nel legame degli Underwood: quella che Frank e Claire stanno (ri)mettendo in piedi è una macchina da guerra dall’artiglieria pesante, preparata passo per passo stringendo accordi con i lobbisti della NRA (National Rifle Association), un’associazione no-profit che si batte per i diritti dei possessori di armi da fuoco, e con i membri del Congresso per deciderne la leadership.
La storyline riguardante la NRA risulta forse oltremodo superflua, perché appesantisce di molto l’andamento della storia, rubando spazio all’inizio del duello Underwood vs Conway: sembra quasi che gli autori abbiano spostato l’attenzione su spinosi temi di attualità quali la sorveglianza interna e l’affermazione internazionale di un’associazione del tutto assimilabile all’ISIS, trovando poi un modo per unire le due che risulta però poco interessante e coinvolgente.
Per questo motivo, Chapter 46 si merita soltanto 3 porcamiseria: nonostante la qualità della regia rimanga sempre molto alta, il coinvolgimento dello spettatore viene lasciato momentaneamente in secondo piano, preferendo ad esso l’introduzione di quello che sarà lo scenario degli episodi a seguire.
House of Cards prosegue in Chapter 47 mostrandoci le trame intessute da Frank e Claire in vista della Convention Democratica: è un momento fondamentale, perché il Partito Democratico si riunisce per eleggere i propri candidati alla Presidenza e alla Vice Presidenza in vista delle elezioni presidenziali. Il parallelismo con la politica attuale è ancora una volta inevitabile, dal momento che gli Stati Uniti dovranno scegliere a breve tra Hillary Clinton e Bernie Sanders per i Democratici, e tra Donald Trump, Ted Cruz e John Kasich per i Repubblicani.
Nonostante queste circostanze rimandino alle atmosfere intriganti della prima e della seconda stagione, assistere alle macchinazioni degli Underwood in questo episodio non è stato affatto semplice: vuoi la poca familiarità con i meccanismi della politica d’oltreoceano, vuoi per la lentezza del modo in cui è strutturato il racconto, questo episodio rischia di far distogliere l’attenzione dello spettatore in più di un momento. Ciò va a discapito della trama più generale e di un contesto che, diversamente, potrebbe essere più coinvolgente. Inoltre, una cosa che è risultata poco chiara è come mai Cathy Durant non fosse già in lizza come futura Vicepresidente, dal momento che sembra una candidata così naturalmente idonea a ricoprire il ruolo. A parte questo, le trattative dietro le quinte hanno offerto agli autori di servirci uno scambio di battute sottile ma molto rilevante ai fini della trama:
Bob: “A Supreme Court confirmation, in the middle of an election?”
Frank: “Oh come on, grow a pair, Bob!”
La prospettiva di una Convention costruita su una fitta base di trattative e mediazioni, tra l’altro, potrebbe anche essere una premonizione di ciò che potrebbe accadere nella politica reale se il movimento #NeverTrump prendesse davvero piede. Nel mondo di House of Cards, del resto, si può ben capire come mai Frank abbia spinto affinché si scatenasse il caos tra i membri della leadership: lui sa di poter manipolare affinché il consenso per Claire al posto della Durant possa scaturire in maniera apparentemente spontanea.
D’altro canto, Claire si impegna anche personalmente per assumere un ruolo ancora più prominente nella scena politica: la sua telefonata pre-registrata per sensibilizzare la nazione circa l’annosa questione del controllo delle armi dimostra ancora una volta come la sua spietatezza politica combaci alla perfezione con il suo magnetismo personale e alla sua capacità di fingere di essere vulnerabile al momento opportuno. Ciò mette ancora a confronto gli Underwood e i Conway: se è vero che Frank trova in Will la sua controparte, quasi sicuramente non si può dire lo stesso per Claire e Hannah, che in questi episodi diventano le due donne più importanti di House of Cards. Le scene che vedono interagire i due coniugi Conway sono lontane anni luci dalla chimica che emerge quando Spacey e Wright sono insieme sullo schermo.
Questo episodio è colmo di rimandi al passato di House of Cards: il ritorno di Tom Yates (non che sentissimo la mancanza della sua aria di scrittore decadente in chiave moderna), ma soprattutto la visita di Tom Hammerschmidt al quartiere dove Frank e Zoe Barnes avevano trascorso insieme momenti tra i più bollenti e controversi delle stagioni passate. Rivediamo personaggi e ambientazioni che mancavano da quasi tre anni ma, in particolare, la comparsa del giornalista si rivela fondamentale perché, dopo parecchio tempo passato a mettere insieme i tasselli di un puzzle apparentemente irrisolvibile, in questo episodio egli comprende di essere sulla pista giusta per dimostrare una volta per tutte i reati commessi da Frank.
Le trame organizzate da Frank e Claire e i tentativi di Hammerschmidt di smascherare una volta per tutte le malefatte orchestrate dagli Underwood nelle precedenti stagioni risultano nel complesso ben intrecciate, anche se le prime, e specialmente la corsa alla vicepresidenza di Claire, appesantiscono eccessivamente l’andamento dell’intero episodio. Per questo motivo, anche Chapter 47 si merita 3 porcamiseria.
Vota l'episodio!
Sei d'accordo con noi o avresti dato un voto diverso? Dai i tuoi porcamiseria all'episodio e dicci che ne pensi nei commenti!
Hanno votato questo episodio 4 lettori, con una media di 4,00 porcamiseria su 5.
Loading...
TwitterFreaks
Frank, la voce della verità!!! #HouseOfCards #4×07 pic.twitter.com/Ne5PxPrFlq
— Roberta🐍 (@Roberta8825) March 6, 2016
A me Claire inquieta da morire. Avrei paura a starle vicino 😶 #HouseOfCards #4×08
— Roberta🐍 (@Roberta8825) March 7, 2016
Ti è piaciuto l'episodio?
