Gli ultimi episodi How to Get Away with Murder sono finalmente arrivati. Con così tanta carne ancora sul fuoco e poche idee su come la sparizione di Laurel e Cristopher possa risolversi, la storia di Annalise e dei K5 sceglie di partire in controtendenza, soffermandosi più sulla protagonista e i suoi annosi problemi che sul vero e proprio intreccio post-crisi da Kaplan & Gold.

Sorprendentemente, questa scelta si rivela vincente per l’episodio, tralasciando i soliti, inutilmente complicati intrecci, e puntando sui più solidi elementi psicologici dei protagonisti. Annalise in rehab sotto falso nome inizialmente stordisce, specialmente dopo la sequenza onirica del suo funerale, ma successivamente comprendiamo come per lei questa possa essere davvero un aiuto a maturare piuttosto che una temporanea via di fuga dai problemi.

Le botte al cuscino, la progressiva intimità con la compagna di stanza, la fiducia nella terapia trovata dopo un iniziale scetticismo sono i momenti migliori di questo inizio di stagione, seguiti a breve distanza dai momenti di discesa nell’abisso, dopo la notizia della morte di Emmet. Le insicurezze di Annalise, profondamente legate a temi di razzismo e maschilismo, esplodono in una serie di epiteti lanciati con rabbia, in piena aderenza con l’arco narrativo della protagonista.

Al di fuori del rehab il gruppo annaspa, senza sapere nemmeno da dove iniziare per cercare Laurel e Christopher. Ma soprattutto, forse per la prima volta in assoluto, si è spiazzati dalla momentanea assenza di soluzioni percorribili – assieme a probabili guai. Annalise esorta i K5, specialmente Michaela, a lasciare perdere Laurel e a guardare avanti. Non è un proposito realistico, lo sappiamo meglio di lei, ma per il momento si mette il freno a quella narrazione convulsa a cui eravamo purtroppo abituati, e si rimane su lidi sicuri.

Tra gli altri dettagli estremamente importanti, vediamo Tegan e alcune azioni che potrebbero implicare quello che non vorremmo per lei: una svolta da villain immeritata e potenzialmente pilotata a fini narrativi. Quel “Boy, bye” seguito da occhiate compiaciute allo schermo non è un buon segno, sia per il futuro dei protagonisti che per una costruzione convincente della trama. Altrove, anche il sentimento esploso tra Michaela e Gabriel pare affrettato e poco genuino, ci si sbriga ad accoppiare i personaggi solo perché saranno probabilmente poi strumentali a eventi melensi o catastrofici. A proposito di catastrofi, Vivian non smette di interessarsi al figlio, anzi in questa stagione siamo sicuri che sarà fonte certa di guai – si veda la voce Operation Bonfire.

La conclusione dell’episodio ci lascia di sasso, per due motivi: in primis ci aspettavamo un esito simile quasi alla fine della serie, mentre immaginiamo sarà l’evento catalizzatore del midseason finale. Secondariamente, con sfumature negative, una scelta del genere da parte degli autori fa un po’ venir meno l’interesse verso la salvaguardia della protagonista, se già sappiamo come andrà a finire – la curiosità del come accadrà, manco a dirlo, non manca affatto.

How to Get Away with Murder ci tiene ancora compagnia, è stato finora uno show dai molti alti e bassi, ma che quando sa giocarsi le sue carte può puntare all’eccellenza – la sospensione dell’incredulità bisogna comunque tenerla in conto. La sesta stagione parte puntando in alto e arrivando quasi alla vetta, lasciandoci desiderosi di saperne di più e pienamente coinvolti nel nuovo corso di Annalise Keating e del suo gruppo di criminali.

8/10

Storia - 8/10
7.5/10

Tecnica - 7.5/10
8.5/10

Emozione - 8.5/10

8/10

Summary

How to Get Away with Murder torna con una season premiere in controtendenza rispetto al passato. Non siamo sommersi di mistero e intricati flashforward, ma forse è meglio così, poiché l’episodio ne ha enormemente beneficiato.