Humans1×01 Episode 1

Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. Se avete anche solo un minimo di dimestichezza con la fantascienza – quella più classica, sia essa cinematografica o letteraria – avete già sentito parlare delle Tre Leggi della Robotica. […]

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Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno.

Se avete anche solo un minimo di dimestichezza con la fantascienza – quella più classica, sia essa cinematografica o letteraria – avete già sentito parlare delle Tre Leggi della Robotica. Postulate da Isaac Asimov nella sua pressoché infinita serie di racconti e romanzi, le Tre Leggi sono apparse da subito talmente sensate e valide da diventare la base per la stragrande maggioranza dei racconti a tema robot, androidi e quant’altro. Se non avete idea di cosa io stia parlando, vi consiglio una rapida ripassatina su Wikipedia – e la visione del film L’Uomo Bicentenario, per restare in tema – perchè le vicende della nuova serie di Channel 4, Humans, partono proprio da lì, dalla fantascienza più classica e dal rapporto conflittuale tra umani e robot che l’ha sempre contraddistinta.

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Umani e Synth

Humans è ambientata nella Londra dei giorni nostri, ma in una specie di dimensione parallela, in cui lo sviluppo della robotica ha raggiunto livelli tali da permettere che avanzatissimi androidi convivano insieme agli esseri umani.

Questi robot – chiamati synth – sono esteticamente in tutto e per tutto identici agli esseri umani – anzi, avendone la possibilità, vengono creati fighissimi, con le sembianze di modelli e modelle – fatti salvi gli occhi, così verdi e brillanti da sembrare subito sintetici. Le loro funzioni, però, sono perlopiù di servizio: badanti, tate, “donne” delle pulizie, braccianti. Insomma, tutti quei lavori che gli esseri umani non vogliono più fare (vi suona familiare? ed è solo il primo di una lunga serie di parallelismi con l’attuale situazione di immigrati e minoranze etniche).

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Nonostante le loro sembianze, i synth vengono considerati dalla stragrande maggioranza della popolazione alla stregua di elettrodomestici, ed è impossibile non notare fin da subito parallelismi e contraddizioni con la tecnologia odierna. I synth si comprano al centro commerciale, si accendono con un tasto posto sotto il mento – e fanno pure un suono di avvio molto simile a quello dei Mac – la loro procedura di configurazione iniziale ricorda molto da vicino quella degli iPhone e di notte bisogna ricaricarli. Persino quando Anita, il synth protagonista, parla per la prima volta, ci sembra di avere davanti Siri in carne ed ossa.

D’altra parte, però, il tutto sembra un po’ stridere: possibile che al mondo esistano (e da anni, vista la loro diffusione) androidi così avanzati mentre la gente usa ancora un iPhone con iOS8? Possibile che il resto della tecnologia sia ancora ferma al 2015? Se, quindi, l’idea di un’ambientazione a metà tra l’odierno e il futuristico sulle prime sembra ben riuscita e accattivante, già nel proseguire del pilot queste contraddizioni iniziano a farsi sentire e, per certi versi, infastidiscono.

Gli Hawkins

In tutta questa cornice, si inseriscono le tre diverse storyline che compongono l’episodio e, immagino, l’intera serie. In primis, facciamo la conoscenza della famiglia Hawkins.

Non è certo quella che si definisce una famiglia modello: la madre Laura, sempre in viaggio per lavoro, lascia il controllo della casa e dei figli al marito Joe, il quale esasperato dalle faccende domestiche e dal dover badare a due figli adolescenti e una più piccola, decide di andare al centro commerciale e comprare un Synth, la già citata Anita.

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Le reazioni dei familiari al grande acquisto sono discordanti. Sophie, la più piccina, la accoglie subito come una di famiglia; Toby, il figlio adolescente, ne apprezza quantomeno le fattezze – e il padre si premura di nascondere la parte vietata ai minori del libretto di istruzioni. La figlia maggiore Mattie, invece, un po’ stereotipata nel ruolo di adolescente ribelle e in perenne lotta con i genitori, la prende subito in antipatia e inizia a tirarle brutti scherzi, un po’ come quelli che trovandosi in mano un iPhone con Siri hanno trovato intelligente come prima cosa provare a mandarla a fanculo o darle della zoccola.

Lo stesso capofamiglia Joe è entusiasta di Anita, e la vede un po’ come un mezzo per alleviare i problemi familiari e far riavvicinare lui e Laura. Quest’ultima, dal canto suo, non vede il synth di buon occhio, sentendosi in qualche modo spodestata e quasi derubata del suo ruolo di madre.

Tra alti e bassi, inizia così la nuova vita della famiglia Hawkins con il suo nuovo synth… almeno fin quando Mattie e Laura iniziano a rendersi conto che certi atteggiamenti di Anita sembrano forse un po’ troppo… umani.

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Il Dr. Millican

La seconda storyline verte sul personaggio di George Millican, interpretato da un eccellente William Hurt.

A quanto pare, anche il sistema previdenziale inglese si è adeguato all’avanzamento tecnologico perchè, da quello che possiamo capire, esistono programmi che forniscono gli anziani e le persone sole di synth appositamente programmati per l’assistenza domestica – anche sanitaria – e la compagnia.

William Hurt as George.

George è uno dei beneficiari di questo programma, soprattutto da quando è rimasto vedovo, ma la sua situazione è alquanto particolare: il vecchietto si è infatti affezionato in maniera quasi morbosa al suo synth ormai obsoleto, datato e difettoso, arrivando a considerarlo in tutto e per tutto come il figlio mai avuto e facendo così di tutto per evitarne la sostituzione con un modello più recente.

Le scene con protagonisti George e Odi, il suo malandato synth, sono davvero commoventi e trasmettono una tristezza di fondo con cui è difficilissimo non empatizzare. D’altro canto, però, le vicende di questa storyline sembrano totalmente scollegate dalle altre due e rallentano parecchio il ritmo della narrazione. Il fatto che George, da giovane, fosse però l’inventore dei synth ci fa ben sperare in un’evoluzione del personaggio e della storyline che in qualche modo si colleghi a quella di Leo.

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Leo e i fuggitivi

Anche in Humans non ci facciamo mancare una storyline più misteriosa, che gira intorno all’altrettanto misterioso personaggio di Leo (interpretato da Colin Morgan, conosciuto ai più per aver interpretato Merlin).

Leo sembra in qualche modo intenzionato a rimettere insieme una vecchia compagine di synth – tra cui la stessa Anita – i quali hanno sviluppato la capacità di pensiero autonomo e, soprattutto, hanno imparato a provare sentimenti. È questa la storyline che più si collega alle già citate Leggi della Robotica e, più in generale, alla fantascienza classica, quella degli anni Cinquanta, quella che raccontava un mondo in continua evoluzione e la paura che le macchine, un giorno, possano arrivare a sopraffare l’essere umano.

Humans

Non per nulla, mentre Leo è in fuga con l’androide Max tentando di rintracciare Anita – e l’altra sua amica synth, Niska, è costretta a fare la puttansynth in una casa chiusa – noi facciamo la conoscenza di un possibile nemico, tale Hobb, che si è messo sulle tracce di Leo intenzionato a fermare una volta per tutte il proliferare dei synth senzienti.

The Good and the Bad

Insomma, le premesse di Humans sono buone, e il primo episodio riesce nella sua missione di introdurci nell’universo della serie e, allo stesso tempo, incuriosirci sullo sviluppo delle vicende future. La caratterizzazione di Anita è ben riuscita, così come quella dell’intera famiglia Hawkins, eccezion fatta per Mattie, che continuo a trovare stereotipata, oltre che odiosa. Le emozioni più profonde sono invece suscitate dalla storyline di George, la quale però necessiterebbe di un maggiore inquadramento all’interno della storia generale, perchè ora come ora, pur ben fatta, sembra veramente piantata lì a casaccio. Le vicende di Leo, invece, sono quelle che ci creano la maggiore curiosità – oltre al cliffhanger finale, ansiogeno al punto giusto –  e hanno il maggiore spazio per sviluppi potenzialmente molto interessanti.

Speriamo che Humans, però, trovi in fretta la sua strada e decida qual è la vera anima della serie, se si tratta di un family drama futuristico o se invece sarà la strada più sci-fi a prendere il sopravvento.

Per il momento, il pilot si aggiudica tre porcamiseria, perchè le basi ci sono e si vede, ma c’è bisogno di qualcosa di più, di quel salto di qualità in più. Insomma, il ragazzo è intelligente, ora deve solo applicarsi.

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Come sempre, aspettiamo le vostre opinioni! Commentate con noi la puntata qui sotto, oppure su Facebook o su Twitter usando l’hashtag #Serialfreaks!


 

Su Twitter, nel frattempo, mentre c’è chi ha messo in dubbio l’ideona di Joe…

…e chi è in ansia per il cliffhanger…

…qualcun’altra ha già iniziato a fangirlare per Colin Morgan.

https://twitter.com/perfectderavin/status/610399872966107136

Porcamiseria

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