I Am Not Okay with ThisI Am Not Okay with This Season 1: ne valeva la pena?

Season Recap La comparsa di poteri sovrannaturali sconvolge la già turbata vita di Syd, in un teen drama tragicomico che non riesce a discostarsi da altre produzioni che l'hanno preceduto e dalle quali scopiazza senza impegnarsi a cambiare qualche virgola.

5.7

Spesso nelle campagne promozionali di una serie o di un film si sottolinea la parentela con altri prodotti firmati dagli stessi produttori, sceneggiatori o registi, sia con lo scopo di catturare l’attenzione di chi ha apprezzato le produzioni precedenti, sia per proporre una sorta di garanzia di qualità. È l’espediente cui è ricorso Netflix nella promozione di I Am Not Okay with This, una nuova serie “dai produttori di Stranger Things e dal regista di The End of the F***ing World” che ha debuttato sulla piattaforma il 26 febbraio. Se in un primo momento questa potrebbe sembrare un semplice slogan pubblicitario come quelli cui abbiamo accennato, durante la visione ci si rende conto di come non sia possibile parlare della serie senza fare riferimento a questi altri titoli, in quanto già questo sarebbe sufficiente a descriverne l’essenza.

In realtà, prima di approfondire il discorso, bisogna fare alcune precisazioni sulla genesi dell’opera. Se il paragone con Stranger Things va decisamente ridimensionato, in quanto della serie dei fratelli Duffer non c’è nulla se non il nome dei produttori e una protagonista con dei poteri psichici, lo stesso non si può dire a proposito dell’associazione con The End of the F***ing World, poiché le due storie sono vere e proprie sorelle, imparentate tanto nel medium televisivo, tramite il creatore e regista Jonathan Enwistle, quanto in quello cartaceo tramite le due graphic novel da cui sono tratte, entrambe firmate da Charles Forsman. E nonostante a volte tra sorelle le somiglianze possono anche non vedersi, questo non è certamente uno di quei casi: si tratta per lo più di somiglianze stilistiche nella regia o nei capisaldi della trama, ma questo basta a dare spesso la sensazione di guardare un prodotto che vuole farsi forte del successo di ciò che è venuto prima senza portare qualcosa di innovativo.

Entrando più nello specifico e lasciando da parte parentele varie, I Am Not Okay with This è un teen drama che, per quanto manifesti il desiderio di essere una voce fuori dal coro, ripercorre i tratti fondamentali del genere: ci sono una protagonista insicura e con un background familiare drammatico, considerata da tutti una disadattata, un co-protagonista altrettanto disadattato ma sufficientemente simpatico da poter ricoprire anche il ruolo di spalla comica oltre a quello di pretendente non corrisposto, una migliore amica affettuosa ma sempre più distante che ha cominciato a frequentare l’arrogante ragazzo popolare della scuola e che rappresenta il vero interesse amoroso della protagonista.

Si ha spesso l’impressione di guardare un prodotto che vuole farsi forte del successo di ciò che è venuto prima senza portare qualcosa di innovativo

Si tratta di personaggi e situazioni talmente visti e rivisti da essere assolutamente prevedibili; al di là di Bradley, sicuramente quello che tra tutti meno si impegna ad andare oltre lo stereotipo del bulletto fatto e finito, anche Dina e Stan restano fin troppo vincolati alla propria funzione narrativa, nonostante sia sempre piacevole vederli in scena. Un discorso più complesso, che ci richiede di tornare a qualche paragone, riguarda Sydney, un personaggio in cui si è provato a coniugare l’insicurezza tipica dei protagonisti di alcuni prodotti teen con l’approccio irriverente di Alyssa di The End of the F***ing World: i due tratti dimostrano la propria incompatibilità nelle oscillazioni della caratterizzazione di Syd, tanto disincantata e tagliente nei voice-over quanto impacciata, se non del tutto inibita, nelle interazioni con gli altri personaggi, generando così un effetto straniante che non riesce a cancellare però l’impressione di trovarsi di fronte una poco riuscita miscela di caratteri stereotipati.

Quello di Sydney è, in fondo, il più classico dei percorsi di formazione, ossia quello in cui il/la protagonista va alla ricerca della propria identità e di un nuovo equilibrio a partire da alcuni turbamenti intervenuti nella sua quotidianità. In questo caso i turbamenti sono molteplici, dal suicidio del padre all’allontanamento di Dina e alla comparsa dei poteri, e la storyline di Sydney è finalizzata al superamento e all’accettazione di tutti e tre. La riscoperta del rapporto con Dina dopo aver preso coscienza del proprio interesse amoroso per la ragazza è forse l’anello più debole, in quanto lo spunto meno approfondito più scontato, mentre sorprende positivamente la trattazione del tema del lutto, che la serie approccia dapprima con delicatezza e poi in modo più deciso e impegnativo. La svolta paranormale della vita di Syd è invece la grande incognita, un elemento che all’inizio convince solo in parte poiché sembra trattato con superficialità e senza un vero e proprio fine e che poi, soprattutto nell’ultimo episodio e in particolare nelle scene finali, rivela la sua vera funzione catturando finalmente l’interesse degli spettatori.

Il cliffhanger finale è un punto di svolta notevole che ci porta a vedere I Am Not Okay with This in una prospettiva diversa. Se il fine era quello di dare questa impronta alla serie sarebbe stato preferibile che già questa prima brevissima stagione mostrasse maggiormente l’ambizione di costruire un complesso intreccio dalle tinte fantasy, magari con qualche episodio in più che desse maggiore solidità alla trama orizzontale, senza lasciare tutto nell’ombra per poi sorprendere con effetti speciali negli ultimi minuti; così invece non è da escludere il rischio che lo spettatore etichetti la serie come “The End of the F***ing World ma più noiosa” e interrompa la visione, senza lasciarsi condurre dalla narrazione (comunque godibile, per chi non sa come impiegare tre ore) fino al promettente twist conclusivo.

  • 5/10
    Storia - 5/10
  • 6/10
    Tecnica - 6/10
  • 6/10
    Emozione - 6/10
5.7/10

Summary

La serie fatica a liberarsi del paragone con la sorella maggiore The End of the F***ing World e non si impegna granché per proporre idee nuove e originali. La narrazione è gradevole e la brevità la rende perfetta per un binge-watching, ma di certo non è un prodotto di cui il catalogo di Netflix sentiva il bisogno.

Porcamiseria

5.7

La serie fatica a liberarsi del paragone con la sorella maggiore The End of the F***ing World e non si impegna granché per proporre idee nuove e originali. La narrazione è gradevole e la brevità la rende perfetta per un binge-watching, ma di certo non è un prodotto di cui il catalogo di Netflix sentiva il bisogno.

Storia 5 Tecnica 6 Emozione 6
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