Marvel’s Jessica Jones1×02 Crush Syndrome – 1×03 It’s Called Whiskey

In questi due nuovi episodi Jessica decide di lanciarsi alla ricerca di Kilgrave nella speranza di trovare qualche debolezza. Nel frattempo si batte affinché a Hope venga riconosciuto pubblicamente di essere stata manipolata dal supercriminale, lottando sia contro i pregiudizi della gente che contro i fantasmi del suo passato, più vivo che mai nella persona […]

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In questi due nuovi episodi Jessica decide di lanciarsi alla ricerca di Kilgrave nella speranza di trovare qualche debolezza. Nel frattempo si batte affinché a Hope venga riconosciuto pubblicamente di essere stata manipolata dal supercriminale, lottando sia contro i pregiudizi della gente che contro i fantasmi del suo passato, più vivo che mai nella persona di Luke.

Jessica Jones 1x02 Crush syndrome 1x03 It's called whiskey recensione

Through the looking glass

Il secondo capitolo di Jessica Jones riparte dal drammatico epilogo del pilot: la nostra investigatrice viene interrogata per capire che ruolo ha giocato nel duplice omicidio dei genitori di Hope Shlottman. Non avendo prove del suo coinvolgimento, la polizia cerca conferme da Luke Cage, il quale scopre nell’occasione che Jessica lo teneva d’occhio. La ragazza non può rivelare il vero motivo per cui lo fa, e tira in ballo la moglie di un signore a cui Luke ha regalato 160 cm di altezza in corna. Liberatasi dai sospetti della polizia, Jessica può concentrarsi nella ricerca di informazioni riguardo a Kilgrave, che credeva morto in un incidente in cui ha apparentemente perso la vita Reva Connors, una persona cara a Luke (tanto cara da nascondere la foto nell’armadietto del dentifricio). Il criminale è riuscito a sopravvivere grazie alle sue abilità di controllo mentale, costringendo l’autista dell’ambulanza a donargli i suoi reni e manipolando un medico affinché eseguisse l’operazione (in Italia sarebbero bastati 5000€ per entrambi).

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Grazie alle sue doti di investigatrice non convenzionale, Jessica riesce a risalire a questo chirurgo, il dottor Kurata (cui va il premio “Fuga della settimana”), il quale le confessa di aver eseguito l’operazione senza anestesia totale, perché Kilgrave ha voluto che fosse così. La supereroina capisce che gli anestetici avrebbero provocato un indebolimento dei poteri del criminale, e mentre piazza il primo tassello per la sconfitta materiale dell’Uomo Porpora, riesce anche a convincere Kurata a parlare con Jeri Hogarth, che, a seguito di questi nuovi elementi, decide di accettare le insistenze di Jessica e quindi di difendere Hope in tribunale. Nel finale della puntata, a causa di una rissa scatenata dalla scusa usata da Jessica al bar, Luke scopre le capacità della ragazza e decide di rivelarle di avere la pelle indistruttibile provando a tagliare un etto di bresaola dal suo corpo con la smerigliatrice.

Che Jessica Jones fosse una serie atipica sui supereroi non solo lo si percepiva dalle diverse interviste a chi ci ha lavorato, ma anche dai fumetti cui è ispirato il serial, che ritraggono un’eroina sui generis, con atmosfere sicuramente non facili da trasporre su un altro media. In questi primi episodi la scommessa di Marvel e Netflix sembra pagare, anche grazie alla fortuna ottenuta da Daredevil la scorsa stagione. Certamente parte della bellezza di Jessica Jones è mutuata dalle avventure di Matt Murdock, da cui riprende non solo le atmosfere dark, adattandole a toni più noir, ma anche un realismo (ormai tipico) che stride ma non risulta fuori luogo in una serie sui supereroi – Agents of S.H.I.E.L.D. da questo punto di vista è completamente all’opposto, vuoi per scelte “artistiche”, vuoi per la rete che la trasmette, e riesce comunque ad avere standard qualitativi alti, soprattutto in questa stagione.

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L’azione per ora fa posto all’introspezione, i superpoteri sono appena accennati, non del tutto chiariti, né nell’origine né nella portata: abbiamo Jessica e i suoi traumi, causati da un nemico, anche lui in penombra finora, ma abbastanza in vista da avvertirne la minaccia e la rabbia dovuta all’abbandono. Jessica è la pecorella smarrita di Kilgrave (il riferimento è al quadro in casa dell’autista dell’ambulanza che implora di morire), un’ossessione che si focalizza su di lei e che fa terra bruciata tutto intorno. Specularmente – gli specchi sono una presenza costante in questo episodio – Jessica è ossessionata da Kilgrave una volta saputo che non è morto: l’investigatrice vive a metà tra l’isolamento e la necessaria richiesta d’aiuto, di conforto, di speranza (non a caso Hope è la vittima del criminale).

Possono esistere i supereroi in questa zona grigia della mente? In maniera del tutto non convenzionale, sì. Così Jessica può dispiacersi per l’autista dell’ambulanza ma non aiutarlo. Hope è poi un altro degli specchi dell’investigatrice di Hell’s Kitchen, vittima incompresa e inascoltata, rappresentazione del suo lato debole che ha ceduto, guardata con disprezzo e al contempo comprensione, obiettivo di quell’aiuto che lei da sempre rifiuta. Lo schiacciamento e la relativa sindrome del titolo bene rappresentano la pressione che Kilgrave esercita sulla psiche di Jessica, che rende inevitabile e specularmente connesso (come nel caso dei reni) il destino dei due antagonisti.

4.5

 

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Sex and the City

Il terzo episodio accenna velatamente all’intesa sessuale tra Jessica e Luke, i quali, ormai consapevoli dei propri poteri, possono fare la fortuna dei produttori di letti. Jessica non ha però il coraggio di ammettere di essere la responsabile della morte di Reva, che scopriamo essere stata la moglie di Luke. L’intera città intanto esterna i propri giudizi negativi su Hope, neanche fosse Donald Trump, spingendo la nostra investigatrice a cercare di migliorare l’immagine pubblica dell’assassina, cosa che, si sa, è determinante nei processi americani. Riesce ad ottenere quindi un’intervista tra la sua (ex-non-più-ex) migliore amica Trish e l’assassina; durante il confronto radiofonico lo spirito di Gasparri s’impossessa della speaker che comincia a offendere pesantemente Kilgrave, rinomatamente uno che non se la prende. Mentre Jessica è intenta a cercare (e trovare) l’anestetico che può indebolire il supercriminale, Trish viene attaccata da un poliziotto manipolato che riesce quasi nell’intento di ucciderla, se non fosse per l’intervento tempestivo di Jessica che la seda facendola sembrare morta così da poter seguire l’assassino.

Grazie all’ennesima prova della fragilità della nostra privacy, la ragazza si trova finalmente faccia a faccia con il criminale, ma non riesce a raggiungerlo a causa della quantità di persone che manda a ucciderla, neanche fosse un’assemblea condominiale. In compenso, però, Jessica scopre una stanza che ridefinisce il concetto di stalker: Kilgrave l’ha osservata e spiata fin da dopo l’incidente, ribaltando il suo ruolo da investigatrice a investigata, venendo a conoscenza anche della sua particolare attenzione per Luke; Jessica decide quindi di evitare di frequentarlo rinunciando così all’ennesimo rapporto sessuale dell’episodio.

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It’s called whiskey sposta di poco in avanti la trama orizzontale, permettendoci di vedere finalmente il volto cattivo di David Tennant, di nuovo villain dopo la sua ultima esperienza in Harry Potter e il calice di fuoco. La minaccia di Kilgrave adesso è più concreta sia grazie alla sua imponente presenza, sia per gli inquietanti dettagli che a poco a poco sono emersi finora. C’è probabilmente lui, anche se in maniera indiretta, dietro gli allenamenti a cui si sottopone Trish, che vive in uno stato di paura solo apparentemente celato e da cui cerca di emanciparsi senza dover ricorrere all’aiuto della sua superamica. Fatta eccezione per Luke e Kilgrave, si tratta di un episodio in cui a farla da padrone sono le figure femminili in tutta la loro tridimensionalità, a riprova di una caratterizzazione fin qui esemplare: la rabbia di Trish, la strategia di Jeri, la paura di Hope, le illusioni di Wendi Ross-Hogarth e, chiaramente, la determinazione di Jessica.

Ancora una volta l’aggancio con la sci-fi funge da pretesto (e qui sta la maturità della serie) per affrontare l’ordinarietà del quotidiano: come è possibile per un avvocato dimostrare in tribunale il condizionamento mentale della proprio cliente, vittima di poteri soprannaturali? L’ignoto di un mondo nuovo e incomprensibile non è lo sfondo in cui i personaggi si muovono (come accade invece in S.H.I.E.L.D.), quanto piuttosto un basso continuo che ogni tanto ha dei picchi sonori giusto per ricordare la sua presenza, non essenziale, ma fondante (il riferimento a Hulk e gli Avengers da parte di Luke, Trish che cita l’attacco alieno a New York, ecc.).

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È anche questo un pregio che Jessica Jones ha ereditato da Daredevil, e che permette a entrambe le serie di svilupparsi in autonomia e coerentemente con la cifra realistica scelta. La stessa struttura, fortemente bi-polare nel suo porre un protagonista vs. un antagonista, sembra essere mutuata dal serial su Matt Murdock, ma se in quel caso l’azione e diversi antagonisti minori potevano levigare e alleggerire un’intera stagione basata su quella trama orizzontale, nel caso di Jessica Jones, con l’azione finora ridotta all’osso, potrebbe non garantire gli stessi buoni risultati. Intanto la serie si lascia vedere con piacere anche grazie alle ottime prestazioni dei protagonisti, su cui spicca, ovviamente, Krysten Ritter, capace di rendere la fragilità e al contempo la forza di un’eroina che non si fa scrupoli a usare il proprio vicino malato pur di ottenere ciò che le serve per aiutare dapprima se stessa e, in secondo luogo, la città.

4

 

Note

  • Mentre Jessica è in ospedale, nel secondo episodio, degli agenti di polizia alla reception stanno chiedendo di un certo Wilson scomparso dalla propria stanza, un riferimento certamente al Kingpin di Daredevil.
  • L’allenamento di Trish, oltre a dare spessore al personaggio, potrebbe servire in futuro a introdurre Hellcat, un’altra supereroina che talvolta affianca i Difensori (futura serie Netflix-Marvel che vedrà combattere fianco a fianco Devil, Luke Cage, Jessica Jones e Iron Fist)
  • L’abitudine di far precedere i titoli degli episodi dalla sigla AKA (Also Known As) ricorda quella di un’altra serie televisiva newyorkese, Friends, che al nome della puntata premetteva “the One with the”.

Giornata pesante?

Istinto materno:

https://twitter.com/hey__lexa/status/668100288151216128

Supermanzi:

Doctor Kilgrave:

 

 

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