Quando una serie tv viene pensata e scritturata per una sola stagione, e poi, in un secondo momento, prolungata sulla base del successo riscontrato, due possono essere gli esiti: uno sviluppo coerente del plot o un’enfatizzazione, in perfetto stile fanservice, degli aspetti più amati dal pubblico. La première della super attesa terza parte de La casa di carta, purtroppo, sembra confermare la seconda ipotesi, in quanto il pretesto che dà avvio al nuovo plot building appare debole sin dal principio.
L’uso non consentito di telefoni satellitari per una telefonata d’amore tra Tokyo e Rio, noti per il loro agire d’istinto- e il conseguente arresto di quest’ultimo causano la convocazione di tutta la banda e la pianificazione di un nuovo piano. Gli elementi narrativi sono sempre gli stessi, in una operazione nostalgia non necessaria: un quartier generale (Firenze/Toledo), una rapina da programmare (Banca Nazionale di Spagna/ Zecca di Stato) e nuovi personaggi-città da conoscere.
Una sceneggiatura superficiale che può non soddisfare gli spettatori più esigenti
Tale parallelismo con il capitolo precedente de La casa di carta, teoricamente, poteva essere vincente, solo se realizzato in toto, mentre ciò che fa trapelare il primo atto di questa terza parte è una strategia di scrittura diversa. Sono stati presi gli elementi iconici della serie tv, spettacolarizzati grazie ad un prevedibile aumento del budget, ma resi privi di consistenza. Risulta assente tutta quella componente retorica, cifra identificativa di una serie tv, il cui ritmo cadenzato e coinvolgente derivava non dall’azione fine a se stessa, ma da una sceneggiatura sottile e da una struttura dialettica peculiare. Ciò che ha affascinato milioni di spettatori è stata la mente del Professore, la negazione del principio di casualità, la logica del pensiero che sovrastava il rumore delle pistole, lo spettacolo umano messo in scena. Come sottolineato nel recap della seconda parte, le tematiche emerse dalle storyline personali prevalsero sulla mera rapina. Questa première, invece, sembra presentare i protagonisti, come dice Denver, come personaggi di un videogame, senza bidimensionalità.
Una miriade di scenari, un ritmo frenetico e confusionario, una consequenzialità degli eventi non ben resa nota sono spie di una sceneggiatura superficiale, che può non soddisfare gli spettatori più esigenti e può spezzare quel transfert emotivo che diede il là al binge-watching compulsivo. Se questo fosse stato il pilot della serie tv, l’effetto trainante non sarebbe stato assicurato, complice anche un incipit didascalico, affidato ad Arturo, non necessario.
Per quanto le aspettative siano state disattese in questi primi cinquanta minuti, restiamo in attesa, nella speranza di poter visualizzare, in questa terza parte, quel perfetto binomio tra azione e retorica, istinto e razionalità, in grado di tenerci incollati allo schermo. Ancora una volta.
Porcamiseria
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Storia - 6/106/10
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Tecnica - 6/106/10
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Emozione - 5.5/105.5/10
In breve
La première della terza parte de La casa di carta presenta un plot building teso a rielaborare gli aspetti vincenti della serie, senza quel sostrato ideologico intrigante delle prime stagioni. Nonostante l’attesa di rivedere il Professore con la sua banda, gli eventi sono stati correlati senza una costruzione emotiva notevole.
Porcamiseria
La première della terza parte de La casa di carta presenta un plot building teso a rielaborare gli aspetti vincenti della serie, senza quel sostrato ideologico intrigante delle prime stagioni. Nonostante l'attesa di rivedere il Professore con la sua banda, gli eventi sono stati correlati senza una costruzione emotiva notevole.
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