Locke & KeyLocke & Key: il comic based drama (horror?) del momento

Season Recap Tyler, Kinsey e Bode entrano in possesso di chiavi magiche dagli sconfinati poteri, sapranno utilizzarle senza farsi troppo male?

5.3

Locke & Key è la fortunata serie di sei volumi scritti da Joe Hill (figlio del maestro del brivido Stephen King) e disegnata dall’illustratore Gabriel Rodriguez a partire dal lontano 2008.
La graphic novel ha avuto un successo immediato e ancor prima della sua conclusione (a cavallo tra il 2012 e il 2013) varie emittenti televisive avevano iniziato ad ipotizzare un adattamento per il piccolo schermo.

Il susseguirsi di controversie tra produttori ed emittenti però resero la produzione del serial alquanto problematica: l’ormai ex 20th Century Fox ordinò un episodio pilota nel 2011 con protagonista addirittura Jesse McCartney (Summerland) ma poi non se ne fece più nulla; Hulu nel 2017 aveva ripreso l’idea affidando la direzione prima a Scott Derrikson (Sinister, Doctor Strange) e poi ad Andreas Muschietti (It), ma anche qui la cosa si concluse con un nulla di fatto; alla fine la serie passò tra le mani di Netflix che nel 2018 ne ordinò una prima stagione da dieci episodi scritti direttamente da Joe Hill (che in realtà però scrisse soltanto il primo).
Dopo questo lungo calvario la serie vede finalmente la luce e il 7 Febbraio 2020 viene interamente distribuita all’interno del catalogo di Netflix.

Locke & Key racconta la storia dei tre rampolli della famiglia Locke: il maggiore Tyler (Connor Jessup), la mezzana Kinsey (Emilia Jones) e il piccolo Bode (Jackson Robert Scott); i ragazzi, dopo aver assistito all’omicidio del padre Randall da parte di un compagno di classe di Tyler, si trasferiscono insieme alla madre Nina (Darby Stanchfield) a Key House, una villa appartenente alla famiglia Locke da generazioni situata in un paesino fittizio di nome Mathison nei pressi di Boston.
I tre ragazzi con il passare dei giorni iniziano a capire che quella non è la solita villa centenaria e poco curata, ma in realtà è un luogo avvolto dalla magia. Come dite? È la stessa storia tutte le volte? Davvero? Eppure sembrava così originale come idea, mah.

All’interno di Key House, si trovano, rullo di tamburi, delle chiavi magiche! Tu pensa che strano, in un posto che sia chiama Key House si trovano delle “keys”, incredibile.
Ogni chiave che i ragazzi scoprono all’interno della villa conferisce dei poteri speciali; c’è la chiave che ti permette di aprire una porta in qualsiasi luogo tu voglia, quella che governa il fuoco e così via.
Naturalmente come ogni storia che si rispetti c’è un demone/spirito/alieno cattivo che minaccia i nostri protagonisti per impossessarsi di queste chiavi magiche.
La storia fin qui, direte, non è niente di speciale, anzi, se siete assidui lettori del papà del nostro amichevole Joe di quartiere, l’incipit vi ricorderà molti altri romanzi a firma “re del brivido”, però la storia scritta dal piccolo Joe e disegnata da Gabriel Rodriguez funziona benissimo, almeno nella sua controparte cartacea; il problema nasce in questo caso, quando si parla di una serie televisiva.

Il primo volume della serie a fumetti s’intitola “Locke & Key: Welcome To Lovecraft”, capirete anche voi che un sottotitolo contenente la parola Lovecraft non rimanda certo a tipiche situazioni in cui i protagonisti della vicenda corrono a piedi nudi su prati fioriti cavalcando unicorni, ma ad un’atmosfera cupa, di terrore e mistica, oltre che tendenzialmente sanguinolenta; infatti la storia a colori non risparmia assolutamente sul nome dell’altro autore horror più influente dell’ultimo secolo (H.P. Lovecraft) e conferisce fortissimi connotati horror a un tipico racconto di formazione, aiutata dalle splendide tavole di Rodriguez che in alcune “splash page” lascia andare tutto il suo talento.

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Come abbiamo anticipato, il problema sorge nel momento in cui si deve trasporre un prodotto da un media all’altro: è indubbio che rendere alcune peculiarità del fumetto in veste televisiva sia quasi impossibile, non solo in termini di budget ma anche dal punto di vista pratico; inoltre nessuno si aspetta che la riproduzione sia fedele, anzi, la cosa fondamentale è che una serie tv funzioni come serie tv, non perché tratta da un fumetto o un libro o qualcos’altro.
Locke & Key, infatti, nonostante pecchi di alcune scelte stilistiche, resa sullo schermo fa davvero un gran bell’effetto, la computer grafica – benché in qualche punto potesse fare di più – non è assolutamente da buttare e le situazioni quasi fiabesche innescate con l’uso delle chiavi sono molto scenografiche e sicuramente la parte più interessante di tutti e dieci gli episodi.

I punti di forza di Locke & Key però si fermano qui, il resto è quasi tutto da buttare: in primis la serie dovrebbe essere a tutti gli effetti un horror, ma il condizionale è d’obbligo perché qui di “orrore” non ce n’è nemmeno l’ombra; mentre nella controparte cartacea la prima cosa che balzava all’occhio era la quantità di scene splatter presenti, qui l’unico sanguinamento che si vede è quello proveniente dagli occhi degli spettatori per la stupidità con cui sono scritte certe scene e certi personaggi.
Se Stephen King in It lasciava pochissimo spazio agli adulti e anzi, li rendeva appositamente idioti, distorti agli occhi dei ragazzi, qui invece sono scritti male e basta, hanno molto più spazio e si comportano in maniera del tutto irrazionale.

Locke & Key non è altro che l’ennesimo serial trasposto da un prodotto di successo ma che non sfrutta a pieno, o semplicemente lo fa male, le enormi possibilità date dal soggetto di partenza

È davvero un peccato vedere una scrittura del genere in una trasposizione televisiva, soprattutto perché quella fumettistica lasciava un vero e proprio universo di possibilità interessanti.
Soprattutto viene da pensare come sia possibile che per gli ultimi due episodi, che sono tra l’altro i migliori dal punto di vista stilistico, venga ingaggiato un regista come Vincenzo Natali (The Cube, Splice, Westworld), maestro del genere orrorifico, e non gli si lasci la possibilità di scatenare tutto il suo talento.

Locke & Key quindi non è altro che l’ennesimo serial trasposto da un prodotto di successo ma che non sfrutta a pieno, o semplicemente lo fa male, le enormi possibilità date dal soggetto di partenza: insomma, recuperate pure la graphic novel perché quella sì che è qualcosa di molto interessante.

Dopo l’immagine partirà la breve (stavolta) parte spoiler: per gli eroi che hanno resistito a tutti e dieci gli episodi ci vediamo dopo il salto.

Locke & Key ci ha ricordato tantissimo un’altra serie “secondaria” che aveva mille potenzialità sul supporto cartaceo ma che trasposta in tv si è rivelata più che altro una schifezza: Runaways.
Come la serie Marvel, anche questa storia scritta da Joe Hill ha delle possibilità pressoché infinite date dalle numerose chiavi di cui entrano in possesso i protagonisti.
La bellezza sta proprio nel contrappasso implicito nell’utilizzo delle chiave: se infatti esiste una chiave tramite la quale si può entrare fisicamente nella testa delle persone, è tutt’altro che scontato che questo porti del bene; anche nella serie questo è reso benissimo, con Kinsey che uccide fisicamente la sua paura e la seppellisce, ma che poi perde quel senso di allerta nel dire o fare una cosa e quindi finisce per invischiarsi in situazioni molto pericolose, oppure con Tyler che inserisce nella sua mente un libro di storia per far colpo su una ragazza, imparando nomi e date ma senza in realtà comprenderne il contesto.

Si potrebbe andare avanti per ore ad elencare le milioni di cose che non tornano a livello di trame

Nella serie queste “piccolezze” sono appena accennate, o buttate lì senza poi essere riprese ed è un vero peccato. Tuttavia, come anticipato nella sezione precedente, il vero problema sono i personaggi, soprattutto gli adulti: il cattivo di turno, l’entità Dodge, è del tutto privo di motivazione, agisce perché sì, perché deve (è comprensibile la possibilità di future stagioni ma ormai come può reggere un cattivo solo perché lo è?).
Discorso molto simile per Sam, l’assassino di Randall ed ex compagno di Tyler, che si fa comandare da una voce che sente in un dipinto, così, senza chiedere (oltre ad entrare a Key House spaccando un vetro con un sasso, ma “hey, chi li sente più i rumori al giorno d’oggi”); in più ci ritroviamo con Nina, madre dei ragazzi e personaggio ridicolo, che intraprende una ricerca su di un simbolo, l’omega che inizia a spuntare fuori troppe volte per i suoi gusti, per poi lasciarla lì, senza una fine.

Si potrebbe andare avanti per ore ad elencare le milioni di cose che non tornano a livello di trame, o le improbabili interazioni tra i personaggi, ma sul serio, si farebbe notte.

Un vero peccato, basta così.

  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 4/10
    Tecnica - 4/10
  • 5/10
    Emozione - 5/10
5.3/10

Summary

Mentre la controparte cartacea funziona benissimo, la trasposizione televisiva di Locke & Key sfrutta poco e male le enormi possibilità offerte dal materiale di partenza. Se la storia vi sembra interessante, sappiate che il fumetto è più bello!

Porcamiseria

5.3

Mentre la controparte cartacea funziona benissimo, la trasposizione televisiva di Locke & Key sfrutta poco e male le enormi possibilità offerte dal materiale di partenza. Se la storia vi sembra interessante, sappiate che il fumetto è più bello!

Storia 7 Tecnica 4 Emozione 5
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