Marvel’s Runaways1×04 Fifteen – 1×05 Kingdom

Arrivata al giro di boa, Runaways continua a convincere mantenendo un ritmo narrativo non veloce ma costante e fornendo un adeguato spazio di approfondimento e crescita a tutti i personaggi principali.

7.8

Dopo la piacevole sorpresa dei primi tre episodi, il timore era che Runaways potesse deludere sull’evoluzione della storia e dei personaggi. Un timore fortunatamente smentito, come dimostrano i due episodi di cui andiamo a parlare.

Fifteen

Il lento approfondimento delle vicende odierne passa per forza di cose dal passato dei genitori e dei ragazzi. Per questo motivo, questo quarto episodio parte mostrandoci i momenti della scoperta del cadavere di Amy attraverso i ricordi di Nico nello sfogliarne diario. Nuovi tasselli ci mostrano così una reazione quanto meno insolita per dei genitori davanti alla morte di una figlia, con tanto di lockout dell’abitazione e chiamata a qualche non subito precisato personaggio di fiducia.

Nel presente, i ragazzi continuano il percorso per comprendere cosa realmente siano i loro genitori e dove stia la verità. Una delle caratteristiche in cui la serie sta eccellendo è proprio cercare di dare tridimensionalità alle reazioni di questi adolescenti, precipitati da una protettiva incoscienza a una realtà di cui non sanno se e come capacitarsi. Le dinamiche del gruppo subiscono per questo diversi strattoni, tra Karolina, che vuole credere a quel mondo magico e illusorio propugnato dalla madre e dalla sua chiesa Gibborim e chi, come Chase, già in rapporti difficili col padre non ha difficoltà a pensare di doversi proteggere per non fare la fine di Amy. Una fine di cui conosciamo ancora solo gli ultimi istanti, ma non il modo in cui ci si è arrivati: quello che sappiamo, grazie al diario recuperato da Nico, è che Amy era felice. Troppo per suicidarsi.

L’evoluzione dei protagonisti è organica e la necessità di trovare supporto e appoggio davanti a eventi tanto grandi li porta a riavvicinarsi, abbandonando progressivamente le maschere che avevano indossato dopo la morte di Amy. Chase, dopo l’ennesimo scontro con la squadra di lacrosse (legato al tentato stupro di Karolina), abbandona il team per tornare a essere più se stesso. Gert si riavvicina a Karolina – sua ipotetica avversaria nel cuore di Chase – per aiutarla nella ricerca di prove e Alex – nonostante una riluttanza iniziale – si unisce a Nico nel tentativo di denunciare alla polizia le morti di Amy e Destiny. Il legame stesso tra Chase e Karolina si rafforza, con il ragazzo che le rivela il motivo per cui la stava proteggendo e lei che decide di fidarsi e di mostrargli i poteri da poco scoperti.

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Ognuno dei giovani segue, quindi, un percorso di avvicinamento che li porterà a riunirsi, una volta compresa che l’unica strada accettabile è quella che li vede insieme, ma prima di giungere a quel punto, altri passi e altre scoperte andranno fatti.

Il tentativo di denuncia alla polizia citato sopra finisce presto nel nulla, perché Nico riconosce alla stazione di polizia lo stesso uomo che i genitori avevano chiamato a occuparsi di Amy, un’ennesima rivelazione che fa il paio col vedere il suo stesso padre e quello di Chase arrestati brevemente dopo aver cercato di rapire un senzatetto: la polizia è al soldo di Pride, ora ne abbiamo la certezza e così Nico e Alex.

L’evoluzione dell’episodio porta anche un lento ma costante ribaltamento dei rapporti coi genitori, in alcuni casi prevedibile e in altri meno. Da un lato abbiamo, ad esempio, Gert e Molly, che subito dopo aver finalmente preso coscienza del legame tra la prima e il dinosauro (si chiamerà Vecchi Merletti anche nella serie? Lo speriamo) – con tanto di splendido scontro fisico tra la ragazzina e il rettile -, si trovano ad affrontare un lato mai visto degli Yorkes. I più improbabili membri di Pride, infatti, avevano partecipato al gruppo con la convinzione di poter fuggire il prima possibile in Yucatan insieme alle due ragazze, abbandonando ogni compromesso e ogni rimorso alle spalle: un’illusione che si va ad infrangere contro minacce fin troppo esplicite di Mrs. Minoru. Nessuno abbandona Pride finché il lavoro non è concluso, qualunque sia tale lavoro. La consapevolezza giunge come un pugno e a farne le spese è il rapporto con Gert, portando a spezzare l’ultimo potenziale legame che poteva esserci con la ragazza.

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Dall’altro lato abbiamo l’imprevisto avvicinamento tra Chase e Victor. L’uomo abbandona ogni forma di ostilità nei confronti del figlio e lo accoglie come un pari o, quanto meno, come un individuo degno di stima e attenzione. In questo modo il ragazzo, da subito convinto della colpevolezza e della pericolosità di Pride, vede cedere le proprie convinzioni davanti all’unico dono che non immaginava di poter ricevere: momenti di qualità con un padre temuto eppure ammirato.

Se, infine, per Nico e Alex ormai il percorso di accettazione del vero volto dei genitori può dirsi concluso, per Karolina ci vuole più tempo. La ragazza è stata cresciuta nella fede – sebbene si tratti di Gibborim – e per lei è naturale continuare a credere che ci sia un’altra spiegazione e che i genitori siano ancora quegli essere illuminati che lei ha ammirato per tutta la propria vita.

La scoperta di file protetti sul computer della madre, prontamente (come in qualunque serie tv) decrittati da Alex, sono il colpo di grazia. Per quindici anni – il fifteeen del titolo – giovani senza legami – veri e propri Runaways – sono stati selezionati dalla madre per fare la stessa fine di Destiny: la chiusura dell’episodio ha un forte impatto emotivo, mostrando il dramma della scoperta della ragazza che, mentre riceve le notizie per telefono, vede i genitori festeggiare e bere poco distanti.

Il contrasto tra la maschera ormai caduta e la realtà è perfettamente e simbolicamente rappresentato in questa scena.

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Kingdom

Kingdom. Il regno. Sicuramente quello di strada che Geoffrey Wilder ha abbandonato prima di unirsi a Pride, ma anche quello che ha costruito a partire da allora o, ancora, quello più oscuro e ancora incerto a cui si è unito. È un flashback di diciott’anni prima a mostrare le radici della faida tra Darius e Wilder, di cui il rapimento di Alex avvenuto alla fine di Fifteen rappresenta l’apice: un flashback ambientato in carcere che ci svela quello che l’ex-amico è stato disposto a fare per Geoffrey ma anche come ha avuto inizio la fortuna di Wilder e della sua futura signora, nei panni di un misterioso uomo d’affari dal volto Julian McMahon, che da questo episodio si unisce al cast.

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Il rapimento diventa elemento catalizzante che finisce per sbloccare diverse situazioni. I ragazzi, preoccupati per Alex, si riuniscono in un divertente inseguimento a bordo di una Mini e uniscono finalmente le loro capacità per salvare l’amico, in una scena divertente ed epica che, proprio per questo, ha meritato l’onore della nostra copertina. Ma l’arrivo di Geoffrey porta anche al primo confronto a muso duro tra padre e figlio, con Alex che ormai non è più disposto a fingere che il padre sia l’uomo che credeva e il genitore che, spiazzato dal figlio, reagisce con violenza verbale, la stessa che già avevamo visto da parte degli Yorkes nell’episodio precedente.

È bellissima e risplende. Grande.

Gradevole la scena del dopo-scontro: i ragazzi, seduto a un tavolo, che si raccontano a cuore aperto le scoperte sulle proprie capacità. Impagabile l’espressione di Nico davanti alla notizia del dinosauro di Gert, ma soprattutto è bello vedere i sei entusiasmarsi reciprocamente, senza ritenere nessuno degli altri un freak o peggio: ricordiamoci che siamo nel Marvel Cinematic Universe, dopotutto.

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Come già detto, uno degli aspetti in cui Runaways sta riuscendo a eccellere è il mostrare tutti i personaggi, soprattutto quelli negativi, in modo tridimensionale: nessuno è completamente crudele e tutti, a modo proprio, sono giustificati da qualcosa. La frase che più spesso abbiamo sentito pronunciare dai vari genitori è “lo sto facendo per te”: un concetto spesso banale per qualunque genitore ma che qui inizia a rivestire un significato più profondo e che apre lo spazio a dilemmi morali sempre più visibili nelle varie famiglie; dilemmi che non dovrebbero neanche esistere, ma che permettono di inquadrare meglio i personaggi.

Importante, al riguardo, è la posizione di Chase che, dopo l’apertura del padre e quel sapore di rapporto speciale che tanto anelava, si chiede se non ci possano essere ragioni valide per ciò che stanno scoprendo. Sono adolescenti e devono affrontare rivelazioni orribili sui propri genitori, teniamolo sempre a mente come chiave per leggere anche la reazione di Nico all’accondiscendenza di sua madre alla scoperta che la ragazza si è appropriata della staffa.

Per tutti loro sarebbe più semplice se i genitori, improvvisamente, diventassero mostri tout-court, anche e soprattutto nei loro confronti: la verità è ben diversa e questo non può non destabilizzare, in entrambe le direzioni; Nico viene spiazzata dalla madre, Chase scopre un legame col padre (che esplode ulteriormente alla scoperta del tumore al cervello che affligge l’uomo), Alex si scontra col suo ma ne salva la vita sparando a un coetaneo, Gert e Molly si rifugiano nell’improbabile protezione di un dinosauro e Karolina, cresciuta nella fede e nella luce, esplode di rabbia e violenza a causa delle menzogne in cui è stata immersa.

– Perché i nostri genitori avrebbero fatto quelle cose orribili?
– Penso perché sono persone orribili

La scena finale ci rivela quanto queste menzogne siano ancora più radicate. Dopo l’ennesimo sacrificio – stavolta andato a buon fine e ai danni dello stesso ragazzo ferito da Alex – scopriamo che la mummia vivente dei primi quattro episodi altri non era che il medesimo uomo d’affari visto nel flashback. Il sacrificio altro non è, quindi, che un trasferimento di energie vitali da un individuo giovane a una creatura che non è dato sapere quanti anni abbia.

Qualcosa, però, possiamo intuirla. Considerando che Frank sembra essere lo stolto di facciata che non è a conoscenza della vera natura di Gibborim e Pride e date le parole finali pronunciate dalla rediviva mummia, sospettiamo fortemente che questi sia il vero padre di Karolina. Che la nostra intuizione si riveli esatta o meno, l’espressione sul viso di Leslie non fa presagire nulla di buono per la giovane risplendente.

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Pensieri sparsi

Di certo Runaways si sta dimostrando una serie che si prende il proprio tempo per narrare la storia, ma questo – come già ritenevamo dopo i primi tre episodi – si sta rivelando un pregio più che un ostacolo. L’approfondimento psicologico dei personaggi funziona molto bene e nulla, nelle vicende, finisce per essere forzato o poco chiaro. Le informazioni, le rivelazioni e i cambiamenti di status quo arrivano coi giusti tempi e i cambiamenti rispetto alla controparte cartacea sono funzionali e arricchiscono la storia.

Siamo ormai giunti a metà del percorso della serie e, vedendo il ritmo a cui procede, possiamo iniziare a supporre che la fuga vera e propria dei ragazzi non arriverà fino alla fine della stagione, diventando fulcro poi della – si spera probabile – seguente: di nuovo, sono deduzioni che potrebbero essere contraddette già nel prossimo episodio ma che, se confermate, non ci troverebbero contrariati: ci piace ciò che Runaways ci sta raccontando e il modo in cui lo sta facendo.

Porcamiseria
  • 8/10
    Storia - 8/10
  • 7.5/10
    Tecnica - 7.5/10
  • 8/10
    Emozione - 8/10
7.8/10

In breve

Episodi che sviluppano e approfondiscono senza accelerare i tempi, con un ritmo che potrebbe far storcere il naso ad alcuni spettatori alla ricerca di pura azione, ma che risulta perfetto per il tipo di storia narrata. Il quadro restituito è organico, funzionante e appassionante.

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7.75/10 (4 votes)

Porcamiseria

7.8

Episodi che sviluppano e approfondiscono senza accelerare i tempi, con un ritmo che potrebbe far storcere il naso ad alcuni spettatori alla ricerca di pura azione, ma che risulta perfetto per il tipo di storia narrata. Il quadro restituito è organico, funzionante e appassionante.

Storia 8 Tecnica 7.5 Emozione 8
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