Segreti su segreti su segreti. Per tre intere stagioni, Masters of Sex si è basato sulle montagne di parole non dette tra i protagonisti e sulle illusioni create nei loro rapporti interpersonali. Siccome in fondo le persone non imparano mai dai loro errori, nulla è davvero cambiato: Virginia finge di essere sposata per sviare le attenzioni di Bill, Bill omette la sua relazione con Virginia a Nancy, la nuova assistente, a discapito della tanto sbandierata trasparenza. L’unica veramente pronta a lasciare andare ogni zavorra è Libby, distruggendo davanti agli occhi dell’ex marito la sua immagine di perfetta e servizievole casalinga.
Inventario / Nancy
Bill continua il suo inusuale percorso presso la AA – divertente come ne parli a Libby con un drink in mano – che capiamo essere più di una storyline parallela: Louise è il grillo parlante di Bill, lo spinge a fare ciò che è giusto per riprendere in mano la sua vita, e le riunioni sono il motore narrativo per la parte non strettamente professionale del dottor Masters. Louise trasuda saggezza, in un mix di involontaria comicità e inflessibile rimprovero, e ci offre il migliore segmento per Bill nel suo nuovo appartamento – in compagnia di un gatto bianco piuttosto chiassoso.
Guardando la sequenza del primo dialogo con Libby, sembra di stare davanti alle classiche scene piene di suspense nei film d’azione, quando il protagonista deve disinnescare una bomba ad orologeria tagliando il cavo giusto. Da un momento all’altro Libby potrebbe dire le peggiori cattiverie. E infatti.
Bill è incredulo, ma in primis noi siamo doppiamente dispiaciuti per Libby, nonostante abbia ora il coltello dalla parte del manico: non solo ha dovuto reggere un matrimonio insoddisfacente oltre ai limiti della palese finzione, ma anche a carte scoperte la faccia inebetita di Bill è l’ennesima stoccata, come se davvero lui la credesse cornuta e contenta.
Libby: We were married, Bill. We should have found our pleasure together.
In uno sforzo congiunto con Virginia nella ricerca di nuovi collaboratori, Nancy risulta la più qualificata – leggasi anche la più simile a Virginia – ma con ancora qualche angolo da smussare. Il caso del feticista delle scarpe è da manuale, nella ridirezione dell’intensità erotica dal feticcio alla propria compagna, ma Nancy si lascia andare durante la registrazione dell’amplesso dei soggetti.
Capo e nuova assistente, in uno spirito di comunione di esperienza e sincerità volta a eliminare le barriere e scongiurare incidenti erotici sul lavoro, si confessano reciprocamente, sia nel campo sentimentale che in quello sessuale. Nessuno di loro ha cedimenti emotivi – fatta eccezione per la leggera incertezza nella voce di Bill proprio quando Nancy gli racconta una storia che somiglia molto al non-rapporto tra lui e Libby – ma Masters mente spudoratamente, negando categoricamente la sua logorante storia con Virginia.
Nota a margine: Virginia propone di installare microfoni e apparecchi per registrare ovunque nello studio. Si prevedono interessanti conseguenze.
Razionalizzazione / Art
Virginia, si apprende, finge di essere sposata con Dan, in una relazione che ormai di fatto non esiste più. Tessa è parte della rivelazione – ci eravamo dimenticati tanto di lei quanto del fatto che avesse solo il minimo barlume di rapporto con Dan – ma ci pensa anche Betty a scovare l’inganno e a piazzarlo davanti agli occhi della diretta interessata. La donna non è solo una mera parentesi comica assieme a Lester – protagonisti del falso caso di studio per valutare Nancy, abilissima a tenere testa a Virginia – ma è un meccanismo vitale in Masters of Sex, fornisce il suo punto di vista senza filtro, portando tragicamente sulla terra tutti i protagonisti.
Professionalmente parlando, la dottoressa Johnson propone a Bill la ricerca di nuovi assistenti, a causa delle evidenti incompatibilità reciproche. Se a Bill tocca Nancy Leveau, a Virginia tocca Art Dreesen, non senza prima passare per il suo vecchio terapista, il dottor Madden, contro ogni deontologia professionale.
L’incontro in due fasi è tragicomico: Virginia è orgogliosa e sottilmente vendicativa nei confronti dello psichiatra, non appena egli evidenzia una a una le sue mancanze e i suoi dannosi pattern comportamentali – e che non si dica che non se l’è andata a cercare; il dottor Madden cade nel tranello di Virginia, ci finisce a letto e razionalizza lui stesso le sue colpe, ma è l’evidente vittima dell’atteggiamento umorale e scorretto di Virginia. La scelta per lei ricade infine su Art, candidato meno qualificato, ma l’incontro tra i quattro preannuncia un futuro torbido per tutti, e non solo perché i nuovi arrivati si conoscono già intimamente.
Virginia: I am very good at my job because I don’t judge.
Di questo episodio di Masters of Sex si apprezza il trademark narrativo, la sua usuale drammaticità misurata e cinica e la maestria di attori protagonisti, nuove leve e comprimari. Gli evidenti problemi tuttavia rimangono: le storyline parallele servono troppo sfacciatamente a muovere i meccanismi della trama principale, con alcuni accorgimenti visibilmente forzati – Libby che casualmente trova lavoro nello stesso stabile dello studio di Bill e Virginia, mentre sarebbe stato più interessante vederla proseguire a piena velocità il suo percorso femminista. Il montaggio appare inoltre poco in armonia con il dipanarsi della trama, spezza la narrazione bruscamente, in contrasto con l’usuale elegante esposizione della serie. Secondo atto per Masters of Sex: tre porcamiseria e mezzo su cinque perché, volendo fare un parallelo con le cattive abitudini di Bill e Virginia, non va affatto bene essere recidivi.
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Ma Virginia quanto è stata penosa in questo episodio? Sta raggiungendo livelli di bassezza incredibili. Raschia il fondo. #MastersOfSex
— Dia 🥀 (@InvisibleWomann) September 21, 2016
Abbiamo una vincitrice.
Virginia è diventata così rigida che in confronto Claire Underwood sembra la regina dei punk #SerialUpdate #mastersofsex #HouseOfCards
— Carlotta Fiore (@carlottafiore83) September 20, 2016
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