Mr. IglesiasMr. Iglesias Season 1: una sobria commedia multietnica

Season Recap Mr Iglesias è la storia di una classe di ragazzini seguita da un professore tanto simpatico quanto attento alle loro personalità, diviso tra alunni da crescere e colleghi da sopportare.

6.2

Avanti i giovani“, sembra gridare il protagonista di questa nuova serie, il classico insegnante che sta dalla parte delle nuove generazioni e tifa per ogni suo singolo alunno. Penserete che si tratti di una sorta di figura paterna e amorevole, ma Mr. Iglesias non è solo questo. È anche e soprattutto il protagonista principale dell’omonima serie che si aggiunge alla folta schiera di originali Netflix dal 21 giugno, regalandoci 10 episodi di mezz’ora ciascuno di risate e simpatiche battute. Non molto altro, purtroppo. La storia infatti è imbastita sul tipico viaggio vissuto durante un intero anno scolastico presso la Woodrow Wilson High School, un liceo americano sito in California, tra una preside in cerca di una nuova fiamma e professori in cerca di soddisfazioni professionali, per non parlare di quelle nella vita privata. Però Gabriel Iglesias, professore di storia interpretato dall’omonimo attore, sembra sapere il fatto suo, ponendosi come unico obiettivo primario quello di difendere i suoi alunni e battersi per dimostrare ai suoi colleghi quanto ognuno di loro abbia del potenziale.

Il suo invito costante è quello di ribellarsi, combattere per i propri diritti e non accettare passivamente le imposizioni calate dall’alto, senza dimenticare però le buone regole dell’educazione e qualche battuta al momento giusto, condendo il tutto con del sano sarcasmo e simpatia. Accanto a lui compare una schiera di insegnanti e studenti, ognuno con il suo carattere che ben si completa con quello degli altri, formando il classico unicuum dei cast di una sit-com come questa; a partire da Tony, il tipico maschio latino che tenta di conquistare il cuore della neo-single Abby (interpretata da Maggie Geha, nota per aver già vestito i panni di Ivy “Pamela” Pepper in Gotham). Si tratta di un nuovo ingresso nel corpo insegnante della scuola, totalmente diversa dalla preside Paula in termini di fisicità e carattere, creando così distanze arricchenti e un amalgama abbastanza variopinto, ma non troppo originale di per sé. Sempre parlando del cast, un’altra forte pecca sta nello scarso sfruttamento a dovere dei personaggi presenti sulla scena, in particolare è la classe di ragazzini a farsi sentire a tratti “pesante”: solo quattro o cinque di loro intervengono e interagiscono con i professori, mostrando una forte stereotipia nelle macchiette presentate sullo schermo.

– Che cos’è uno swipe a sinistra?
– La storia della mia vita.

La serie è interpretata nello stile tipico americano di altri titoli come Baby Daddy, simile soprattutto per le battute molto edulcorate e stabilendo un mood certamente lontano da una commedia nei termini di Mom o Due Uomini e Mezzo, ma non per questo la trama è scarna e totalmente priva di contenuti di spessore. Mr. Iglesias parla soprattutto del rapporto talvolta problematico tra scuola e ragazzi, dalla frequenza talvolta insufficiente alle lezioni alla problematicità del rendimento, mostrando un cast multirazziale, in spregio alle bagarre politiche intercorse negli ultimi tempi sul suolo americano. A tal proposito, non possono mancare le battute e frecciatine spesso proferite dalla bocca di Iglesias, ma rimanendo sempre nella zona sicura del “politically correct“, oltre che riempire i dialoghi di riferimenti alla storia e alla cultura americana, dai brand come McDonald’s e Nike a serie universalmente note come Friends, fino a trattare altri problemi purtroppo comuni, e anch’essi tradizionalmente inseriti nelle storie delle sit-com, come la dipendenza dall’alcool, ma tutto raccontato sempre con leggerezza e con il sorriso sulle labbra (oltre alle classiche risate registrate del pubblico).

Abbiamo per le mani un prodotto chiaramente partorito dalla cultura made in USA, non abbiamo alcun dubbio a riguardo, e questo potrebbe diventare un problema per chi non è troppo avvezzo a terminologie e riferimenti impliciti, che corrono il rischio di perdersi nella localizzazione. Il doppiaggio in italiano infatti, come spesso accade in questo tipo di produzione seriale, rischia di variare o quasi nascondere effettivamente il senso delle battute e di quanto viene detto, non riportando precisamente le citazioni ed espressioni originali. Se i significati, impliciti e non, della versione originale vanno a perdersi e non possono essere colti all’infuori del pubblico americano/anglofono, o più semplicemente di chi conosce la cultura contemporanea americana, sorge un problema per l’audience italiana che rischia di avere a che fare con un prodotto altrimenti più brillante e che perde le sue potenzialità.

Iglesias è l’unico che riesca a rimanere abbastanza impresso nella mente dello spettatore, grazie al suo carisma

Come spesso accade, è molto importante per una sit-com dare forte risalto al dialogo e alla dimensione orale, rispetto a quella visiva, non per questo inutile. Se abbiamo già affrontato il tema della problematicità degli sketch, possiamo tranquillamente osservare che in questa serie ci sono pochi dettagli scenici davvero in grado di fare la differenza, a partire dalla fisicità e dall’abbigliamento dei personaggi; Iglesias è l’unico che riesca a rimanere abbastanza impresso nella mente dello spettatore, per via del suo carisma e per l’ovvia quantità di tempo trascorso di fronte alla telecamera, ma non porta con sé altri pregi notevoli. Questo fattore non favorisce un prodotto già caratterizzato da una narrazione molto lenta, a partire dal primo episodio: vengono subito seminati apparenti indizi che invitano a conoscere meglio i personaggi e a proseguire la visione, ma sembra che vengano solo date informazioni fini a se stesse e senza sfociare in un maggiore approfondimento della narrazione. Un peccato, oltre che un errore formale.

A onor del vero, ammettiamo che l’organizzazione della struttura degli episodi sia tendenzialmente orizzontale, creando un legame di continuità e coesione piuttosto forte all’interno della serie e facilitando la visione in bingewatching, ma niente più. Non sappiamo se augurarci che venga programmato un seguito per risollevare questa sit-com che non ha dalla sua una matrice originale e ben distintiva sul panorama: le battute non assicurano particolare memorabilità, ma riescono tranquillamente a strappare un sorriso. Non è una serie che ci ha fatto impazzire, ma se dovesse arrivare una seconda stagione possiamo solo augurarci che sia a riparazione di quanto fatto finora.

  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 6/10
    Tecnica - 6/10
  • 5.7/10
    Emozione - 5.7/10
6.2/10

Summary

Netflix ci regala una nuova sit-com non ai massimi livelli di originalità per stile e contenuti, ma comunque in grado di strapparci un sorriso, battuta dopo battuta.

Porcamiseria

6.2

Netflix ci regala una nuova sit-com non ai massimi livelli di originalità per stile e contenuti, ma comunque in grado di strapparci un sorriso, battuta dopo battuta.

Storia 7 Tecnica 6 Emozione 5.7
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