Once Upon a Time5×12 Souls Of The Departed

Lasciate ogni speranza, o voi che entrate. È più o meno questa la frase con cui Once Upon a Time introduce il suo centesimo episodio, regalandoci un viaggio all’Inferno; no, non esattamente quello dantesco – anche se la citazione è d’obbligo – ma più una sorta di Limbo in cui finiscono le anime di tutti […]

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Lasciate ogni speranza, o voi che entrate. È più o meno questa la frase con cui Once Upon a Time introduce il suo centesimo episodio, regalandoci un viaggio all’Inferno; no, non esattamente quello dantesco – anche se la citazione è d’obbligo – ma più una sorta di Limbo in cui finiscono le anime di tutti quelli che hanno qualche faccenda in sospeso. Insomma, in parole povere, gli sceneggiatori non sapevano più come fare per non far crepare malissimo Hook e riportarlo sullo schermo.

Pur dovendo essere un momento celebrativo – perché i 100 episodi non si raggiungono mica tutti i giorni – l’episodio si trascina stancamente per quaranta minuti, riproponendo una carrellata di vecchi personaggi trapassati (alcuni dei quali ho fatto seriamente fatica a ricordare chi fossero) e dedicando i canonici flashback che hanno sfracellato le palle caratterizzano la serie all’unico personaggio che ancora merita qualcosa in questa serie: Regina.

5x12 Once Upon a Time Souls of the Departed Recensione

Il Mondo Sotterraneo in cui arrivano, traghettati, Emma e soci – che viene per l’appunto chiamato Underworld e non Hell – si presenta del tutto simile a Storybrooke. Una perfetta copia della cittadina del Maine, in rovina e tinta di un fastidiosissimo effetto rosso che manco i filtri di instagram, è il palcoscenico dove vanno in scena i “tormenti” di chi si è ritrovato lì e non ha avuto la possibilità di finire in un “mondo migliore”. Questo dettaglio, che il Limbo è eterno tormento e non redenzione, viene rivelato a Emma da Neal; novello Virgilio, accoglie l’ingresso della nostra eroina con un’ammonizione: non è difficile entrare nel regno dei morti, ma è parecchio arduo riemergerne. Il paragone con il sommo Maestro che fece da guida a Dante finisce qua, perché i protagonisti proseguono da soli; mi domando la necessità di inserire un cameo del povero Neal, morto e sepolto da un pezzo ormai, per poi farlo sparire dieci minuti dopo.

5x12 Once Upon a Time Souls of the Departed Recensione

La prima parte di questo viaggio nel Mondo Sotterraneo trova sia Regina che Tremotino impegnati nel confrontarsi con i loro genitori. Quest’ultimo, alla ricerca di uno dei suoi soliti trucchetti magici per ritrovare Hook senza perdere troppo tempo, incappa proprio in Peter Pan, l’amato padre che lui stesso aveva tolto di torno ben due stagioni fa; in questa realtà parallela, è Pan il proprietario del negozio dei pegni, in cui l’ex Dark One sta cercando la Birra di Seonaidh – una pozione che, se versata sulla tomba di un defunto, permette di comunicare proprio con lui. Un blando riferimento a DunBroch, Merida e quella storyline che vorremmo tanto dimenticare.
Peter accenna minacciosamente al figlio che qualsiasi occupante del Limbo, se trova un’anima con cui poter effettuare lo scambio, può ritornare sulla terra; si accettano scommesse su chi ci lascerà la pelle e non tornerà mai in superficie (io dico Robin, perché Regina è la sovrana di mainagioia).

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Dall’altra parte troviamo proprio Regina, che in un’alternanza tra presente e passato si confronta nuovamente con la grande questione irrisolta della sua vita: sua madre, che pare spadroneggiare pure all’Inferno. E se nei flashback è come sempre il padre a fungere da bussola morale e contenere la “malvagità” della figlia, ai giorni nostri è la stessa Regina a contenersi e non essere più influenzata dalle parole della madre. Lana Parrilla è sprecata, per questa serie: pur con i soliti – pessimi – effetti speciali, la scena in cui l’anima del padre rischia di essere bruciata tra le fiamme perché Regina ha rifiutato l’insistente invito della madre a lasciare il Mondo Sotterraneo riesce comunque a far provare qualcosa allo spettatore, che nel frattempo era caduto in coma profondo.

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I momenti di azione sono praticamente inesistenti, ma non è questo il punto; il vero problema è che una puntata che dovrebbe avere uno spessore emotivo notevole, una puntata che si erge ad approfondimento psicologico di uno dei protagonisti (la Regina cattiva redenta, eh, mica un tizio che passava di lì per caso) ha l’ammirevole capacità di risultare noiosa. Punto. Inutile girarci attorno, fare i buonisti, ricordare i fasti delle scorse stagioni – perché sì, prima c’erano: Once Upon a Time non ha più niente di nuovo da raccontare, e il fatto che sia stata rinnovata per una sesta stagione mi fa davvero pensare che o sono strana io, oppure il pubblico americano ha gusti totalmente differenti. Possono piacere i personaggi, le coppie e l’idea che c’è alla base della serie continua a essere davvero buona, ma quando si tirano le fila di cosa realmente sta accadendo sullo schermo i conti cominciano a non tornare. I collegamenti tra le stagioni ci sono, ma la capacità di creare una trama originale, che non sia semplicemente un campare sulle ships, dov’è?

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L’unica nota positiva, in questo episodio, è l’introduzione del nuovo “cattivo”, il sovrano del Limbo: Ade, preso di prepotenza da Hercules, cartone amatissimo anche da un pubblico adulto. Il sarcasmo e la personalità di Ade sono universalmente noti, speriamo che per lo meno lo trattino bene – e se guardiamo all’effetto dei capelli in fiamme, la risposta è un grosso no. La speranza, comunque, è l’ultima a morire: la ricerca di Hook si prospetta parecchio lunga.

2

 

Non posso dare più di questo.
Per me, Once Upon a Time ha finito la sua magia.


Ecco:

Tale figlio, tale padre:

Ok, allora ecco perché gli hanno dato sette minuti di scena:

 

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