Orange Is The New Black3×10 A Tittin’ and a Hairin – 3×11 We Can Be Heroes

Sono puntate dure quelle che ci introducono al finale di stagione di Orange is The New Black. Abbiamo riso a sufficienza con gli episodi precedenti, ed è tempo quindi di lasciare spazio al dramma, concentrandoci su tre personaggi in particolare, tre figure che simboleggiano perfettamente ciò che è stata questa terza stagione (aspettando il doppio gran finale). […]

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Sono puntate dure quelle che ci introducono al finale di stagione di Orange is The New Black. Abbiamo riso a sufficienza con gli episodi precedenti, ed è tempo quindi di lasciare spazio al dramma, concentrandoci su tre personaggi in particolare, tre figure che simboleggiano perfettamente ciò che è stata questa terza stagione (aspettando il doppio gran finale). In loro, e nelle loro tre storie, sono racchiusi rispettivamente il massimo della sofferenza, della leggerezza e della maturità che si può trovare tra i corridoi del carcere di Litchfield: Pennsatucky, Suzanne “Crazy Eyes” Warren, e Caputo. Personaggi profondamente diversi e narrativamente lontani, che non hanno mai conquistato la scena in maniera definitiva, ma che sono adesso fondamentali per gli sviluppi drammatici della serie.

Tiffany Dogget

La storia di Dogget, soprannominata Pennsatucky, è forse la più potente tra quelle proposte in questa stagione. Cresciuta male da una madre che potremmo definire “approssimativa”, non conosce i piaceri del sesso, ne conosce solo l’anatomia; viene infatti usata in cambio di piccoli favori e si lascia usare senza opporre troppa resistenza. Una piccola parentesi si apre nella sua vita quando un ragazzo la introduce alla passione, quella vera, quella per il corpo e per l’anima, ma finisce troppo in fretta per avere un effetto concreto nella sua personalità, che si concede di nuovo disinteressata ai bisogni dei ragazzi. La tristezza di questa situazione amplifica la sensazione di dolore che proviamo per quello che le succede finito il flashback.


Le attenzioni dell’agente Coates (“Donuts”, per intenderci) hanno risvegliato in lei il desiderio di riprovare quella passione che un tempo ha conosciuto; ma questa, si sa, non è alla portata di tutti, e sicuramente non dell’agente Coates. Lo shock è talmente forte che forse neanche noi ci rendiamo conto della gravità della situazione, lo stupro avviene velocemente, inaspettato e inosservato. Il supporto di Big Boo non è mai stato così prezioso: far riconoscere a Tiffany la violenza del gesto non è cosa da poco, e l’ammissione di Dogget sul finale di puntata ci colpisce al cuore, liberandoci definitivamente da un peso enorme.

Suzanne Warren

“Crazy Eyes” chi? Il soprannome di Suzanne rimane inpronunciato in questa stagione; non che la nostra Warren non sia ancora completamente fuori di testa, ma in qualche modo le sue stranezze sono state accettate e assorbite dalla popolazione di Litchfield. Le sue qualità pseudoletterarie sono state ampiamente apprezzate, dando il via libera ad un lato aspetto caratteriale del tutto estraneo alla vecchia Suzanne. Una detenuta si fa timidamente avanti flirtando, e a dirla tutta l’attrazione della ragazza per Suzanne sembra un po’ improbabile; sta di fatto che l’appuntamento nel ripostiglio diventa subito motivo di preoccupazione, e ci fa tornare ai tempi della scuola, quando l’esperienza è poca e la curiosità tanta.


La cara Warren non ha mai avuto esperienze dirette con altre ragazze, sessualmente parlando, e l’ingenuità e la timidezza con cui chiede consiglio sul da farsi ci fanno scoprire un lato di lei che non conoscevamo, ma che in fondo abbiamo sempre immaginato. La decisione di non entrare nel ripostiglio sembra quella giusta: Suzanne sarà pure matta come un cavallo, ma vogliamo continuare a credere che la sfera sessuale non le appartenga, in un certo senso lei è la figlia problematica di Litchfield, una bambina che ha bisogno di una guida materna (commovente il suo discorso su Vee) e che ce la metterà tutta per non crescere mai. Ah, Uzo Aduba ha recentemente vinto il suo secondo Emmy per quest’interpretazione magistrale. Ci stancheremo mai di Crazy eyes?

Joe Caputo

Il terzo personaggio che in queste due puntate dà il meglio di se è Caputo. Lo abbiamo visto preoccuparsi attivamente delle sorti del carcere e delle sue detenute, lo abbiamo visto alle prese col furbo Pearson e con gli altri dirigenti della MCC. Il rapporto con i suoi storici secondini è cambiato, le sue responsabilità sono aumentate, eppure Caputo continua ad andare alle prove del suo gruppo rock da garage il giovedi pomeriggio. Ora lo scopriamo inaspettatamente a letto con la rediviva Figueroa, che in una sola scena ci far ricordare perché l’abbiamo tanto odiata, ma anche perchè ci manca. La sua personalità da eterno sfigato subisce tuttavia una scossa notevole, sul finale della puntata.


Il titolo “We Can Be Heroes” si riferisce alla speranza dell’unione dei secondini contro le condizioni lavorative e contrattuali della MCC. Un sindacato improvvisato. C’è chi se ne tira fuori (Lushchek, stiamo ancora aspettando la vendetta di Nicky) e chi invece ci crede veramente. Ma anche loro sono un po’ sfigati, e manca una guida: la decisione di Caputo di superare il conflitto di interessi e schierarsi al loro fianco, o meglio come loro capo, ci sorprende e ci fa gioire, e vediamo che dopo una vita di rinunce e occasioni mancate (la lotta, la band, e la famiglia), Joe non vuole starsene di nuovo in disparte. Prende una posizione con coraggio, e decide col cuore, fregandosene degli interessi economici. Caputo è il simbolo, comunque vada, della voglia di rivalsa sociale dei mediocri, e non possiamo che tifare per lui (e poi quanto ci fa ridere!).

Cos’altro succede dentro e fuori Litchfield? Menzione d’onore la merita sicuramente George Mendez, “pornobaffo”. Durante la visita della madre, che gli comunica di non essere padre del figlio di Dayanara, Pablo Schreiber dà in 5 minuti una lezione di recitazione a metà degli attori con un ruolo fisso in questa stagione. George non vuole accettare la verità, e si lascia andare ad una disperazione mista a follia che, non l’avremmo mai detto, ci fa quasi sentire dispiaciuti per lui.
Le belle del gruppo, Piper e Alex sono in crisi, un po’ per gli affari loschi della bionda e un po’ per la sua attrazione per Stella, ormai trasformatasi in relazione segreta. Sofia e Gloria continuano a farsi la guerra a causa dei rispettivi figli, e Red continua a spaccare i culi a tutti (memorabile la sua interpretazione nella scena dove Piper le chiede consiglio su come portare avanti il traffico illecito di mutande). I nuovi personaggi ci sembrano ormai ben definiti, Lolly è sempre più divertente nel suo misterioso atteggiamento nei confronti di Alex, l’agente Berdie si fa voler bene per determinazione e buoni intenti. L’unica che non convince è Stella, che per ora appare messa lì solo per rinvigorire il dramma amoroso delle due storiche protagoniste.


La scelta di far uscire dal carcere per sbaglio la povera Angie Rice poteva essere portata fino in fondo, magari proponendo un certo clamore mediatico attorno a Litchfield, che avrebbe allargato un po’ il respiro della vicenda, invece si rimane chiusi nel confronto con la MCC, e lo stesso vale per il mancato arrivo nel carcere di Judy King: rimaniamo delusi un po’ anche noi insieme alle detenute guardando la TV. Ma poi inizia un’altro episodio e ricomincia il divertimento. 4 Porcamiseria su 5 e un grande abbraccio prima dell’arrivederci finale al prossimo anno.

4

 

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