Quantico

Protagonista di questo nuovo episodio di Quantico, Fast, è Shelby Wyatt. Nel giro di quaranta minuti la nostra opinione su di lei è cambiata vertiginosamente. Da ipotetica complice di un terrorista sempre più efferato, scopriamo invece che Shelby era solo una pedina, alla stregua della Parrish. Come un abile agente dei Secret Service, con un metodo crittografico ben gestito, Shelby comunicherà ad Alex di essere sua alleata, in quella che si sta configurando sempre più una lotta contro i mulini a vento. Il tutto, in modo inaspettato, avviene nel centro operativo dell’FBI in quel di New York.

Alex infatti, lasciando a casa un Caleb ai limiti della tossicodipendenza, si dirige al lavoro e si trova proprio davanti alla sua vecchia amica. Shelby, approfittando della sua azienda, escogita un piano per rintracciare la Voce. Una Voce che si scoprirà essere la combinazione di tutte le voci delle reclute, in modo da risultare familiare ad Alex, ma soprattutto a noi spettatori, gettati, per l’ennesima volta, nel baratro della confusione. Shelby riesce a rintracciare la provenienza dell’ennesima telefonata anonima: una Chiesa. Una chiesa in cui Alex e Shelby, complici più che mai, troveranno Will, in preda al panico, morente, che confesserà di aver costruito una bomba atomica.

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Di nuovo le linee narrative sembrano non avere nessun tipo di bussola, nessuna prospettiva coerente. Di nuovo, assistiamo all’ennesima tragedia, con lo stesso shock che ci accompagna dalla prima puntata. Ma ora lo shock ha come base soltanto una forte impazienza, dettata dall’impossibilità di crearsi una propria opinione, di rintracciare una logica in una sequenza di eventi che si complica sempre di più. Mancano tre puntate alla fine di questa prima stagione e il quadro appare sempre più confuso. Lo spettatore non può partecipare al meccanismo cognitivo, da attivo è diventato passivo, inerme di fronte a tale ginepraio. Le stesse reclute seguono, in modo inibito e passivo, la sequenza degli eventi. Da una decina di puntate sono soltanto perdenti, mai vincenti. Si configurano come tanti Don Chisciotte, senza però il suo entusiasmo e tenacia, cifre identificative del realismo fantastico.

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Nel piano del passato, la Sistemics occupa la scena, in modo predominante, con un mix di inquietudine e turbamento. Scopriamo che Caleb ha eseguito questa missione sotto mentite spoglie, lavorando per il padre. Nonostante i rischi affrontati e il valore dimostrato, Clayton, sempre più simile al padre che ci descrive Kafka nella sua lettera, afferma che nessuno potrà conoscere la verità, per ragioni di sicurezza. È realmente così? Eppure, mentre parla con Shelby, il suo discorso, volto a proteggere il figlio solo in teoria, appare corrotto e compromesso da una promiscuità morale. La storia la conosciamo già, infatti. Adesso comprendiamo l’equivoco circa Caleb, nell’immaginario di Shelby, che appare ancora perdutamente innamorata di questo ragazzo a cui, però, non ha mai concesso il beneficio del dubbio.

Intanto, per problemi di salute, Drew lascia Quantico e questo spiegherebbe la sua assenza nel presente. In Fast, inoltre, assistiamo ad un avvicinamento tra Ryan e Alex che continuano questa danza incoerente, fatta d’amore e odio. Fast si conclude, suscitando sgomento e terrore per le vicende future. In questo episodio, molte storyline sono stata approfondite, ma la visione d’insieme appare, in modo irrimediabile, offuscata da mille indizi e nessuna risposta.

L’episodio merita tre porcamiseria, per aver intrecciato il legame indissolubile di due amiche con il dolore della perdita e la rabbia della sconfitta. Peccato, però, che il potenziale concettuale di Quantico abbia come cornice – da troppi episodi – la confusione e il disorientamento, in cui non prevale l’intelligenza, ma l’inettitudine.