Saint Seiya: Knights of the ZodiacSaint Seiya S01a: Le Guerre (poco) Galattiche

Season Recap Dopo tanta attesa è finalmente giunto su Netflix il reboot di un anime iconico degli anni'80: Saint Seiya, meglio conosciuto in Italia come I Cavalieri dello Zodiaco. Tra scelte tra il coraggioso e l'inspiegabile, la versione CGI di Seiya e compagni è alquanto deludente. Vi spieghiamo perché.

4.8

Saint Seiya aka I Cavalieri dello Zodiaco non ha certo bisogno di presentazioni: un anime/manga cult degli anni’80 il cui franchise è vivo e vegeto dopo quasi 35 anni, animato a corrente alternata da una pletora di prequel/sequel più o meno in continuity con la serie classica e quell’enorme miniera d’oro che è il mercato dei Myth Cloth, ovvero le action figure ispirate ai personaggi della serie.

Ci vorrebbero pagine per elencare i motivi di un successo così duraturo e del perché l’anime classico abbia avuto una presa così forte su generazioni di ragazzi e ragazze, ma è certo che non si tratti solo di un anime su dei tipi in armatura che combattono i cattivi di turno: Saint Seiya è soprattutto una storia di amicizia, sacrificio e senso del dovere, difesa della pace e della giustizia.

Risulta dunque evidente che questo reboot in CGI di casa Netflix non godrà di vita facile, non solo per il perenne fantasma dell’anime classico che aleggerà alle sue spalle, ma anche e soprattutto per una fanbase che dissezionerà ogni singolo fotogramma e/o scelta narrativa. Com’è noto, la prima stagione coprirà gli eventi che vanno dalle Galaxian Wars sino agli scontri con i Silver Saint, ovvero il preludio alla parte più iconica dell’anime classico: la scalata al Santuario e la relativa guerra delle 12 Case.

Saint Seiya Nextflix recensione

I primi sei episodi rilasciati si focalizzano sulle Galaxian Wars, episodi funzionali all’introduzione dei protagonisti della serie nonché dei primi rudimenti della sua mitologia: Athena e i suoi Saint, il Cosmo, le Guerre Sacre contro Poseidone e Ade. Il tratto distintivo, a nostro parere, di questo esordio è sicuramente l’aver “giocato” con la storia originale introducendo delle variazioni del tema più o meno riuscite.

La parte vincente è sicuramente l’aver spostato l’ambientazione ai giorni nostri e introdotto la tecnologia nella storia. In questo senso, il personaggio di Vander Guraad – che si riallaccia peraltro alla Fondazione Guraad/Grado dell’opera classica – assume un ruolo chiave. In un mondo in cui gli essere umani sono in balia dei capricci e delle guerre tra Dei, Guraad cerca di sfruttare le sue conoscenze sui Saint per creare il suo proprio esercito di Saint grazie proprio alla tecnologia. Interessante in questo senso l’aver cambiato la genesi dei Black Saint, riprendendo e amplificando la funzione degli originali Steel Saint dell’anime anni’80.

È infatti questo il grosso difetto di questo reboot di casa Netflix: la mancanza di pathos, di sacrificio e di violenza che rendevano le gesta dei Saint di Athena così epiche. E la CGI in questo non aiuta.

Altra cosa interessante è sicuramente l’inaspettata comparsa di Aiolia del Leone all’inizio della storia e il suo ruolo nel destino di Seika/Patricia. Se nell’anime classico si era sempre giocato sulla possibilità che dietro la maschera di Marin/Castalia si nascondesse infatti la sorella perduta di Seiya – e solo alla fine si scopre non essere così – in questo reboot potrebbe essere esplorato invece tale scenario, dato il manifestarsi del cosmo di Seika nel flashback iniziale.

Sicuramente meno riuscita è la resa delle Guerre Galattiche, che da grosso evento mediatico di portata mondiale diventa più una scazzottata clandestina tra tizi in armatura, spinti da motivazioni poco convincenti e senza il benché minimo pathos, assente persino nello scontro tra Seiya e Shiryu, il più cruento e sofferto nella serie originale.

Ed è infatti questo il grosso difetto di questo reboot di casa Netflix: la mancanza di pathos, di sacrificio e di violenza che rendevano le gesta dei Saint di Athena così epiche. A tratti si nota tra le righe un certo ammiccamento all’MCU della Marvel, nei toni dei dialoghi e nell’introduzione di un certo sense of humour, come ad esempio nell’inutile minutaggio sprecato su un tombino parlante. Anche quella strana somiglianza tra la torre Guraad e la Avengers Tower puzza di strizzatina d’occhio. Va bene ammiccare al mercato americano, ma MENO.

Anche la CGI in questo caso non aiuta: per quanto teoricamente più adulti rispetto alla serie degli anni’80, questi nuovi Saint appaiono fin troppo puliti da immaginarli a soffrire letteralmente le pene dell’Inferno per salvare Athena. Nonostante ciò, la caratterizzazione dei cinque protagonisti rimane abbastanza fedele all’originale, anche grazie ai preziosi flashback che ci riportano nella nostra comfort zone. Tutto giusto a parte LEI: Sh(a)un di Andromeda.

Saint Seiya Nextflix recensione

Ebbene sì, è arrivato il momento di affrontare l’elefante nella stanza: la questione femminile in questo reboot.

Chiaramente un reboot è tale perché può prendersi delle libertà rispetto al prodotto originale ma queste devono però dimostrarsi in un certo senso coerenti. Nel prodotto originale esistono chiaramente delle Saint donne, che nella versione italiana vennero chiamate Sacerdotesse Guerriere: Marin/Castalia, Shaina/Tisifone, June/Nemes erano dei Saint a tutti gli effetti ma conditio sine qua non affinché una donna potesse servire Athena era indossare una maschera per nascondere la propria femminilità. Una legge sicuramente misogina e mortificante per la donna, ma dura lex sed lex.

Siamo sicuramente d’accordo che un reboot possa operare una scelta diversa e più inclusiva, nulla da eccepire su questo, ma non si spiega perché le tre donne guerriere del reboot si pongano in maniera diversa rispetto a tale legge. Marin/Castalia sembra essere l’unica infatti a seguire i dettami del Grande Tempio, Shaina/Tisifone è conciata manco fosse Pizzazz delle Misfits, mentre Shun combatte a viso scoperto, senza uno straccio di spiegazione alcuna, come ad esempio fatto per altre guerriere in prodotti quali Saintia Sho Saint Seiya Ω. Oltrettutto l’assenza di una scena cardine come quella della rottura della maschera di Shaina mette – per adesso – in forte dubbio il ruolo della stessa all’interno della serie, dato che quel singolo episodio determinò in maniera decisiva il suo futuro rapporto con Seiya.

La scelta di Shun per questo gender swap nel reboot non è stata proprio delle migliori, quasi a voler suggerire che il concetto di mascolinità odierno non possa sfuggire da certi canoni machisti dettati della società.

Anche la scelta di Shun per questo gender swap nel reboot non è stata proprio delle migliori. Come tutti sappiamo, Shun, nonostante la sua reale potenza, è sempre stato oggetto di scherno per il suo carattere gentile e mite e per la sua fragilità, che fecero sempre discutere i fan ed indicare una sua presunta omosessualità latente, in un’epoca in cui ciò veniva visto come un male, per quanto a dire il vero la sessualità dei personaggi non fosse stata pressocché esplorata nel corso dell’intera opera. L’aver scelto proprio lui sembra quasi voler suggerire che il concetto di mascolinità odierno non possa sfuggire da certi canoni machisti dettati della società. Il che va contro tutto quello che è lo spirito di Saint Seiya. Senza poi dimenticare che proprio quel carattere così fragile fece di Shun il candidato prescelto ad ospitare la reincarnazione di Hades, ma dettagli suvvia.

Per quanto riguarda la resa grafica, i personaggi risultano molto fedeli all’originale così come le armature, quasi ineccepibili, per quanto quelle dei cinque protagonisti sono molto fedeli alle cosidette bronze V2, ovvero le armature rinate dal sangue dei Gold Saint dopo la corsa alle 12 Case. Il punto dolente è da ricercarsi semmai nell’animazione, troppo plastica in molte scene; passabile si fosse trattato di un videogame, meno se parliamo di una serie animata. Buona la resa dei colpi, fedeli all’originale nelle classiche sequenze di attacco, meno quando si applicano a scene corali e di movimento, come ad esempio nello scontro contro l’esercito di Guraad.

Saint Seiya Nextflix recensione

Fa poi sicuramente piacere riascoltare buona parte dei doppiatori storici, per quanto la resa risulti penalizzata da un adattamento sicuramente moderno e meno epico di quello storico, ma ci rendiamo conto che quella era un’eccezione tutta italiana difficilmente ripetibile ai giorni nostri. E se l’alternativa era un adattamento stile Cannarsi in Evangelion, è di gran lunga preferibile così. Anche la traduzione dei nomi nella versione italiana lascia a desiderare, in uno strano mix tra l’adattamento originale italiano e quello americano, che vede Seiya tenere il nome originale mentre ad esempio Ikki assumere il nome americano Nero.

Infine, deboli le sigle di apertura e chiusura. Se la prima è tutto sommato una Pegasus Fantasy in inglese ad opera della band The Struts – avremmo preferito una versione in giapponese onestamente – quella di chiusura risulta troppo anonima.

Porcamiseria
  • 5/10
    Storia - 5/10
  • 5.5/10
    Tecnica - 5.5/10
  • 4/10
    Emozione - 4/10
4.8/10

In Breve

Un reboot si sa non è un’operazione semplice, in special modo quando hai a che fare con una serie di culto. Nel caso di questo Saint Seiya: Knights of Zodiac apprezziamo da un lato il coraggio di operare alcuni cambi rispetto all’opera originale – per quanto molti di questi inspiegabili – ma dall’altro non si può fare a meno di notare la totale assenza di pathos, senso di sacrificio e perché no, violenza, che caratterizza la quasi totalità dei prodotti del franchise. Insomma, di galattico in queste guerre, c’è veramente poco. Non ci resta che attendere l’arrivo di Misty/Eris e degli altri Silver Saint.

Porcamiseria

4.8

Un reboot si sa non è un'operazione semplice, in special modo quando hai a che fare con una serie di culto. Nel caso di questo Saint Seiya: Knights of Zodiac apprezziamo da un lato il coraggio di operare alcuni cambi rispetto all'opera originale - per quanto molti di questi inspiegabili - ma dall'altro non si può fare a meno di notare la totale assenza di pathos, senso di sacrificio e perché no, violenza, che caratterizza la quasi totalità dei prodotti del franchise. Insomma, di galattico in queste guerre, c'è veramente poco. Non ci resta che attendere l'arrivo di Misty/Eris e degli altri Silver Saint.

Storia 5 Tecnica 5.5 Emozione 4
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