Ci sono volute ben dieci puntate per arrivare a questo momento, ma alla fine The Shannara Chronicles ha portato a termine ciò da cui era partita all’inizio, quando ancora sembrava una serie tv con un potenziale, qualcosa che portasse una ventata di freschezza nel panorama fantasy. Alla fine dei conti, invece, lo spettatore – per chi come noi è arrivato faticosamente in fondo – si è trovato davanti a una caterva di episodi che chiamare filler sarebbe un complimento. Creature fantastiche gettate a casaccio, magie druidiche senza scopo, pessime repliche di film horror (Hostel, anyone?) e discoteche per teenager in granai abbandonati, messe in piedi da mormoni trasgressivi. Il tutto, condito da un triangolo che sì, c’è anche nei libri, ma è secondario alla trama.
Perché qual era la trama, ve lo ricordate? Ricordate la nostra prima e piuttosto soddisfatta recensione, che spiegava per bene il nucleo principale di The Shannara Chronicles? Non so se per una scelta di sceneggiatura o per semplice targhettizzazione del prodotto – ricordiamoci comunque qual è il pubblico di MTV – ma l’Eterea morente è un mero disegno sullo sfondo; giusto una scenografia, un paesaggio particolarmente ben riuscito, che solamente in questi due episodi finali ha davvero guidato le azioni di tutti i personaggi. Ci sono ben sei puntate di troppo che non hanno un vero e proprio filo logico, e capirete anche voi che per uno slot di una decina non è affatto cosa buona e giusta.
Avevamo lasciato Amberle nel Fuoco di Sangue, Eretria apparentemente morta sul pavimento e un’orda di demoni pronta a marciare su Arborlon per raderla al suolo. I quaranta minuti di questo finale non fanno altro che ricollegare tutte le storyline e ricongiungere il duo partito per San Francisco – perché sì, Eretria viene fatta “risorgere” da Wil con un trucchetto delle Pietre Magiche ma resta di nuovo indietro per distrarre i Troll – ad Allanon e tutti gli altri, per un’ultima campale battaglia per la difesa delle Quattro Terre. Campale, ho detto? Qua cominciamo con le note dolenti.
Il combattimento tra l’esercito di Elfi e Gnomi contro i demoni del Dagda Mor è troppo confuso. Probabilmente è una scelta registica quella di rimediare all’ovvia mancanza di gente – facile creare armate con la CGI, poi alla prova dei fatti sono quattro stunts che ne affrontano altrettanti – operando un taglia e cuci a dir poco criminale sulle scene della battaglia; l’effetto non è malissimo, in realtà, perché rende bene la freneticità dello scontro, ma dopo cinque minuti di demoni tutti uguali, fuoco, spade e urla non ben identificate ci si sente ubriachi. Gli scontri singoli sono gestiti piuttosto bene – Manu Bennett, luce dei nostri occhi – e i “colpi di scena” vengono inseriti giusto perché altrimenti quaranta minuti di combattimento avrebbero annoiato anche i più fedeli appassionati di Tolkien (vedi il defunto fratello Arion, assoldato nell’esercito di demoni, che fa in tempo a uccidere la comandante/ex fidanzata prima di essere graziato – leggi ucciso – da Ander).
La vera svolta di trama – che effettivamente non ci si aspettava – è che la storia di Brooks non finisce a tarallucci e vino, per una volta, e come nei migliori racconti fantasy l’eroe realizza che per salvare tutti quanti deve compiere l’azione più dolorosamente semplice: sacrificarsi. Nel Fuoco di Sangue, infatti, Amberle incontra la madre (?) che non è altro che lo spirito dell’Ellcrys, la stessa voce che la chiamava e la invitava a compiere il suo destino; scopriamo così che l’Eterea non si sta deteriorando per chissà quale strano o magico motivo ma che, semplicemente, sta morendo di vecchiaia e ha bisogno che qualcun altro doni il suo spirito – diventi quindi il Seme – e porti avanti così la missione di stabilire il Divieto per i demoni.
L’espressione perennemente sorpresa di Amberle – Poppy Drayton, ancora adesso non ho capito perché sai fare solo questa faccia – questa volta calza a pennello con lo smarrimento che chiunque proverebbe nel realizzare che sì, posso salvare il mondo e tutti quanti ma devo “morire” per far sì che questo accada. Paragonato alla generale vena teen che ha macchiato questa serie tv, una pennellata più adulta ci sta piuttosto bene; e manco a dirlo, questo è ciò che ha scritto Terry Brooks – sto però iniziando a sospettare che non abbia davvero collaborato con gli sceneggiatori ma sia da qualche parte a spendere i soldi con cui l’avranno ricoperto.
Amberle dunque si sacrifica per le Quattro Terre; il tutto sarebbe anche piuttosto credibile – non mi azzardo a dire epico perché Run, boy run in sottofondo mentre cavalcano verso Arborlon, coi capelli al vento e l’aria da reclam pubblicitario, è un pugno nello stomaco alle atmosfere fantasy – se non che, prima di arrivare davvero al Santuario, la principessa e il mezzelfo trovano anche il tempo di scopare come conigli sollazzarsi piacevolmente in una grotta; giusto perché c’è tempo, certo, non ci sono frotte di demoni accampati fuori che aspettano solo voi. E la scusa di Amberle, quando finalmente riescono ad arrivare al Santuario e Wil – giustamente – cade dal però e le dice “ma come, ci amiamo, perché devi diventare un albero”, è che ha provato a dirglielo prima. Ci ha provato, ma una lingua qua e una mano là l’hanno impedito, ahimè.
Il finale lascia aperte delle agghiaccianti possibilità per il futuro; e uso questo aggettivo solo perché l’idea che vogliano rinnovarla non è esattamente piacevole, per quanto le ambientazioni, i costumi e gli effetti speciali – anche se sospetto che si siano bruciati il budget nei primi due episodi – siano ancora una gioia per gli occhi, effetto smarmellatoso a parte.
Bandon è in procinto di diventare il nuovo Dagda Mor, dopo che Allanon ha finalmente mozzato la testa all’altro; non mi sono espressa su Bandon perché non so proprio cosa dire: riesce a evadere, ammazza di botte una guardia che ha toccato Catania, guarda un po’ tutti in modo allucinato e se ne va ricoperto di sangue. Giuro che non sto minimizzando ma è esattamente questa la scena; potrei fare una digressione su come l’oscurità abbia corrotto il suo animo puro da Legimors, su come gli effetti della possessione l’abbiano fatto sprofondare nella magia oscura, ma vorrebbe dire dare troppo spessore a un personaggio che non esiste nei libri e che è stato piazzato nella serie perché… Non lo so, mi appello a voi che forse saprete spiegarlo meglio.
Wil, invece, parte a cercare Eretria – già, sempre che i Troll non se la siano mangiata – che nel frattempo invece se la sta passando piuttosto male; catturata proprio dai Troll, viene portata al cospetto del capo delle creature, che si leva la maschera e rivela di essere qualcuno che la rover a quanto pare conosce fin troppo bene. Non ci viene mostrato, ovviamente, ma posso scommettere che è padre/madre/fratello/zio/cugina della ragazza, o comunque un qualsiasi familiare che lei credeva di non vedere mai più.
E così siamo giunti alla fine di questa serie, forse; per l’eventuale rinnovo dobbiamo aspettare primavera, ma gli ascolti sono calati drasticamente puntata dopo puntata. Bisogna vedere se vogliono provarci ancora o se considerano l’esperimento fallito.
The Shannara Chronicles può piacere o non piacere, chiaro, ma i buchi di trama, le facilonerie e la caratterizzazione inesistente di qualsiasi personaggio – qualsiasi – hanno trasformato un prodotto che poteva essere guardato per il trash (purtroppo, non poteva ambire ad altro), un guilty pleasure piuttosto piacevole, in qualcosa che la maggior parte delle volte ti fa domandare “ma che cosa sto effettivamente guardando?”.
Perché, non dimentichiamolo: Wil Ohmsford avrebbe dovuto essere uno dei protagonisti, lo Shannara del titolo, quello che usa le Pietre Magiche e che ha un destino grandioso davanti a sé; ma oltre a togliersi la maglietta, fare gli occhioni alle due fanciulle su cui è indeciso e sfornare qualche battutina, che contributo dà effettivamente alla trama? Meditate, gente, meditate.
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Sei stato treezonato:
Se la vostra vita sentimentale è triste, pensate a Wil Ohmsford che ha un albero come ragazza. #Shannara
— patty 🍁 || (@inyourownway_) March 3, 2016
Le priorità:
mi sembra logico trombare in un momento così delicato #Shannara
— mela (@xmelaniehere) March 3, 2016
Strane tempistiche:
https://twitter.com/God_Wears_Gucci/status/705123097494605825
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