SpecialiLa battaglia di Viola Davis (e non solo)

La classe e la passione di Viola Davis arrivano alla Festa del Cinema di Roma per la consegna del Premio alla Carriera "Marco Aurelio". Noi di SerialFreaks abbiamo avuto la fortuna di partecipare, e vogliamo condividere con voi le riflessioni con cui l'attrice ci ha arricchiti, spaziando dalla disparità tra artisti bianchi e neri negli ambienti di Hollywood ai meccanismi che stanno dietro la costruzione e l'interpretazione di un personaggio.

26 ottobre 2019, ore 17:30. Viola Davis arriva sul red carpet della quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma e la prima cosa che si nota nella cavea dell’Auditorium “Parco della Musica” è la quiete. Una quiete apprezzabile, ma anche piuttosto strana in un contesto del genere: stiamo parlando di una delle più grandi attrici dell’ultimo decennio, eppure nessuna ovazione, nessun bagno di folla. Inizialmente, c’è un pizzico di delusione in un’accoglienza che sembra sottotono, come se non si stesse dando il giusto riconoscimento a qualcuno che lo meriterebbe ma che magari, nel bel Paese, ancora non ha la visibilità e il successo che le sono dovuti.

Per fortuna, si tratta solo di un’impressione. Basta entrare nella Sala Petrassi, dove si terranno l’assegnazione del Premio alla Carriera e un incontro – sold out – in cui l’attrice ripercorrerà il proprio percorso artistico e personale, per rendersi conto che di menti e di cuori Viola Davis ne ha toccati molti. Quando inizia il viaggio nei ricordi attraverso alcune clip tratte dalle scene più celebri e intense da lei interpretate magistralmente, ogni applauso del pubblico esprime stima, gratitudine, rispetto; l’atmosfera è calda, ci si commuove e si ride: la risposta più elaborata e profonda è accompagnata da una spontaneità ammirevole che si concretizza in battute, espressioni di humor e aneddoti che ci riportano alla realtà, non banalizzando il concetto appena espresso ma anzi rafforzandolo attraverso un’immagine chiara e immediata che permette al pubblico di comprendere discorsi magari lontani dal proprio vissuto o dal proprio campo di conoscenze.

Così, mentre sullo schermo si susseguono clip tratte da Il dubbio, How to Get Away with Murder, Widows, Barriere, Viola Davis racconta sé stessa, le sue battaglie e il suo lavoro, e con la classe che le è propria esorta implicitamente – e non solo – chi ascolta a prestare attenzione alle sue parole, meditare su di esse e farne tesoro.

The only thing that separates women of color from anyone else is opportunity. You cannot win an Emmy for roles that are simply not there.
(Discorso di ringraziamento alla cerimonia di premiazione degli Emmy nel 2015)

Il riferimento va, in particolare, alla sua riflessione sul ruolo delle persone nere nell’industria dello spettacolo: non solo le persone di colore sono numericamente poco importanti nel mondo dell’intrattenimento (a parte NFL e NBA, sottolinea con sarcasmo), ma fino a pochi anni fa – dice la Davis – erano incastrate in ruoli che, pur magari involontariamente, avevano una complessità minore rispetto a quelli ricoperti da attori e attrici bianchi, che si manifestava in caratterizzazioni che puntavano più sull’eccesso (in positivo come in negativo) o sull’incarnazione di presunti messaggi metaforici che sulla realistica rappresentazione della vita di una persona, impedendo agli interpreti – lei compresa – di esprimere a pieno il proprio potenziale. Per questo August Wilson, che in Barriere delinea personaggi più tridimensionali e veri, in cui l’attrice può riconoscere sé stessa e i propri famigliari, è considerato dalla Davis un mentore essenziale nel suo percorso.

Adesso, finalmente, qualcosa sta cambiando, come dimostrano la complessità e la riuscita di personaggi come Annalise Keating, ma Viola – che, teniamo a ricordarlo, è solo uno dei grandi volti di una comunità di artisti che portano avanti quotidianamente la medesima battaglia – non ha alcuna intenzione di accontentarsi e smettere di lottare: cosa succederà quando non ci saranno più una Viola Davis, una Taraji P. Henson, una Kerry Washington a portare questo tipo di rappresentazione sul piccolo schermo?

Just because we are 12.5% of the population, it doesn’t mean that we want 12.5% of the pie. When I started out as an actor, I wanted it all. I want the world.

Una provocazione che ci fa riflettere, proveniente da una donna che esprime le proprie idee con eleganza e rabbia, arrivando dritta al cuore di chi la ascolta. La risposta a questa domanda retorica sembra scontata, ma sulla sua messa in atto ci sono ancora alcuni dubbi che è arrivato il momento di fugare aprendo le stesse porte a tutti coloro che intendono attraversarle, incrementando la produzione di film con protagonisti di colore cosicché essi non siano più percepiti come eccezioni.

Nell’incontro, tuttavia, non si parla solo di disparità e battaglie sociali: Viola Davis, una delle poche donne (nonché la prima di colore) ad aver vinto le cosiddette “tre corone” (Academy Award per il cinema, Emmy Award per la tv, Tony Award per il teatro), ci arricchisce anche con una lezione di recitazione illuminante, rivelando di approcciare un personaggio come se fosse un detective, indagandone l’animo e il background con attenzione, per poi portarlo in vita con la grinta e la passione che conosciamo bene e che ci portano ad amarla.

Il lavoro dell’interprete, infatti, non deve essere “discreto”, ma vero: condividendo con il pubblico un ricordo molto intimo, Viola fa riferimento alle reazioni sua e di sua madre alla morte del padre, affermando che “non ci fu nulla di discreto in quelle emozioni” e dimostrando quindi come talvolta anche una recitazione apparentemente molto curata possa essere considerata overacting, se attuata in scene che richiedono di tirar fuori le passioni più prorompenti e istintive di un personaggio. Il modo migliore per immergersi totalmente in un ruolo, secondo la Davis, è chiudendo in esso la propria parte più segreta, quella che non si condividerebbe con nessuno (forse nemmeno con sé stessi) e che in virtù della sua intimità permette al personaggio di diventare umano, reale, e raggiungere il pubblico senza filtri.

Viola Davis racconta con classe la sua vita e le sue battaglie, spingendo alla riflessione e regalando anche importanti lezioni di recitazione

Dopo quasi un’ora di chiacchiere e riflessioni, in cui trovano spazio anche momenti più leggeri come il video-saluto dell’amica Meryl Streep e un’inaspettata risposta del volto di Amanda Waller nel DC Extended Universe alle recenti affermazioni di Scorsese (rispetto alle quali la Davis si trova in disaccordo, rivelando di apprezzare un buon cinecomic e sostenendo che non è possibile dire cosa può e cosa non può far parte del mondo dell’immaginazione), arriva il momento della consegna del Premio alla Carriera per mano di un emozionato Pierfrancesco Favino, che afferma di essere rimasto folgorato dall’interpretazione dell’attrice ne Il dubbio, il film che le è valso la prima candidatura agli Oscar.

When I dreamed big as a little girl, in my mind I didn’t have any obstacles. I wanted to be a great woman of the theatre, I wanted to be an actor, I didn’t think that my color should be an obstacle to my path to dream. And now that I’m 54, I’m going back to that little girl who dreamed big. And I want to make her happy by saying right now that I no see any limitations for who I should and can be. And really that’s been my lifetime achievement.

E con un discorso di ringraziamento commovente e sempre ricco di spunti riflessione, di cui abbiamo riportato un estratto per noi significativo, Viola Davis si congeda dalla Festa del Cinema di Roma, esprimendo ammirazione per noi italiani e per il nostro modo di vivere a pieno e con passione la vita.
Un’ammirazione che, naturalmente, non possiamo che condividere in modo amplificato: se quello che questa attrice ci regala sullo schermo è già di per sé sufficiente a definirla e a metterne in risalto le qualità, in questo incontro abbiamo avuto modo di conoscere una donna intelligente e grintosa, un modello da seguire tanto per il suo impegno artistico quanto per le sue battaglie personali, che porta avanti con convinzione negli ambienti di Hollywood come nella vita quotidiana la causa della parità tra tutti gli artisti e tutti i cittadini.