SpecialiSpeak of the Devil

La qualità della terza stagione di Daredevil ha spinto la redazione a voler fare il Diavolo a tre: le opinioni senza filtri di alcuni dei redattori che l'hanno apprezzata di più.

La terza stagione di Marvel’s Daredevil ha collezionato quasi dappertutto pareri entusiastici e apprezzamenti, a partire da quanto abbiamo scritto anche noi nella recensione della première e nel recap finale. Un successo non inaspettato, ma che ha comunque scavalcato le aspettative non altissime seguite all’arco narrativo dei The Defenders, dove per l’ultima volta avevamo incontrato Matt Murdock. Questa stagione non solo ci è piaciuta, ma ha toccato corde sensibili per i più nerd della redazione, che hanno deciso di raccontare in modo più personale le proprie impressioni e sensazioni, raccogliendo tre pareri in questo speciale.

Sergio: Per anni, quando qualcuno che non conosceva i supereroi mi chiedeva di consigliargli qualcosa, sul podio delle mie scelte c’era senza alcun dubbio Born Again, il capolavoro di Frank Miller e David Mazzucchelli che aveva rappresentato potenzialmente la parola definitiva sul Diavolo Rosso.
Quando vidi il finale di Defenders, con quell’immagine di evidente richiamo a Rinascita, ed ebbi la conferma nei mesi successivi che quel volume sarebbe stato l’ispirazione della terza stagione della serie Netflix, le mie reazioni furono duplici: puro entusiasmo nerd da un lato e terrore che facessero uno scempio dall’altro.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti e la gioia di appassionati come me è enorme. Saper riportare Born Again sullo schermo, nonostante tutte le modifiche necessarie, significa soprattutto una cosa: aver capito l’essenza di Matt, del suo alter-ego e di Kingpin.
Mai come in questo ciclo narrativo, infatti, le essenze dei due sono messe a nudo, nelle similitudini e nelle differenze. A nudo come Matt senza il costume originale, a nudo come Fisk senza Vanessa, a nudo come Karen senza il manto di cui troppe volte si è vestita.

Se poi nel volume a fumetti il percorso era stato fondamentalmente lineare, con Fisk che distrugge la vita di Matt e questi che cade nel fango per poi scavare il più in fondo possibile e pian piano si rialza, diventando una versione più essenziale e più vera di se stesso, nella serie le cadute e le rinascite avvengono a ondate, avvicinando il Matt televisivo ancora di più alla vita reale rispetto a quello cartaceo.

Questo Murdock prova a chiudere i ponti per poi ricostruirsi, viene ributtato a terra ,e da lì cerca di percorrere le strade che aveva rinnegato. Prima un eccesso e poi l’altro, prima solo il buio e poi solo la luce e, in entrambi i casi, il fallimento, la caduta ancora più in basso. Solo l’accoglienza di entrambe le sue parti lo fa davvero rinascere e solo un Matt di nuovo completo può dirsi veramente rinato.

Ma la resa di questa stagione non avrebbe mai potuto essere a questi livelli se non ci fosse stato il Wilson Fisk di Vincent D’Onofrio. Già nella prima e nel cammeo della seconda si era visto quanto fosse perfetto per il ruolo, ma nella terza porta l’interpretazione, fisica prima ancora che attoriale, a livelli incredibili.

Non so quanti ne siano a conoscenza, ma Kingpin nasce come nemico dell’Uomo Ragno e solo anni dopo fu “ereditato” da Daredevil. In quelle prime pagine dell’aracnide, Fisk compare per mano del grandissimo John Romita: enorme, con una giacca bianca, un bastone con pomello di diamante, imponente come solo una montagna può esserlo. D’Onofrio è riuscito a trasmettere la stessa forza, autorità e imponenza del Kingpin di Romita. Lui è il Kingpin di Romita prima ancora di essere quello di Miller e questo, per un fan, è impagabile.

Come poi accadeva per il volume originale, anche la serie, per quanto mi riguarda, potrebbe tranquillamente concludersi qui. Il mio desiderio di avere una quarta stagione (ma anche una decima) è enorme, ma il cerchio si è chiuso e, se mai dovesse esserci, la speranza è che si riesca a creare una nuova narrazione che riesca a reggere il confronto, un compito che di certo non invidio agli autori. Non sono molte le storie ai livelli di Born Again che possano essere trasposte altrettanto bene sullo schermo. Motivo in più per essere grato di quanto ottenuto con questa.

Daredevil Season 3 Recap

GiuseppeFaccio una premessa doverosa: nonostante sia estremamente soddisfatto della resa di Born Again in questa stagione, che prende le distanze per alcuni aspetti ma ne eredita perfettamente lo spirito e i temi, la mia opinione prescinderà dal confronto tra le due opere, pur essendo inseparabili. Già, perché il primo grande merito degli ultimi 13 episodi di Daredevil è aver permesso anche a chi quella storia non l’ha letta di viverne una versione matura, nella trama e nella rappresentazione.

L’attenzione per i personaggi è altissima, senza per questo sacrificare lo sviluppo delle storyline. Abbandonati i dettagli soprannaturali della seconda stagione, gli autori sono potuti tornare sul realismo crudo che aveva caratterizzato la prima, accompagnandolo qui all’eterno tema del doppio, della caduta dell’eroe e del suo riscatto. Matt le prende in ogni puntata, il suo corpo sanguinante è la trasfigurazione del Cristo stigmatizzato, un altro esempio di dualità sofferta, tra umanità e divinità.

Non ambisce a tanto, il povero Diavolo di Hell’s Kitchen, che infatti riuscirà a riconciliare la sua anima solo nel finale, quando molto simbolicamente, dopo aver combattuto Fisk nei panni di Devil, tira su la maschera per accettare l’accordo col volto di Matt (una scelta che inizialmente mi ha fatto storcere il naso, nella sua fretta di concludere, ma che rende perfettamente la riappacificazione di Matt col Diavolo e con Dio).

La chiusura ideale di un’evoluzione che passa anche per dettagli tecnici, come la fotografia nettamente più cupa, o l’iconico piano sequenza che caratterizza la serie e riassume il percorso dell’eroe: nella prima stagione il protagonista indossa il costume nero, nella seconda quello rosso, nella terza, infine, la giacca e la cravatta. Matt Murdock e Devil come Wilson Fisk e Kingpin, indirettamente proporzionali. Il criminale di Vincent D’Onofrio, come il pesante sangue della sigla della serie, ricopre in maniera claustrofobica ogni anfratto di New York, occupando minacciosamente la scena anche quando non fisicamente presente.

I dettagli della vestizione, la scelta di diventare Kingpin fanno il paio (inverso) al rifiuto di Matt della maschera cornuta; un sapiente lavoro di contrappesi che trova in Bullseye un ottimo elemento di caos per entrambi i piatti della bilancia. Medaglia al valore a Foggy Nelson, che coi suoi dieci minuti di apparizione a puntata si garantisce un posto nel cuore degli spettatori grazie alla genuina bontà dei suoi discorsi e alle battute migliori della stagione.

Simone: Avendo già avuto l’onore di scrivere il recap di questa terza stagione ho avuto modo di esprimere le mie opinioni puntuali su vari aspetti, tecnici e non, ergo opterò per un commento più di pancia, dettato dalle opinioni di un fanboy per caso, che non ha letto tutti i fumetti su Daredevil – sto recuperando – ma che si è letteralmente innamorato del personaggio proprio attraverso la serie Netflix.

Avevo molto paura alla vigilia di questa stagione, avevo paura che potessero rovinare il capitolo più bello di Devil, avevo paura che la parabola discendente delle serie Marvel su Netflix colpisse anche il suo gioiello più brillante. Ma per fortuna tutto ciò non è avvenuto, ho potuto godere di tredici episodi dal ritmo incredibile, senza tempi morti, che in più punti ti lasciano quasi svuotato dal senso di impotenza causato dalla macchina criminale messa in moto da Fisk. Ma soprattutto ho potuto godere di uno spettacolare Vincent D’Onofrio, della bravura di Charlie Cox, di quel gioco di luci ed ombre, di quel dualismo rappresentato in ogni immagine, sequenza, attraverso i dialoghi ma anche tutto il comparto tecnico.

Non ci importa del costume, non ci importa né dei ninja né di Elektra, ci importa solo delle motivazioni dietro le azioni degli uomini, ci importa dell’ostinazione di Matt Murdock, del suo andare avanti nonostante le ferite e i pugni ricevuti, ci importa della maestosità di Kingpin, ci importa della perizia messa in ogni singola inquadratura.

La terza stagione chiude quel cerchio meravigliosamente iniziato con la prima, altrettanto perfetta, altrettanto maestosa. E, senza Kingpin, è quasi certo che un’eventuale quarta stagione sarà sicuramente sottotono. Fa strano dirlo ma forse preferirei che Born Again fosse l’ultimo capitolo del Diavolo, così da chiudere la serie all’apice della sua forma. E poi c’è quel sogno segreto di vedere un giorno Devil sul grande schermo: ma non fraintendetemi, intendo in un cammeo tra i colleghi più importanti dell’MCU, non in un film in solitario. Matt Murdock per me sarà sempre e solo Charlie Cox, così come Kinpgin sarà sempre e solo Vincent D’Onofrio. Grazie Netflix, grazie davvero.

 

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