Suits6×14 Admission Of Guilt – 6×15 Quid Pro Quo

Trovare qualcosa di positivo per questi due episodi pre-finale di Suits è davvero arduo: la trama non ha più spunti, i personaggi risultano antipatici e radicalmente distaccati dal loro carattere, i dialoghi banali e ripetivi, persino la musica a cui siamo stati abituati è mancata. Cosa sta succedendo alla PSL?

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Per questo pre-finale di stagione ci si aspettava qualcosa di più, molto di più. Un vortice di eventi e sentimenti, un crescendo, fino ad arrivare all’apice conclusivo. Ciò che ci siamo trovati davanti sono invece due episodi fra i peggiori mai prodotti nell’universo di Suits. Sì, peggio di quando decisero di fare il processo per il gatto e sì, peggio di quella volta in cui Louis si fumò le ceneri di Norma.

Analizzare separatamente gli episodi è superfluo, in quanto Admission of Guilt è semplicemente la premessa di Quid Pro Quo, ed entrambi hanno le stesse problematiche.
Nulla sembra avere senso: la trama gira in tondo come un cane che si morde la coda – e i dialoghi seguono lo stesso principio a “ruota”, i personaggi mancano di consistenza e i momenti comedy fanno più sentire a disagio che ridere.

Togliamoci fin da subito il macigno dalla scarpa: The Donna.
Simpatico siparietto inizialmente, dopo tre episodi sembra chiaro invece essere solo un modo per inserire Donna, un gettone di presenza. L’accentuata autostima di Donna è sempre apprezzabile ed è ciò che ha caratterizzato in positivo il suo personaggio. Con l’introduzione della storyline The Donna invece risulta artificiale, sciocca e antipatica, e guardando le sue scene alle prese con gli investitori ci si vergogna per lei. Nel tentativo di impartirci (ed impartirle) una lezione, gli autori aggiungono il brusco ritorno alla realtà, con gli investitori che dietro le spalle le danno della mera “segretaria”, un’umiliazione non necessaria e fastidiosa, cosicché la storyline, anziché alleggerire lo show, aumenta il disagio. Aggiungiamoci un Benjamin totalmente assente: un personaggio scritto male ed interpretato peggio.

Se spesso siamo stati disposti a chiudere un occhio di fronte alla credibilità degli eventi, in nome dello spettacolo e di una storyline interessante, il cerchio che si sta chiudendo attorno a Mike sembra impossibile da superare.
Considerando quanto il caso dei minatori poteva essere gestito in modo interessante, il risultato è stato altamente deludente, rivelandosi un ripetersi continuo delle stesse dinamiche per due interi episodi: offerta, controfferta, spalle al muro, offerta, controfferta etc… Il tutto è stato trasformato in un teatrino alla New York bene, dove per evitare che Mike rinunci al suo sogno si infrangono leggi su leggi. Il “caso del mese” passa in secondo piano, dando nuovamente unicamente spazio alle questioni legali altolocate, alle battaglie di potere.
Vediamo una Rachel un po’ bond girl che incastra la madam dell’Upper East Side con atteggiamenti e modi di fare totalmente fuori carattere, in una scena corredata dall’apparizione di Harvey, che invece che essere cool è ridicola, aumentando ancora di più il disagio. Cringe worthy, direbbero gli americani.
La grande domanda, però, è: Mike cosa vuole davvero?
Un’altra grande occasione mancata, l’evoluzione del pensiero viene totalmente eliminata facendo apparire Mike come un bipolare che cambia idea ad ogni piè sospinto, trascinato ora da Rachel e ora da Harvey.
La grande “lezione” dietro Suits è che spesso si può aggirare o infrangere la legge in nome di qualcosa di più alto, restando comunque buoni: ed è ciò che si è perso in questi ultimi due episodi, in cui non c’è più l’ingenuità, ma solo l’arrivismo.
Mike vuole fare l’avvocato, non il consulente, e lo vuole subito: la quintessenza dello stereotipo benestante, in cui il denaro e il potere ti permettono di saltare la fila.
La situazione è talmente odiosa che aneliamo il ritorno di Anita Gibbs, con la speranza che falci entrambi così da chiudere questa infelice piega. Qual è “l’ammissione di colpa” per Mike? Com’è possibile che nessuno abbia il coraggio di dirgli che ciò che sta facendo è sbagliato? Sono forse tutti cresciuti nella bambagia e questo è la normalità per loro?

Altrettanto infelice è la piega presa da Louis e dalla sua bella Tara, arrivati ai ferri corti nel giro di poco, a dimostrazione di come il loro amore sia nato in modo troppo repentino per suscitare qualsivoglia sentimento.
Una querelle talmente noiosa da far preferire le nefaste teorie complottiste che girano sul web, come quella che Tara sia in realtà un’agente sotto copertura, assoldata per incastrare i restanti della PSL.
In un impeto di “conoscenza” Louis decide di aprirsi alla sua dolce metà, rivelando che non solo sapeva della frode di Mike, ma che addirittura l’ha usata per ottenere il suo nome sulla porta dello studio.
La litigata che ne segue pare totalmente scollegata, insensata e inutile. Se la posizione di Sheila era comprensibile, quella di Tara sembra eccessiva e finta, e la rivelazione di Louis non è da poco, ma non possiamo non considerare le premesse con cui i due sono finiti insieme.
Ed ancora una volta la storia si ripete con Louis che perde qualcosa a lui caro per colpa di Mike e del suo segreto.

Insomma, sembra che gli autori di Suits abbiamo due scatoloni con da una parte i personaggi e dall’altra le situazioni e peschino a caso.
La settimana prossima sarà il turno del Cattivo della Stagione che ritorna per l’ennesima volta (Anita Gibbs?), così come in passato Hardman, Forstman, Tanner o Soloff.
Che è un gioco che vale la candela quando si ha qualcosa da dire, quando la trama è un fattore coadiuvante alla crescita dei personaggi; se si va anche a perdere quello, dimostrando, anzi, una perdita di quei “valori” capisaldi , allora non c’è più nulla da dire. La serie è arrivata al capolinea.
Non ci resta che sperare realmente in uno spin-off dedicato solamente a Jessica Pearson per avere una boccata di aria fresca.

Admission of Guilt e Quid Pro Quo si “meritano” 1 Porcamiseria, perché è davvero difficile trovare a questo pre-finale di stagione qualche lato positivo. Manca la trama, la consistenza dei personaggi, persino la colonna sonora è risultata praticamente inesistente.
La domanda finale, in stile legal-Suits è: “Cui bono?”

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