The Leftovers3×02 Don’t Be Ridiculous

Nora viaggia spinta dalla speranza, e incontra alcuni personaggi ora lontani dalla famiglia Garvey. Nel viaggio che scava a fondo nell'anima della protagonista, The Leftovers riesce a far riflettere anche lo spettatore, non lesinando momenti di intensa introspezione.

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In questo ritorno di episodi monografici, non ci si poteva aspettare altro da Nora se non una profonda riflessione sulla sua condizione da anima risparmiata dalla Dipartita. I mezzi ottenuti per perseguire questo fine sono quelli tipici di The Leftovers: scuotono la coscienza, lasciano senza bussola e portano la protagonista a fare scelte impulsive, non dettate dal suo carattere o, soprattutto, dalla sua professione.

Per quanto tendenzialmente salda sul proprio terreno di incrollabilità scientifica – in diretta opposizione a Matt, disposto a tutto pur di giustificare la tesi ultraterrena – in occasione della telefonata misteriosa e della conseguente ipotesi della reunion famigliare, l’agente della DSD si fa divorare dal dubbio: Nora telefona ai suoi responsabili, con il recentissimo caso di dipartita dell’uomo sulla torre sbugiardato, proponendosi per indagare a fondo la situazione, ma qualcosa di strano nella sua voce suggerisce che potrebbe persino crederci.

Nora viaggia sul filo, la testa da una parte e l’anima dall’altra, in preda a un lutto mai elaborato che le rende preferibile rompersi un braccio per coprire un tatuaggio piuttosto che affrontare la realtà. Eppure, proprio la realtà la investe come un treno in corsa, nella persona di Mark Linn-Baker (nel ruolo di se stesso) in una camera d’albergo.

Abbiamo qui un’altra visione dei meccanismi di adattamento alla Dipartita, una visione sconcertante ma comprensibile: quando sei rimasto solo sulla Terra, tutti altrove tranne te, non pensi a come andare avanti in questo mondo, ma a come ricongiungerti a chi hai perso. Nora capisce il racconto di Linn-Baker, per quanto la prospettiva di farsi incenerire non faccia – forse? – per lei, eppure indugia nell’osservare le testimonianze di chi ci è già passato. Se poi nel farlo inizia a fumare in camera coprendo l’allarme antincendio con della stagnola, tutto suona ancora più illecito.

Al centro di tutto c’è il tema dell’irrisolto, qualcosa con cui abbiamo già visto Nora combattere e che dà una sensazione di déjà vu all’episodio, ma che non per questo lo rende meno interessante. Il viaggio è in parte strumentale per sapere che fine hanno fatto Lily ed Erika, in parte serve a Nora per fare un nuovo check-up al suo stato psicofisico: l’immagine di agente tutta d’un pezzo è una facciata per un’esistenza in preda al tumulto, e sentire le esperienze di centinaia di persone ancora attanagliate dalla Dipartita non è servito a nulla se alla prima telefonata con la promessa di rivedere la sua famiglia Nora accusa il colpo, come se fosse passato a malapena un giorno dal fatidico 14 ottobre.

Il viaggio di Nora la porta a Eminence, nel Kentucky, per fare i conti con Lily e la sua madre biologica che ha infine deciso di riprenderla con sé, e da Erika, dove assistiamo al dialogo più intenso dell’episodio. Carrie Coon e Regina King hanno un’alchimia rara, il racconto di Erika e il conforto reciproco tra lei e Nora sono il cuore dell’episodio, che racconta tutte le sfaccettature dell’elaborazione del lutto, persino quello naturale. Erika, a differenza del suo ex marito, è riuscita a fare i conti con la morte di Evie, e riconosce che l’esperienza passata da Nora non è nulla di colmabile tramite usuali meccanismi di difesa e metabolizzazione. Il salto sul trampolino serve alle due a librarsi in cielo, dimenticando per un istante le esperienze traumatiche vissute negli ultimi anni – geniale la scelta dei Wu Tang Clan ad accompagnare la sequenza al ralenti.

Eppure il senso di angoscia arriva subito dopo, al rientro a Jarden, proprio mentre Kevin sta tentando una delle sue manovre di asfissia/suicidio. Abbiamo davanti due persone che, nonostante affermino di essere felici, sono irrimediabilmente danneggiate nel profondo; Kevin e Nora sono estremamente sbilanciati nella solitudine, ma perfettamente equilibrati in coppia, quasi come se quelle manette che tanto li tenevano legati durante la notte nella seconda stagione non fossero mai state tolte, nel loro darsi reciprocamente conforto.

The Leftovers conferma il suo posizionamento tra le serie tv migliori degli ultimi anni, e “Don’t Be Ridiculous”, per quanto tocchi temi già affrontati da Nora, rinnova la nostra ammirazione per il lavoro di Lindelof e Perrotta. Carrie Coon e Regina King impreziosiscono un episodio denso di concetti, più che di speculazioni – che pur ci sono, guardate più in basso – che merita 4.5 Porcamiseria su 5.

4.5

 

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Alcune Osservazioni

  • Nora ha diversi problemi con la tecnologia, sia all’aeroporto per prenotare il suo volo, sia al semplice pagamento di un parcheggio. La tesi campata per aria della trasformazione in animali portata avanti da Dean si fa sempre più bizzarramente realistica: nella premiere Nora ha pruriti strani alla schiena, ora non riesce a maneggiare touchscreen e strumenti tecnologici. Gli sceneggiatori evidentemente amano giocare con queste stranezze.
  • Gli ultimi minuti dell’episodio sono ambientati nuovamente in Australia, ma non sono un flashforward – l’inviato del meteo parla di settimo anniversario della Dipartita, il 15 ottobre per motivi di fuso orario – e le donne che finiscono per uccidere l’omonimo di Kevin Garvey adducono una giustificazione biblica al loro gesto. Il Libro di Kevin quindi potrebbe essere già stato diffuso, probabilmente da Michael, e il fervore delle donne potrebbe essere motivato dalla loro vicinanza a Garvey Sr., non nuovo a dimostrazioni profetiche.

  • L’opening theme dell’episodio (e della stagione?) è “Nothing’s Gonna Stop Me Now”, canzone di David Pomeranz e opening theme di Perfect Strangers, serie tv anni ’80 in cui ha recitato proprio Mark Linn-Baker.

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